A cura di Pier Pietro Brunelli e Cosimo Aruta

Parliamone, puoi trasformarla in energia positiva ed evitare impulsi e reazioni distruttive e pericolose.

Puoi contribuire a sviluppare l’articolo con riflessioni e domande inerenti i seguenti punti:

  • La rabbia verso il partner
  • La rabbia generica verso le donne, o gli uomini, o  gli omosessuali
  • La rabbia violenta e criminale nei delitti degli uomini verso le donne
  • La rabbia in famiglia e tra genitori e figli
  • La rabbia degli adolescenti (bullismo, lotta generazionale, problemi di identità)
  • La rabbia nell’età evolutiva (nel neonato e nella prima e seconda infanzia)
  • La rabbia tra amici
  • La rabbia nei luoghi di lavoro (mobbing, sfruttamento, mancati riconoscimenti ecc.)
  • La rabbia causata dalle ingiustizie sociali
  • La rabbia nelle megalopoli
  • La rabbia nell’emarginazione e nel disagio sociale
  • La rabbia narcisistica, borderline, isterica e psicopatica
  • La rabbia nella depressione e nel crollo dell’autostima
  • La rabbia nella malattia e nella guarigione
  • La rabbia blasfema e fanatica (proiettata verso la divinità, e nell’intolleranza religiosa)
  • La rabbia nella politica
  • La rabbia, il senso di colpa e la vergogna
  • La rabbia e la paura
  • La rabbia verso se stessi

LA ‘MEDICINA’ CHE SI ESTRAE DAL VELENO DELLA RABBIA
Pier Pietro Brunelli – Psicoterapeuta ad orientamento junghiano

La rabbia è una bestia pericolosa, anche perché può essere molto umana… gli animali la vivono in modo istintivo, naturale, invece negli umani essa può essere pervasa da pensieri e sentimenti malefici e malati. Ippocrate, il primo grande e mitico medico  individuava l’agente somatopsichico della rabbia nella bile gialla, connessa anche al colera, parola dalla quale viene poi la parola collera. La collera è rabbia che viene dalla ‘pancia’, quindi dall’organismo psicosomatico, da un ‘virus’ che infetta gli intestini della psiche, per essere terapizzata occorrono strumenti ‘bioenergetici’, comunque capaci di influenzare la relazione corpo-mente (di ciò parlerà il Dr. Cosimo Aruta – psicoterapeuta bioenergetico – nella seconda parte di questo articolo).

Tuttavia vi è anche una ‘ragione naturale’,  non malata e funzionale,  della rabbia umana come un’emozione evolutiva, volta ad opporsi al male e alla prepotenza. Aver subito ingiustizie come individui o come comunità non si riduce all’impotenza vittimista quando l’indignazione diviene rabbia e dà la forza di ribellarsi. La storia dell’umanità si è evoluta anche grazie alla rabbia che ha fatto vincere la paura al fine di opporsi al dispotismo, alle dittature, alle ingiustizie più brutali. La rabbia infatti è antitetica alla paura, fa in modo che il timore dell’oppressore, per quanto esso sia spietato, possa essere affrontato. Perciò l’ira di Achille consente di non aver paura… ma ciò non deve trasformarsi in guerra, in violenza, in distruttività egoistica, prepotente, vigliacca. D’altra parte c’è una vigliaccheria anche nel reprimere la rabbia, o nel distaccarsi da essa, in una sorta di ignavia.

Non sempre chi s’arrabbia ha torto; il vile non va in collera mai. (Niccolò Tommaseo, Pensieri morali, 1845)

La ‘giusta rabbia’ aiuta a non cadere in stati depressivi, sensi di colpa e di vergogna. Perciò la rabbia è un’emozione che aiuta coloro che subiscono ingiustizie a causa dell’iniquità sociale; ad esempio chi attraversa una difficoltà lavorativa ed economica, è disoccupato, è stato licenziato, se è sorretto dalla rabbia – oltre che dalla consapevolezza circa l’ingiustizia che subisce a causa di un sistema disfunzionale quanto brutale – non cadrà nella disperazione, con il rischio di sviluppare fantasie suicidarie che tragicamente possono essere messe in atto.

