Quando gli ‘oggetti di attaccamento primari’, – i genitori – generano un deficit, un disequilibrio, e incomprensioni di diversa natura, poi risulta più difficile un legame con un partner compatibile. Però la psicoterapia serve proprio ad emanciparsi dalle influenze genitorialei negative, e a anche a scoprire che comunque si può trarre esperienza e consapevolezza elaborando il nostro vissuto infantile e approfondendo nell’analisi la conoscenza dei nostri genitori, i quali a loro volta sono stati bambini, e a loro volta hanno ereditato problematiche.
Il quarto comandamento che recita ONORA IL PADRE E LA MADRE più precisamente: “Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio” (Libro dell’Esodo 20,12). secondo un ‘interpretazione etimologica più originaria vuol dire infatti, CONOSCILI A FONDO, SCOPRI PERCHE SONO STATI COSI’, SCOPRI DA DOVE VENGONO perché così potrai poi scegliere più liberamente la tua strada. Tutti sanno infatti che la Bibbia è anche (nel vecchio Testamento) una immensa narrazione di genitori e figli a loro volta genitori e figli, e ciò può essere interpretato anche in termini di analisi del rapporto con i nostri genitori, che appunto ci emancipa e ci libera dalle loro influenze negative, o addirittura ci può consentire anche di trarne vantaggio.

Un caso clinico

In questo articolo espongo in sintesi un ‘caso clinico’, riferito ad un mio paziente che qui chiamerò Piergiorgio. La storia di Piergiorgio ci fa comprendere certi meccanismi psichici per i quali  certe influenze negative o disequlibrate assorbite dai  genitori possano incanalare l’affettività dell’adulto  verso relazioni amorose malate, o comunque ad innamorarsi di persone ‘negative o sbagliate’.

Nel corso dell’analisi era emerso il ‘complesso materno’ di Piergiorgio, caratterizzato dalla presenza di un padre piuttosto incapace di far superare l’Edipo, cioè il desiderio inconscio, erotico ed affettivo, che il bambino/a nutre verso il genitore di sesso opposto. Nel caso del maschietto il padre esercita una funzione di ‘castrazione protettiva’, che in parole povere esprime il messaggio: “la mamma NO, tutte le altre SI’”.

Il padre durante l’adolescenza di Piergiorgio aveva vissuto un periodo di nevrosi, e questo lo avevo reso particolarmente irascibile, punitivo, testardo. Inoltre Piergiorgio assisteva a continui litigi, talvolta feroci tra i genitori, e la madre rifletteva su di lui tutta la sua infelicità. La funzione del padre dovrebbe consistere nel mostrare al figlio il suo amore per la madre, in modo che l’attaccamento inconscio del figlio verso la madre declina, viene superato. Nel contempo il padre dovrebbe sviluppare una relazione amichevole con il figlio soprattutto nel periodo adolescenziale. Purtroppo, il padre di Piergiorgio per quanto fosse un bravissimo uomo era anche un nevrotico, iracondo e cocciuto. Il ragazzo, giacché adolescente, rimaneva inconsciamente attaccato ad una immagine infantile della mamma irraggiungibile e ambivalente, ovvero una madre INSODDISFACIBILE, sempre lamentosa, vittimista, invidiosa di chiunque… Una madre di questo genere fa sentire il figlio incapace di soddisfarla attraverso il normale rapporto d’amore madre-figlio, quindi il bambino non si sente amato perché non vede mai contenta la madre e per quanto la ami non riesce a ‘soddisfarla’…

