LunaMa che cos’è l’umore?

Essere di buono umore o di cattivo umore dipende dalle circostanze, ma anche dalla propria disposizione personale fisica e mentale. La parola umore si collega etimologicamente alla parola ‘umidità’, possiamo dunque pensare all’umore come ad un ‘traspirare’ della psiche che ‘umidifica’ la personalità, e, che a seconda delle situazioni fa affiorare un certo stato d’animo, che può essere caratterizzato dalle più diverse sensazioni emotive ed affettive, da quelle più piacevoli a quelle più dolorose.
Bisogna distinguere l’ umore di fondo dallo stato dell’umore, il primo è in funzione della personalità (ad es. si può essere ‘per natura’ di umore più ‘freddo’, o più ‘caldo’), e quindi costituisce una ‘naturale’ predisposizione emotiva e comportamentale dell’individuo; il secondo invece varia con il variare della situazione, la quale può essere influenzata dall’equilibrio somato-biologico (in sostanza dalla salute), dai pensieri ricorrenti , dalle contingenze esistenziali (ad es. l’attività lavorativa) e dalla vita relazionale. Possiamo dunque considerare il disturbo bipolare (nelle sue varie forme ed etichette diagnostiche) come un disturbo tra gli alti e bassi dell’umore.

COME SI INTUISCE NON VI E’ LA PERCEZIONE DI UN UMORE MEDIANO, DI UN ‘TERZO POLO’ , NE’ GIU’ NE’ SU’, MA STABILE , ‘PIANEGGIANTE’… senza che questo diventi noia eccessiva, e venga quindi risolto con oscillazioni umorali… L’umore viene percepito coscientemente dal soggetto per mezzo del manifestarsi delle sue diverse ‘qualità emotive’, che vanno dalla tristezza, alla gioia, secondo una serie di sottili sfumature che il linguaggio esprime attraverso molteplici aggettivi. Ad esempio un stato umorale dominato genericamente dalla tristezza, viene in realtà vissuto attraverso stati emotivi più sottili e complessi per i quali la persona può sentirsi ‘oppressa, pensierosa, tetra, di umore nero, scontenta, logorata, cupa, giù, abbattuta, sventurata, senza speranza ecc’. Così, uno stato umorale di generica felicità, può essere descritto come gaio, lieto, festoso, allegro, gioioso, spensierato, beato ecc.

luna stortaVa ricordato che le parole, sebbene siano simili non sono mai sinonimi puri, esse indicano sempre qualcosa di specifico e, soprattutto quando si parla della sfera psichica nei suoi aspetti emotivi ed affettivi, queste parole ci aiutano a comprendere quanto siano in realtà complessi e differenziati gli stati umorali nella loro soggettività. L’umore dunque può essere inteso come la tastiera olotimica (di tutte le qualità affettive) sulla base della quale possono risuonare una complessa gamma di emozioni, stati d’animo e sentimenti; se questa tastiera per qualche ragione non è armonizzata, i tasti non suonano con un tono corretto, ovvero non rispondono in maniera adeguata al ‘tocco’ delle situazioni. Questa disarmonia umorale, può essere di leggera entità, e di carattere passeggero, ma può anche costituire il tratto fondamentale di quadri patologici più o meno gravi, o comunque capaci di disturbare notevolmente e a lungo la vita di una persona, e quindi le sue attività intellettive, volitive, ed anche le funzioni somatiche e vegetative ( ovvero possono provocare problemi di salute).