Di solito gli uomini quando sono tristi non fanno niente; si limitano a piangere sulla propria situazione; ma quando si arrabbiano, allora si danno da fare per cambiare le cose. (Malcom X)

Arrabbiarsi non vuol dire però esercitare violenza distruttiva, vuol dire innanzitutto provare un’emozione distruttiva, che può essere espressa senza violenza fisica, ma con il linguaggio (violenza verbale, gestuale). In effetti anche per esercitare una protesta non violenta e civile è necessaria una certa rabbia di fondo. Esemplare in tal senso la ‘piccola grande opera’ di Stephane Hessel: Indignatevi! (2011) ottenendo il coinvolgimento di milioni di persone in tutto il mondo contro le ingiustizie del nostro tempo. In questo caso la rabbia, dissinescando i suoi aspetti puramente distruttivi, a consentito di generare un’energia capace di pensare nuove forme di protesta e di aggregazione, nuove idee ri-costruttive e non solo distruttive, così che vi possa essere una più efficace rivalsa attraverso una rabbia generativa e non sterile e addirittura controproducente, oltre che pericolosa.

Dunque un’emozione distruttiva, quando viene elaborata e ‘terapizzata’ con mezzi e tecniche appropriate, rivela il  suo obiettivo ri-costruttivo, il ché, comunque non necessita la distruzione diretta di qualcosa che non va, quanto il suo superamento, ottenendo così maggiori vantaggi. Se conosciamo come commutare la rabbia verso qualcuno o qualcosa in modo che ci dia un guadagno piuttosto che dare solo un danno all’altro, avremo ottenuto maggiore soddisfazione. Ciò non vuol dire necessariamente rinunciare ad arrabiarsi, ciò può avvenire, ma nel modo giusto, che è tanto più possibile quanto più avremo distillato dal veleno della rabbia una ‘medicina interiore’ che ci arrichisce. A riguardo della ‘rabbia giusta’ vanno ricordate le parole di Aristotele.

Tutti sono in grado di arrabbiarsi, è facile, ma arrabbiarsi con la persona giusta, con la giusta intensità, nel modo giusto, nel momento giusto e per un giusto motivo, non è nella facoltà di tutti e non è un compito facile (Aristotele).

Allora se impariamo a prendere dalla rabbia qualcosa che ci serve per stare bene piuttosto che soltanto a vendicarsi e a danneggiare saremo senz’altro capaci di esprimere la ‘rabbia giusta’. Tuttavia si può opinare che non sempre e non tutti riescono ad arrabbiarsi e quindi molti subiscono l’ingiustizia con sentimenti rassegnati e depressi, persino di colpa e di vergogna. Bisogna allora, attraverso un’analisi, ‘scavare’ sotto le frustrazioni, i cali di autostima, il senso di impotenza e recuperare quel veleno della rabbia che, se è elaborato ed espresso anche con una consapevolezza psicofisiologica e bioenergetica può aiutarci davvero a stare meglio, e ad acquisire una nuova consapevolezza di se stessi.

Talvolta la rabbia può essere manipolata e mobilitata a favore di cause propagandate come giuste, – guerre giuste – seminando odi e dissidi verso nemici comuni costruiti con la diffamazione, la calunnia, e con lo scopo di ottenere consenso, dominio, interessi. Esprimere la rabbia in modo ingiusto, è una difesa contro la depressione, perciò questa può essere manipolata propagandando occasioni -mascherate di giustizialismo – affinché si manifesti. I proclami di guerra mirano ad esaltare la rabbia e spesso vengono accolti da coloro che se ne servono come difesa ‘sbagliata’ antidepressiva. Ecco allora che negli stadi e nelle questioni di traffico stradale, ad esempio, la rabbia viene espressa, non solo come sfogo per un aggressività repressa, ma anche come difesa contro la depressione e contro la paura.

Anche nelle famiglie e nei luoghi di lavoro può manifestarsi una rabbia eccessiva, espressa e provocata con scuse e motivazioni varie, quando lo scopo è proprio quello di ‘attacar briga’, generare tensione, poiché in tal modo ci si difende dalla paura e dalla depressione, ci si sente ‘vivi’, sebbene si possa generare un logoramento psicologicamente ‘mortale’.