Freud spiega che il bambino rimuove nell’inconscio il suo desiderio erotico verso la madre, al fine di dimenticarlo e di non soffrire, tuttavia questo rimosso se non viene elaborato e superato, si ripresenta per tutta la vita come ‘complesso materno’ che diventa perturbante per la coscienza e per le relazioni con il prossimo, sebbene il soggetto non abbia coscienza di come e di quanto tale rimozione possa condizionarlo. Il ‘complesso materno’ di Piergiorgio si collocava nell’incapacità di soddisfare la madre e nel senso di colpa dovuto a tale incapacità, con lo sviluppo successivo di un’ansia generalizzata verso tutte le donne e quindi con grande sofferenza nelle relazioni sentimentali che ebbe poi da adulto. Egli temeva persino di ferire le donne, di essere da esse solo accettato, come se queste gli facessero un favore… perciò la sua vita sentimentale fu infelice, si innmorò di donne alquanto negative, o comunque si faceva solo scegliere, senza mai un sereno coraggio nel conquistare la donna desiderata, senza potersi mai sentire sicuro nell’amore (… almeno fino a quando non fece un normale percorso psicoterapeutico e psiconalaitico).

La madre aveva una personalità piuttosto isterica (potremmo dire borderline: ‘quasi psicotica’), e riversava verso il figlio (il primo di quattro figli maschi) una sorta di attaccamento morboso, esageratamente protettivo in superficie, ma incapace di donare a Piergiorgio una vera serenità. La madre piangeva e si lamentava ‘tratralmente’ e continuamente sulle spalle del figlio sin da quando questi era bambino. Pur essendo molto amato da entrambi i genitori, Piergiorgio non aveva trovato in essi quell’equilibrio affettivo di cui avrebbbe avuto bisogno per sviluppare una personalità più forte e armoniosa. In termini psicoanalitici possiamo dire che il padre non era riuscito a funzionare come castratore ‘buono’, cioè come colui che separa il figlio dalla madre e offre un modello maschile rivolto al mondo, alle altre donne, alla creatività.

Va poi aggiunto che i genitori di Piergiorgio erano infarciti della peggior cultura popolare che si possa immaginare, secondo la quale picchiare i figli è una questione di ‘buona educazione’. Piergiorgio veniva picchiato dal padre e dalla madre per ogni minima mancanza, ma soprattutto quando uno dei due era particolarmente nervoso (in questi casi non occorreva neppure che Piergiorgio avesse commesso una mancanza, le botte le prendeva lo stesso). Certe volte Piergiorgio era terrorizzato dall’arrivo del padre a casa dopo il lavoro. Sarebbe stato nervoso? Allora lo avrebbe picchiato? Sarebbe bastato che la madre lo avesse accusato di essere stato cattivo (oer una qualsiasi sciocchezza)  e il padre avrebbe potuto prenderlo a schiaffi e calci… tanto l’idea di fondo è che in tal modo i figli crescono più educati (sic!). Se poi non veniva picchiato veniva minacciato di essere abbandonato, quasi certamente in un collegio, che veniva raccontato dal padre o dalla madre come una sorta di istituzione carceraria. Quando i genitori di Piergiorgio mettevano in atto questi comportamenti erano completamente inconsci del male che facevano al loro figlio e di quanto ciò avrebbe compromesso la sua vita futura. Il clima punitivo poteva trasformarsi rapidamente in un clima normale e pacifico, a volte persino divertente, senza che Piergiorgio comprendesse la dinamica di queste trasformazioni (queste infatti dipendevano dallla ondivaga relazione tra i due genitori, fortemente aggressiva e incerniata su profonde incomprensioni reciproche nelle quali non ci addentriamo – va poi detto che negli anni a venire, quando Piergiorgio divenne adulto – entrambi i genitori non riconobbero mai di averlo picchiato spesso, e spesso ingiustamente… “al massimo qualche sculacciata, quando ci voleva…”). Tuttavia non bisogna pensare che i genitori di Piergiorgio fossero cattivi, erano soltanto piuttosto nevrotici e ignoranti, e pur sbagliando in fatto di sistemi educativi, entrambi volevano molto bene al loro figliolo.