Quando l’umore non va

Sia l’umore di fondo e sia lo stato dell’umore, possono costituire tratti patologici quando determinano nella personalità una condizione di sofferenza o di inadeguatezza rispetto alla situazione in cui l’individuo agisce. Il ‘disturbo umorale’ può anche dunque cronicizzarsi con effetti negativi generalizzati nella vita intrapsichica e interpersonale .
Rientra in uno stato di normalità (‘normotimico’) essere di umore triste per un evento doloroso, o avere ‘la luna storta’ per una serie di circostanze, ma a volte eventi e circostanze non giustificano il repentino mutare dell’umore o la sua incoerenza qualitativa e quantitativa rispetto ad una situazione, ed è dunque opportuno cercare di comprendere quali siano le ragioni profonde, interne all’individuo, che costituiscono la effettiva causa di tale ‘disturbo umorale’.
OLYMPUS DIGITAL CAMERAEssere troppo tristi, per troppo tempo, per qualcosa che non merita tanta tristezza, o che comunque può essere superato – o al contrario essere euforici e contenti perché ci si trova in uno stato di esaltazione maniacale, e non perché si dispone di effettivi motivi di contentezza – sono indici di una ‘tastiera umorale’ disarmonica, ovvero sono sintomi che possono essere collegati a quadri patologici di diversa natura.
La psicoanalisi individua nelle dinamiche della vita inconscia, i blocchi, le rimozioni i complessi, che possono essere considerati la radice eziologica propriamente psichica dei disturbi dell’umore, vale a dire che tali disturbi scaturiscono nella psiche, ovvero nell’anima, ed è quindi attraverso una comprensione e una cura dell’anima che essi possono essere sottoposti a una terapia.
La moderna psichiatria vede nelle disfunzioni del ‘tono dell’umore’, un disturbo le cui cause possono essere sia psichiche e sia fisiologiche, e che può caratterizzare quadri psicopatologici di entità lieve, moderata o anche grave. Dunque, in psichiatria, le disfunzioni del tono dell’umore vengono diagnosticate come “Disturbi dell’umore”; il DSM-IV suddivide tali disturbi in due grandi gruppi: “disturbi depressivi” (caratterizzato da una qualità umorale fortemente incline alla tristezza, al pessimismo, alla malinconia, alla perdita di interessi) e “disturbi bipolari” (caratterizzati dall’alternarsi di periodi di depressione con periodi di esaltazione maniacale, secondo oscillazioni più o meno cicliche).

Cosa fare contro il ‘cattivo umore?

Secondo una concezione bio-psico-sociale della moderna “psichiatria dinamica” l’umore, dipende da funzioni fisiologiche, psichiche e situazionali.
Per Ippocrate, antico padre della medicina occidentale, il ‘disordine umorale’, ovvero una disarmonia degli umori ‘psicocorporei’ circolanti nel corpo umano (sangue, flemma, bile gialla e bile nera), determinava l’insorgere di patologie psicosomatiche, quindi di disturbi che vanno affrontati sia dal punto di vista fisico che mentale.
Per la medicina tibetana, che vede l’essere umano come parte fisica, psichica e spirituale del cosmo sono tre gli umori (ovvero le sostanze, sia fisiologiche e sia psichiche) dal cui equilibrio dipende la salute psicosomatica e ‘spirituale’ dell’uomo: l’umore aria, da cui si sviluppa il bisogno di attaccamento; l’umore bile, a cui si collegano sentimenti di odio; l’umore flemma, da cui si generano gli stati di confusione. Medicamenti, pratiche psicosomatiche ed una apertura ad una concezione spirituale della vita e dell’universo costituiscono dunque le forme terapeutiche per il riequilibrio degli ‘umori’.
brontoloLa concezione ippocratica e quella tibetatana non sono in contrasto con i principi di base della psicologia e della psichiatria moderne, nella misura in cui ci fanno comprendere che il nostro umore dipende dal corpo, dall’anima e dall’ambiente in cui ci troviamo. Il buon umore deriva da una ricerca di armonizzazione di questi tre fattori, e d’altra parte il cattivo umore, deve poter essere ‘curato’ nella stessa prospettiva olistica. Si osserverà che, talvolta il cattivo umore dipende dall’ambiente, e che spesso non è possibile trasformarlo come e quando si desidera. Proprio per questa ragione, non solo per chi ha disturbi dell’umore, ma per tutti sono necessarie attività di ‘cura di sé’, spazi di vita dedicati alla conoscenza di sé ed alla propria maturazione, in modo da dare alla propria ‘anima’ l’energia necessaria a non lasciarsi sopraffare completamente dal cattivo umore, quando le circostanze ambientali sono negative.

Certamente l’umore ha una base fisiologica su cui è possibile agire (attraverso psicofarmaci stabilizzatori dell’umore prescritti da specialisti), per cui l’umore può essere inteso come una ‘sostanza’ che è nel contempo sia fisica e sia psichica. Ma va ricordato che l’umore si manifesta innanzitutto come stato dell’anima, e quindi una completa e risolutiva ‘cura dell’umore’ deve assolutamente tendere ad una cura dell’anima stessa, sia per mezzo di moderne psicoterapie, sia anche, raccogliendo coscientemente gli insegnamenti umanistici e spirituali della saggezza tradizionale.

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