La rabbia rende coraggiosi, e induce una sorta di manicalità anti-depressiva, ma purtroppo si può essere accecati dalla rabbia, i suo vapori avvolgono, il ‘sangue va al cervello’ e il ‘cervello vede sangue’… in tal senso la rabbia si avvicina alla morte… tuttavia sta in noi direzionarla verso la vita, dobbiamo allora comprenderla più a fondo e imparare ad orientarla, elaborarla e ‘viverla’ nella sua naturale funzione ri-creativa e ri-vitalizzante. Quando ci sentiamo arrabbiati dobbiamo considerarci come portatori di una centrale energetica alquanto abbondante, dobbiamo imparare ad usarla bene e ciò genererà una soddisfazione speciale. La rabbia è un veleno che sentiamo di voler usare contro qualcuno o qualcosa, ma se invece la usiamo per distillare una ‘medicina interiore’, ciò ci rende più forti e capaci di ottenere un  giusto riscatto (importante per l’autostima), e di esprimere la rabbia in modo giusto, per una giusta soddisfazione.

La rabbia potrebbe essere repressa, rimossa, occultata in qualche ‘zona d’ombra’ dell’inconscio. Ciò genera un penoso senso di frustrazione e  impotenza, al fine la rabbia può rivolgersi inconsciamente contro se stessi, con un calo dell’autostima e poi anche con uno stato depresso e con disturbi dell’umore.

Ma  la rabbia, sia che venga manipolata, repressa, o abitualmente espressa a causa di un carattere impulsivo o collerico, può anche esplodere in modo inappropriato, con conseguenze  assai pericolose. La rabbia può essere agita con acting out (passaggio inconsulto dall’ideazione all’atto)o anche con premeditazioni aberranti, fino a diventare rabbia criminale, agita con piani e macchinazioni delinquenziali.

Ci si arrabbia perché si sente di essere stati feriti, offesi, umiliati, ma spesso la reazione rabbiosa può diventare squilibrata e micidiale, fuori controllo, spropositata e sproporzionata.

La rabbia per motivi passionali, per giunta ancorata a credenze e convinzioni misogine, misandriche, omofobe è un fenomeno agghiacciante che, tuttavia, cova nelle patologie di Eros e invade i deliri di gelosia, le fantasie di vendetta e di rivalsa, la brama di possesso. In questi casi la rabbia diventa  un veleno di odio e di livore che trae le sue origini dal mondo infero di Eros, dal lato oscuro dell’amore e delle passioni.  E’ alquanto insufficiente la ricerca di un antidoto, se ci si limita alla condanna, allo sgomento e alla solidarietà che accompagna orrendi fatti di cronaca, che colpiscono quotidianamente soprattutto le donne.   Non basta neppure acuire le misure di sicurezza e di dissuasione con l’inasprimento delle pene e della criminalizzazione. E’ necessario anche ‘terapizzare la rabbia’, fare in modo che essa venga riconosciuta ancorché è repressa, o fantasticata, così che possa essere elaborata e finanche convertita in un’energia ricostituiva e riequilibrante. Non la si può quindi semplicemente neutralizzare e reprimere è necessario convertirla entro un campo espressivo terapeutico.

In termini psicoanalitici il vero profondo bersaglio della rabbia che si esprime nelle relazioni amorose, anche quando si esprime in modo ‘naturale’ – come litigio, alterco, ‘incazzatura’… trae  la sua linfa da esperienze affettive alquanto pregresse, e cioè dall’infanzia.

Dice Hugh Jackman (attore australiano):

Quando avevo otto anni i miei genitori si sono separati. Sono rimasto con mio padre e i miei quattro fratelli, tutti più grandi. Ma io volevo mia madre. Anche se la odiavo per avermi abbandonato. Mi sono chiuso in me stesso, mi nascondevo da tutti, non parlavo più. Ma il vero momento di crisi è arrivato qualche anno più tardi. Mi sentivo sempre fuori posto: in famiglia, a scuola, all’università. Ero un ragazzo molto arrabiato. Ce l’avevo con la vita, con mio padre, con tutto.