La madre, giovanissima – senza il sostegno di parenti, amici o Istituzioni –  aveva inondato Piergiorgio di un amore isterico e mieloso che tendeva a considerarlo come una specie di ‘oggetto fallico’, cioè come una propria creazione della quale vantarsi, da esporre e mostrare agli altri, e poi anche come un appoggio sul quale far pesare le proprie ansie e difficoltà. La madre, quando si trovava con altre persone parenti o estranei, non perdeva l’occasione per esibire Piergiorgio come se fosse stato un suo ‘piccolo capolavoro’, come un bell’oggetto fatto da lei; e non si rendeva conto di come il piccolo Piergiorgio morisse di vergogna e avrebbe voluto fuggire da quel goffo e misero palcoscenico esibizionista, imposto dalla stupida e vuota vanità di sua madre. Poi quando Piergiorgio restava solo con la madre, tutta quella esaltazione pubblica, tutta la sceneggiata esibizionistica spariva e lasciava il posto ad una relazione fredda, inconsistente, per cui la madre si occupava solo di prestargli cure pratiche (seppure con grande zelo): lavarlo, vestirlo, dargli da mangiare tanto (all’eccesso)… e poi quasi nessuna coccola, nessun gioco, nessuna fiaba. Perciò Piergiorgio ebbe la tendenza, fin dalla prima infanzia, a sviluppare ansia e depressione rispetto all’altalenante ambivalenza dell’affettività materna e alla durezza nevrotica paterna. In questi casi un bambino sente in sé sentimenti di rabbia e di odio verso una madre che non è “sufficientemente buona” (per dirla con il celebre medico e psicoanalista inglese Donald W. Winnicott), ma poi, siccome il suo bisogno di amore materno è immenso e vitale, si autocolpevolizza per i sentimenti negativi verso la madre e preferisce considerare difettoso se stesso piuttosto che la madre (la cosa peggiora se poi il bambino non trova nemmeno nel padre un punto di riferimento capace di dargli stabilità, sicurezza e fiducia).

Se il bambino ‘affetto da una madre nevrotica’ considerasse effettivamente difettosa la madre, andrebbe incontro ad una vita psichica ancor più afflittiva e patalogica, perché si sentirebbe sempre in ansia per la dipendenza da un adulto percepito come ‘cattivo e inaffidabile’. Allora il bambino preferisce assumere la cattiveria su di sé. Se la mamma lo ama in modo sbagliato non è la mamma che non va, ma è lui stesso che non va. In tal modo il bambino sviluppa un assurdo ‘senso di colpa’ però riesce ad evitare il terrore di dover convivere costantemente con una madre considerata cattiva (in quanto il cattivo sarebbe lui). Se poi anche il padre non riesce a compensare le carenze e gli squilibri della madre, l’ingiustificato senso di colpa e di autosvalutazione del bambino è ancora maggiore. Ne deriva la seguente proposizione: meglio considerare se stessi cattivi, ma stare con genitori considerati bravi, piuttosto che il contrario. Questo tipo di bambino divenuto grande sarà molto vulnerabile alla seduzione da parte di persone che presentano un pattern di tratti caratteriali negativi e positivi simili a quelli della madre, o comunque dell’atmosfera genitoriale. L’antico senso di colpa infantile –  instauratosi, come abbiamo visto per ragioni difensive – ancora attivo nell’inconscio nonostante si sia diventati grandi, ha bisogno di essere riparato, superato, bonificato.

Perciò inconsciamente si è attratti da persone con le quali, in versione adulta, si possono riattivare le primitive e infantili vicessitudini sentimentali. Essendo stati abituati sin da bambini ad un rapporto affettivo frammisto di aggressività, incomprensione e ‘calci in faccia’, la relazione con un partner, similmente caratterizzata, viene considerata abbastanza normale e accettabile, laddove bisognerebbe invece comprendere che si tratta di una relazione malata. I soprusi e gli abusi del partner dominante (nel caso di Piergiorgio si trattava di una ‘narcisista maligna’) vengono incassati come duri colpi, ma poi archiviati e perdonati, dato che Piergiorgio sin da bambino era diventato un ‘grande incassatore’ ed era stato costretto a credere che chi ti fa del male può essere la stessa persona che ti ama. Dunque, gli errori dei genitori si ripercuotono nelle scelte affettive della vita adulta. Tuttavia, se i genitori, quasi sempre commettono sbagli per ignoranza e inconsciamente (quindi senza una sostanziale colpevolezza), purtroppo capita spesso di imbattersi in partner sbagliati che sono ‘colposi e dolosi’ in quanto si approfittano delle debolezze di una persona al fine di manipolarla e trarre vantaggi per il proprio ego. Questo era accaduto a Piergiorgio, con conseguenze micidiali per la sua salute e la sua vita, che solo dopo un lungo lavoro di analisi psicoterapeutica è riuscito a superare.