La rabbia che si prova verso un partner, per un abbandono, per gelosia, per rivalità, a prescindere dal suo acuirsi o dal suo restare repressa, deriva da questioni inconsce, regressive, legate ad una rabbia primaria che si è vissuta nell’ambito parentale, dalle prime cure materne, alla relazione con il padre, i fratelli, e l’ambiente socio-educativo. La rabbia che il bambino è incapace di esprimere e di elaborare viene rimossa, e il rimosso può poi ritornare, riemergere in una relazione passionale adulta. D’altra parte se non agisse una rimozione vi sarebbero difese nevrotiche e psicotiche più gravi, di carattere psicotico, dissociativo, autistico, schizoide. Da ciò deriverebbero anche i disturbi di personalità inerenti la sfera delle relazioni affettive, di carattere narcisistico, borderline, isterico-istrionico e finanche psicopatico/antisociale. Ma a prescindere dalle etichette psichiatriche diciamo che la rabbia è tanto più cattiva, quanto più ha un sottosuolo inconscio che non è stato bonificato. L’afflizione e il dolore dell’abbandono, o di un male subìto nell’infanzia, possono tradursi  in rabbia malefica entro quadri più o meno  nevrotici, psicotici o psicopatici. Da ciò può svilupparsi la ‘cattiveria’ che ha motivazioni inconsce, ma anche obiettivi consci, per cui il soggetto trasforma la rabbia in cattiveria al fine di trarre vantaggi per sé a discapito degli altri, in modo egoistico, prepotente, delinquenziale. Quindi seppure vi sono ragioni profonde per le quali si diventa cattivi, queste non possono essere considerate come giustificazioni, in quanto provocano dolore e sofferenza negli altri.

La cattiveria nasce da sentimenti negativi come la solitudine, la tristezza e la rabbia. Viene da un vuoto dentro di te che sembra scavato con il coltello, un vuoto in cui rimani abbandonato quando qualcosa di molto importante ti viene strappato via.
(Ryū MurakamiTokyo soup, 1997)

Affinché la rabbia non generi cattiveria va terapizzata. Chi sente di essere arrabbiato deve evitare di diventare cattivo, pur avendo ragione di essere arrabbiato ha bisogno di elaborare e orientare la sua rabbia in modo giusto e legittimo, altrimenti passerà dalla parte del torto, il suo bisogno di giustizia lo porterà a distruggere e ad essere distrutto dalla sua stessa ingiustizia. Bisogna usare la rabbia prima di essere usati da essa. Nel veleno della rabbia c’è anche un principio curativo – ciò è tipico di quasi tutti i farmaci che spesso si traggono da sostanze velenose –  ed è questo principio che bisogna distillare con corrette metodologie e tecniche, per guarire e per avere una vera giustizia.

Bisogna dunque analizzare la rabbia, studiarla e non considerarla semplicemente come una cosa negativa da reprimere o dalla quale si finisce con l’essere posseduti.

Melanie Klein aveva individuato come la rabbia nei neonati e poi nella prima infanziasia una componente essenziale dello sviluppo psicologico ‘normale’ (si veda Aggressività, angoscia, senso di colpa (1927/1952). I bambini vivono fantasie di rabbia devastanti, praticamente psicopatiche, che la Klein indica come ‘schizoparanoidi’ nella dinamica ‘seno buono’ – ‘seno cattivo’. La madre viene vissuta dal neonato come buona quando soddisfa tutti i suoi bisogni, ma se il neonato avverte anche solo un minimo disagio, ad esempio un mal di pancia, una sensazione di fame o di sete, non immediatamente soddisfatta si arrabbia e odia la mamma ritenendola ‘cattiva’ e fantastica di punirla e di distruggerla. Poi però, in uno sviluppo normale subentra la ‘fase depressiva’, per cui il neonato si pente della sua distruttività verso la madre e vuole ‘riparare’ . Si tratta di un conflitto evolutivo ‘normale’ tra odio e amore che può lasciare tracce più o meno importanti, e talvolta psicopatologiche, nel carattere di un individuo e quindi con pesanti conseguenze nella vita adulta, quando ad esempio la fase schizoparanoide viene rivissuta inconsciamente nei confronti di un partner.

Il bambino ‘normale’ vive intensi sentimenti di rabbiosa gelosia e invidia verso i genitori. I problemi nascono quando questo normale esperire la rabbia viene bloccato o punito eccessivamente o in modi ambigui. Ogni bambino piccolo, a causa delle sue normali frustrazioni biopsichiche, nutre un certo odio verso chi ama, e questo genera senso di colpa, bisogno di essere punito e al fine nuova rabbia. Fortunatamente, attraverso il gioco il bambino può ‘abreagire simbolicamente’ la sua rabbia, cioè farla emergere dal rimosso, dal tentativo di repressione senza sfogo, e dargli invece un sfogo distruttivo/creativo, ovvero che  consente anche un’ elaborazione e una riparazione con lo sviluppo di sentimenti d’amore e il superamento del senso di colpa. In effetti il senso di colpa nasce e si radica nell’inconscio quando si è provato un forte odio verso le persone amate – i genitori – colpevoli in misura maggiore o minore di non aver compreso i bisogni affettivi del bambino. Al fine di uscire dalla spirale di rabbia e senso di colpa i bambini distruggono giocattoli, fanno a pezzi le bambole, si divertono a mettere in scena mostri e aggressioni che hanno una violenza inaudita, ed in tal senso possiamo comprendere anche la funzione psicologica delle fiabe, piene di divoramenti, rapimenti, tormenti, assassinii, malefici che, tuttavia sono necessari affinché il pathos si risolva e si rivaluti nel lieto fine.

Ma i miti e le fiabe insegnano che il demone della rabbia è anche una forza sovrapersonale, che non dipende solo dal proprio vissuto individuale.  La rabbia ha una radice archetipica che è parte dell’inconscio collettivo nel quale è immerso ogni inconscio individuale. Nei termini della psicologia archetipica di Hillman (che rielabora la psicologia junghiana) possiamo dire che si viene invasati dalla rabbia come se questa fosse un’entità, una ‘personizzazione’ che aleggia da sempre nell’anima del mondo, e che quindi può impossessarsi dell’inconscio e della volontà degli individui. La rabbia divampa tra gli esseri umani e poiché in ogni essere umano c’è una polveriera, un deposito di armi di distruzione di massa, può accadere e accade che una miccia si accenda e faccia saltare tutto. D’altra parte è necessario che vi sia uno sfogo, che quindi qualcosa possa esplodere, ma ciò dovrebbe diventare una sorta di ‘motore a scoppio’,  deve cioè avere una funzionalità vitale evolutiva, piuttosto che mortale e regressiva. D’altra parte la psiche umana ha bisogno naturalmente anche di patologizzare, di regredire, di soffrire affinché possa costituirsi, possa vivere… tuttavia se il patologizzare diventa rabbia cattiva, che fa male ad altri in modo ingiusto e delinquenziale essa va terapizzata sul nascere, diagnosticandola come un sintomo che non è solo segno di malattia, ma anche di una salute che può essere recuperata.   Tuttavia spesso accade che lo sfogo non è possibile perché la rabbia resta repressa nell’inconscio al punto che la persona non riesce a riconoscere che prova rabbia, non la sente, ma questa c’è e genera frustrazione, calo dell’autostima e quindi depressione. In buona sostanza la rabbia non riconosciuta ed elaborata si trasforma in subdola rabbia verso se stessi, fa sentire ‘sbagliati’, difettosi, e persino negativi, e quindi insicuri e depressi.

“Dio non è debole…È Giusto” (disegno di Vito Vitulli)

Ricordiamo tutti la rabbia di Gesù quando cacciò i mercanti dal tempio. Era una rabbia ‘sacrosanta’, appunto, ma anche ben diretta e ben espressa, utile, giusta, sana. L’ira di Dio e degli dei, ha una funzione riparatoria, fondativa, demiurgica, terapeutica. Fu la rabbia di Dio verso le trasgressioni di Adamo ed Eva, che ci condannò ad essere mortali, ma in ciò essa ci rese anche umani, consentendoci la scelta di una coscienza e di un regno dell’anima che è terra di mezzo tra la natura e lo spirito, tra gli animali e gli dei.  Arrabbiarsi è divino, ed è animale, ma gli umani possono confrontarsi con la rabbia in modo differente, ovvero, entro certe condizioni di conoscenza, possono cedere alla rabbia distruttiva, oppure possono arrivare a riconoscerla e a orientarla in una direzione costruttiva e, finanche terapeutica. Può diventare essenziale in una psicoterapia che un paziente riconosca la sua rabbia e gli venga fornita una possibilità di esprimerla (abreagirla) in modo simbolico e bioenergetico. Anche le diverse forme di arte terapia, teatro terapia, psicodramma possono consentire questo tipo di espressione che consente di ‘abreagire’ la rabbia, cioè di farla riconoscere ed emergere dal ‘rimosso’, dai condizionamenti censori dell’infanzia, come dai vissuti attuali. La rabbia allora può diventare risanante, giacché questa è la sua funzione naturale in senso evolutivo,  ma diventa pericolosa quando la si soffoca e la si sente spingere dentro di sé come una’energia che può divenire furente e devastante. La rabbia è come il vapore di una pentola a pressione che serve a cuocere del buon cibo, ma la pentola ha bisogno della valvola di sfogo e di determinati parametri di sicurezza, altrimenti diventa una bomba. Non è la rabbia in sé dunque che è pericolosa, è pericolosa quando non viene compresa ed espressa nel modo corretto e funzionale.