Piergiorgio aveva dunque elaborato una struttura caratteriale aventi tratti abbandonici e di dipendenza, con la tendenza a fare uso di sostanze psicogene (lecite e illecite) per sfuggire all’ansia e alla depressione. Si trattava di una natura costituzionale che in parte Piergiorgio aveva acquisito per gli stimoli ambientali, in primis la famiglia e i genitori, poi i trasferimenti da una città all’altra, l’ideologia ribellista del tempo in cui era ragazzo, una certa poetica dell’instabilità scambiata per affermazione della libertà, e da un’altra parte per la sua propria stessa intrinseca e innata vocazione alla vita. In tal senso vorrei dire che la psicologia junghiana, attraverso la quale chi scrive si è formato come psicoterapeuta, presume che alcuni fattori della soggettività siano innati, e che abbiano radici transgnenerazionali, quasi che siano stati trasmessi per via genetica da lontanissimi ancestri e da energie psichiche originarie formanti l’inconsco collettivo: gli archetipi, i quali poi si manifestano in forma di complessi alquanto differenziati nella vita individuale. Insomma il carattere di ciascuno è in parte frutto delle influenze dell’ambiente, ma in parte deriva d un mistero, il mistero stesso della vita che fa nascere ciascuno con una sua propria anima, unica e irripetibile, giacché in tutto l’infinito e in tutta l’eternità quest’anima avrà un valore e un senso assoluti. Per questi motivi un’immagine metaforica usata negli ambienti junghiani dice che i genitori sono soltanto il ramo dell’albero da cui veniamo. Questo ramo è fondamentale, ma le radici della nostra anima non dipendono solo da esso. Perciò è importante sanare le relazioni con i propri genitori, ma è anche importante rasssegnarsi se ciò non è totalmente possibile, e quindi superare con la maturità e la conoscenza del proprio Sé ‘archetipico’ la dipendenza psicologica dall’infanzia e dalla famiglia.  Bisogna quindi sviluppare un senso di orfanitudine e con ciò la  consapevolezza che la propria anima è venuta al mondo per compiere una missione che concerne il proprio individuale ‘essere nel mondo’, al di là ed oltre le influenze genitoriali.

Nonostante una certa tensione sotterranea tenesse Piergiorgio in uno stato di leggero bipolarismo, cioè di alti e bassi umorali, maniacali e depressivi, egli riuscì a imporsi sul piano professionale, in particolare nel giornalismo di moda e più avanti come docente e formatore nel campo della comunicazione.

In termini analitici e arrivando al tempo in cui io, in qualità di analista, conobbi Piergiorgio (a 44 anni), possiamo dire che egli aveva una specie di falla affettiva nell’anima, il che comportava l’idea malata di ripararla – ormai non più con i genitori, giacché i torti subiti si riferivano all’infanzia – ma con una donna aventi caratteristiche negative che ripronevano in versione adulta i turbamenti e le afflizioni provocate, anche se involontariamente, dai genitori durante l’infanzia. In tal senso Piergiorgio era assai debole rispetto alla seduttività di una donna narcisista (bugiarda e cattiva), e quasi completamente cieco rispetto alla instabilità di costei, quasi psicotica. Per l’inconscio le forze che hanno distrutto e ferito devono essere sfidate, rimesse in gioco, poiché il sogno malato dell’inconscio è quello di convertire queste forze, di trasformarle da cattive in buone. Il bambino, il quale come abbiamo detto, si sente cattivo pur di difendersi dalla cattiveria genitoriale, vuol fare di tutto pur di diventare bravo al punto tale da trasformare quella cattiveri in positività, cioè in un’affettività equilibrata. Si tratta di un ‘sogno malato’ e senza speranza che il bambino dovrebbe superare, ma che invece può restare avvinghiato nell’inconscio fino alla vita adulta con la conseguenza di subire la seduzione di persone effettivamente cattive, ambivalenti incapaci di dare e ricevere amore. Queste persone vengono sentite inconsciamente come capaci di riproporre la disarmonica condizione affettiva infantile, eppure proprio per questo risultano seducenti, perché l’inconscio ‘ancora sogna’ di sanare la situazione. Questo infantile bisogno di riparazione e risanamento predispone a dare il meglio di sé, ad amare con tutte le proprie forze, fin quasi a sacrificarsi e a di immolarsi… ad amare chi? Una persona che in verità è cattiva, malata, incapace di una vita affettiva sana e che a tutti i costi si vorrebbe trasformare in buona ed equilibrata. E’ follia tutto questo? In un certo senso sì, se non è follia si tratta dell’assurda tragicità dell’inconscio e dei suoi tortuosi meccanismi malati che si esprimono con l’instaurarsi di relazioni amorose perverse, paradossali, atroci. Eppure quante persone amano il proprio persecutore? Quante cadono vittima di persone manipolatorie e profittatrici? Quante si legano a persone sbagliate e improponibili ai fini di una vita più serena? Ecco allora che nel raccontare la condizione perturbata di Piergiorgio vorrei spiegare in sintesi perché, assai spesso, c’è chi si innamora di persone sbagliate, cattive e, in definitiva, ‘stronze’.

Il quadro della vita infantile e familiare di Piergiorgio, aveva causato in lui un problema di connessione con la sua Anima. Secondo Jung l’”Anima” è quella parte archetipica della psiche maschile che funziona come ponte tra l’Io e l’inconscio. L’uomo proietta la sua Anima sulla donna amata, essa è una personificazione della sua Anima, perciò l’uomo si innamora di una donna che per diversi aspetti manifesta i lati positivi e negativi della sua Anima. L’Anima è quindi un archetipo che esprime il ‘femminile’ nell’uomo, ed è spesso turbata da un ‘complesso materno’. Sempre secondo Jung l’archetipo corrispondente e analogo nella donna è l’Animus, attraverso di esso la donna, oltre a connettersi con il suo inconscio, mette in atto proiezioni verso il maschile, così che si lega o si confronta con il maschile attraverso l’Animus. L’Anima è il femminile nell’uomo, l’Animus è il maschile nella donna. L’Animus è spesso turbato nella donna da un ‘complesso paterno’, che la rende ‘scioccamente maschile’, competitiva, irritabile, eccessivamente razionale, opportunista e calcolatrice. Invece l’uomo turbato nell’Anima non trova pace nella sua vita affettiva, diventa alquanto emozionale, si lega con donne ‘sbagliate’, o si rapporta con esse in modo cieco e irrazionale. Questa era in sintesi la condizione psicoanalitica del mio paziente Piergiorgio, la sua Anima turbata si proiettava verso una donna altrettanto turbolenta, la quale, essendo una narcisista, si approfittava dell’Anima di Piergiorgio, attraverso un Animus manipolatore, cinico, anaffettivo.

Questa sintesi, fa comprendere di come sia importante la psicoterapia per prendere coscienza del proprio vissuto familiare affinché si possa ‘uscire fuori’ da relazioni amorose negative e disturbanti. Ogni vissuto è particolare e va analizzato in modo specifico, quello di ‘Piergiorgio’ è quindi un caso individuale che tuttavia fa comprendere di come certe relazioni amorose infauste e negative abbiano una loro antica radice nelle vicessitudini e nelle incomprensioni dell’infanzia.