In buona sostanza non arrabbiarsi mai, dichiararsi ‘inarrabiabili’ paventa comunque un’energia temibile, tanto più quanto viene repressa e occultata sotto forma di una strana gelida calma, una imperturbabile disumanità. Le persone troppo tranquille possono risultare un po’ inquietanti, come se avessero qualcosa di strano, e, in qualche modo sembrano non volersi assumere alcuna responsabilità, sono reticenti ad ogni autocritica, all’autoironia, a comprendere bonariamente le debolezze altrui e di se stesse ed esprimono una qualche ‘vibrazione antilibidica e diserotizzante’.

E’ alquanto difficile e imbarazzante avere a che fare con continuità e vicinanza con qualcuno che sembra non possa arrabbiarsi mai, sopratutto è assai improbabile che si assestino sentimenti di amicizia e di fiducia profondi e duraturi, in quanto accogliersi, comprendersi, vuol dire accettare entro certi limiti l’aggressività dell’altro e in modo reciproco.

Come Erich Fromm osserva nel suo celebre saggio Anatomia della distruttività umana, (1973)e così anche   Konrad Lorenz in Il cosiddetto male, (1963) l’aggressività è fondamentale per lo sviluppo delle specie animali e nella natura/cultura umana,  ha una funzione evolutiva; cosa che si evince anche nel senso etimologico della parola ‘aggressione’,  che vuole dire ‘andare avanti’, in opposizione alla ‘regressione’: ‘andare indietro’. La pulsione di vita, e quindi la sessualità, presumono un’energia aggressiva condivisa tra i partners, capace di convertire in eccitazione ed eros. La rabbia è anche la conseguenza di una castrazione dell’aggressività sessuale, ma se è terapizzata in modo bioenergetico e simbolico può risvegliare l’aggressività necessaria alla pulsione sessuale. Anche l’affettività in una coppia si consolida nella misura in cui è possibile esprimere la rabbia, entro un contenimento che consente la conferma della fiducia e della relazione affettiva (vedi il testo che segue del Dr. Aruta).

La rabbia è un’emozione negativa quando si sviluppa in modo regressivo, ancorato a complessi infantili, o a fattori ideologici ed archetipici dai quali si viene posseduti, indemoniati, agiti in complicità con le spinte distruttive ed egoistiche dell’Io che invidia, manipola, umilia, deruba, violenta, uccide.

Affinché tutto ciò possa essere terapizzato in modo preventivo e trasformativo non è possibile disattivare la rabbia regressiva solo reprimendole, coercizzandola e deprecandola, bisogna invece attivarla nella sua naturale istintualità aggressiva, attraverso azioni simboliche e bioenergetiche che le consentono di esprimersi e quindi di prevenire e deviare intenti e fantasie più o meno disfunzionali, delinquenziali criminose.

Ecco come l’ironico Charles Bukowski ci fa riflettere sulla rabbia:

La maggior parte della gente era matta. E la parte che non era matta era arrabbiata. E la parte che non era né matta né arrabbiata era semplicemente stupida.
(Charles Bukowski, Pulp, 1994)

Siamo quindi giunti ad un paradosso che vale la pena approfondire e praticare nella ricerca e nella clinica: la rabbia per essere curata deve essere impiegata come energia che cura.

Se provi rabbia verso qualcuno o qualcosa prova a parlarne con uno psicoterapeuta e in modo più specifico consultati per la possibilità di seguire una terapia bioenergetica. La rabbia può diventare un’emozione pericolosa, fino a provocare azione orrende, persino verso chi si ama e si crede di odiare…  Ciò può distruggere la vita di altri  e la tua, lentamente, inesorabilmente, covando una tensione costante e serpeggiane, oppure può scoppiare in pensieri e  azioni incontrollabili, micidiali quanto disumani e mostruosi, che si verificano come accessi improvvisi o anche come vendette premeditate e deliranti.

Lunghi stillicidi di sofferenza strisciante, nonché orrendi delitti e conseguenti castighi possono essere evitati se  si capisci più profondamente cos’è  la rabbia, da dove viene, perché c’è in noi e intorno a noi, e se si impara a convertirla attraverso tecniche specialistiche in energia vitale, si potrà trovare una fondamentale via di crescita personale, di evoluzione e persino di gioia e amore.

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 Libro rabbia
La rabbia è un’emozione universale che a tutti capita di provare ogni tanto ma, a volte, può accaderci di non riuscire a tenerla sotto controllo rischiando di mandare all’aria la nostra vita.
L’autrice, una psicoterapeuta che da anni conduce laboratori sulla trasformazione della rabbia distruttiva in energia utile, illustra con parole semplici e con le storie dei suoi pazienti perché alcuni si fanno travolgere da quest’emozione, quali ferite antiche la nutrono, cosa accade nella coppia, nel rapporto con i figli e con il proprio corpo quando siamo governati dalla collera.
Numerosi test vi aiuteranno a capire che tipo di rabbia provate, quanto conflitto c’è nella vostra coppia, cos’è la violenza psicologica, perché il corpo si ammala di rabbia, se siete assertivi e se agite consapevolmente nella vostra vita.
Nel libro troverete indicazioni e suggerimenti perché questa potente energia psichica trasformata vi dia la forza per vivere pienamente i vostri sogni e desideri; imparerete a sviluppare l’attenzione consapevole, detta mindfulness, colorando i mandala che troverete nel libro, e interpretando il loro significato grazie al test dei colori. Infine imparerete a scrivere favole per descrivere la vostra rabbia e ne conoscerete i significati nascosti (Monica Morganti).
www.monicamorganti.com/libri/gestire-la-rabbia
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Rabbia, collera, furore – psicoterapia bioenergetica

Dr Cosimo Aruta – Psicoterapeuta

Il corpo rivela la storia dolorosa della vita di un individuo attraverso le scissioni che separano i più importanti segmenti corporei: la testa dal tronco, il bacino dal torace. L’integrità della personalità non può essere restaurata solo con sentimenti teneri come il pianto. L’emozione che guarisce è la rabbia (se la si comprende nel senso ‘bioenergetico che qui spieghiamo).

Tutti possediamo rabbia repressa, nella misura in cui da bambini non abbiamo avuto l’opportunità di esprimerla. Questi sentimenti possono trovare espressione nella stanza di psicoterapia bioenergetica, uno spazio sicuro perché il corpo recuperi la sua vitalità e la sua unità. Occorre superare per gradi le difficoltà a esprimere la rabbia in modo efficace e appropriato; in mancanza della capacita di esprimere la rabbia adeguatamente, l’individuo nella vita sarà vittima o carnefice. La rabbia è un’emozione presente nella vita di tutte le creature viventi, indispensabile per proteggere l’integrità fisica e psicologica dell’organismo. In sua assenza si è indifesi contro gli attacchi dell’ambiente. I cuccioli delle specie più evolute non sono in grado di esprimere la rabbia perché non possiedono ancora la coordinazione motoria necessaria, in particolare il cucciolo d’uomo, che necessita di un lungo periodo in età evolutiva per conquistare questa capacità. Tuttavia, nei primi periodi di vita, il bambino morde con le gengive il capezzolo della madre per evitare che possa essere ritirato dalla sua bocca. Si tratta di una forma antica di espressione rabbiosa. Mordere è chiaramente un’espressione di rabbia, come molte mamme sanno. Crescendo il bambino migliora la sua coordinazione motoria e così aumenta anche la sua capacità di esprimere la rabbia.

Sia la rabbia che la paura appartengono entrambe a quelle che vengono definite emozioni di emergenza: attivano il sistema simpatico-surrenale in modo da fornire un surplus di energie, necessario a lottare o a fuggire. Davanti ad uno stimolo pericoloso il sistema muscolare si carica e si attiva in vista dell’azione. A seconda delle situazioni possiamo attaccare la fonte del dolore o ritirarci e fuggire dal pericolo.
Le due emozioni si manifestano nel corpo in modo opposto:

  • il movimento all’insù lungo la schiena, lo stesso che fa drizzare il pelo ai molti animali, unito al movimento in avanti della testa e alla contrazione verso il basso delle spalle, rappresenta la preparazione a un assalto;
  • il movimento in giù, come nel cane con la coda in mezzo alle zampe e con l’anca retroversa, allontanando la testa e il torace dalla fonte di pericolo, rappresenta la preparazione alla fuga. Esprimere la rabbia scioglie la paura, come esprimere il pianto scioglie la tristezza.