Vi sono però anche altre forme di esperienza, collettive e seminariali, molto utili per acquisire coscienza delle influenze genitoriali e per pacificarsi con i genitori, i quali nono sono colpevoli, ma assai più spesso sono a loro volta vittime di situazioni nevrotiche che non dipendono dalla loro volontà. Quindi vi ricordo un’importante insegnamento di Osho:

“Metà del tuo essere è fatto di tua madre e metà di tuo padre. Sei qui per causa loro: se non ci fossero loro, non ci saresti tu. In un certo senso, tutto quello che ti succede è grazie a loro… Di ciò si deve diventare consapevole (…). Perciò devi sentirti grato di qualunque cosa abbiano fatto (…). I tuoi genitori saranno sempre le tue fondamenta – perciò non dimenticarti delle tue fondamenta, tutto qui”.

Ciò è vero tanto più se riconosciamo il ‘terreno’ nel quale posano queste fondamenta, vale a dire la nostra ‘madre natura’ e ‘l’inconscio collettivo pervaso dallo ‘spirito dei padri ancestrali’. Cosicché, non siamo figli solo dei nostri genitori, ma in senso assoluto, lo siamo anche delle forze primordiali della vita e dello spirito (vedi il libro di J. Hillman: Il codice dell’anima, 1997 – recensito in questo blog: I bambini di Hillman hanno l’angelo custode

Picasso, mere et enfant 1921-22

In termini generali posso dire che la psicoanalisi ha dimostrato che le influenze genitoriali sono determinanti nel determinare i legami affettivi adulti.
Ci leghiamo nell’eros attraverso il nostro ‘bambino/a interiore’  (vedi articolo in questo blog “IL BAMBINO CREATIVO CHE C’E’ IN TE”) , se questo bambino è stato educato (da noi stessi) in modo da sentirsi libero, spontaneo non obbligato a recitare un falso Sé, allora vuol dire che sie è collegato con il nostro Senex (asse Senex-Puer), altrimenti è collegato in modo regressivo all’imago genitoriale e quindi al complesso infantile. Nel primo caso le relazioni amorose sono generatrici ed evolutive, ciuò non vuol dire necessariamente che durino per sempre, ma che danno luogo ad esperienze autentiche, dove c’è un amore più sano, che fa crescere. Nel secondo caso gli amori diventano regressivi, anche distruttivi, tolgono energia, fanno soffrire, vengono percepiti con emozioni e presentimenti subdoli, dunque si ripropone nella vita affettiva adulta uno schema psicoaffettivo che presenta forti aanalogie con l’esperienza infantile, nei suoi turbamenti e nelle sue carenze. Ora poiché nessun genitore è perfetto, ed anche fattori non evidenti influenzano il delicato vissuto infantile, compito di ciascuno è crescere fino a separarsi in modo sufficiente dal modello psicoaffettivo vissuto con i genitori, per diventare adulto, ma questo non vuol dire rinunciare al proprio bambino interiore che va sempre, per tutta la vita, considerato come parte di sé. Ricordo che Gesù ha detto: “Sono venuto con la spada per separare i figli dai genitori” ed in tal senso ha espresso anche un processo psicologico fondamentale per diventare adulti che quando amano hanno sempre un cuore da fanciulli…ma non più condizionato dal complesso infantile che agisce dall’inconscio anche in età adulta, almeno fino a quando non viene riconosciuto e risolto… RISOLVERLO VUOL DIRE RIUSCIRE A PERDONARE LE NEGATIVITA’ DEI GENITORI CONFRONTANDOSI CON LORO AD UN LIVELLO SOVRAPERSONALE, CIOE’ AL LIVELLO DEL SE’ (vedi nel blog Articolo su LA ROSA SIMBOLO DEL SE’) …

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Pier Pietro Brunelli Psicoterapeuta