La rabbia è una reazione naturale alla sofferenza e al dolore, come quello provocato da una profonda ingiustizia, serve a sostenere l’integrità di un individuo in condizioni particolari. Nel bambino, se la rabbia non è in grado di proteggere il piccolo nella sua integrità, gli rimarrà solo il pianto come espressione. Si troverà indifeso contro situazioni traumatiche. Dovrà retrocedere, infatti la rabbia è una funzione aggressiva che significa andare verso, l’opposto della regressione, che significa appunto retrocedere. In psicologia la rabbia è l’opposto della passività: un atteggiamento che immobilizza. Possiamo andare verso un’altra persona per amore o per rabbia, sono entrambe azioni aggressive e positive per l’individuo. Non ci arrabbiamo con persone che non sono importanti per noi o che non ci hanno provocato dolore. L’emozione della rabbia diretta verso persone significative è funzionale al movimento per ristabilire una relazione positiva (a patto che non si trasformi in agiti di collera e furore, i quali, come spiegheremo tra poco, esprimono una carica effettivamente pericolosa e distruttiva).

Dopo un litigio con una persona che amiamo, abitualmente si recuperano i sentimenti positivi. Wilhelm Reich, in un seminario a casa sua, nel 1945 (Lowen 1994) affermò che la personalità nevrotica si sviluppa solo quando è bloccata la capacità nel bambino di esprimere rabbia nel momento in cui la sua personalità subisce un attacco. Sottolineò che la frustrazione di un movimento teso al piacere porta al ritiro dell’impulso, e ciò crea una perdita di integrità nel corpo. Questa integrità può essere restaurata solo attraverso la mobilitazione dell’energia aggressiva e della sua espressione in forma di rabbia.

Se un individuo non è in grado di arrabbiarsi, si blocca in una posizione di paura. Rabbia e paura sono due emozioni antitetiche, quando si è arrabbiati non si è spaventati e viceversa. Quando una persona è molto spaventata si può supporre che nella sua personalità sia presente una quantità uguale di rabbia potenziale repressa.

Per definire la rabbia l’emozione che cura e non distruttiva, occorre distinguerla
dall’accesso di collera e dal furore.

  • L’accesso di collera è un’azione distruttiva, tende a fare male e danneggiare un’altra persona. Il suo attacco si rivolge principalmente contro un individuo innocente, indifeso, o contro un bambino. E’ esplosivo, non può essere controllato quando si scatena. La collera si espande quando una persona sente che il suo potere è ostacolato o frustrato. Un bambino che contrasta ostinatamente una richiesta del genitore, può attivare in lui un accesso di collera diretto a spezzare la resistenza del bambino, che sarà costretto a sottomettersi. Il sentimento di impotenza del genitore, che lo accende terribilmente, risale a quando lui stesso da piccolo era costretto a sottomettersi e la paura lo paralizzava. La rabbia repressa diventa ora collera e viene agita su un soggetto debole e indifeso che non gli fa paura. Se un bambino viene crudelmente maltrattato, la rabbia che sarebbe normale sentire viene sepolta sotto una montagna di paure e diventa collera omicida. In terapia è importante che la scarica di questa carica omicida avvenga in un ambiente protetto, in modo che il paziente si liberi della collera e possa esprimere, successivamente, una rabbia genuina.
    Nel corso della psicoterapia bioenergetica i pazienti con questa necessità, tra i tanti esercizi espressivi, sono incoraggiati a percuotere un cubo in stoffa con i pugni o con un bastone, ciò che subito emerge é proprio questo tipo di collera, non la rabbia. In una fase iniziale è normale per il paziente presentare una certa resistenza a far partecipare i sentimenti mentre si scagliano i colpi. Con la gradualità di cui ogni essere umano ha bisogno, egli inizia a lasciarsi andare e i colpi fluiscono più violentemente e velocemente, come se volessero fare a pezzi, distruggere il cubo. Quando non è integrata con l’Io, si tratta di un’azione isterica, priva di efficacia. Spesso le persone non sono consapevoli verso chi è diretta la loro rabbia e queste espressioni non rappresentano atti utili per la scoperta di sé, ma comunque necessari per scaricare una quantità di furore represso. Sono azioni catartiche e rappresentano una valvola di sicurezza perché sfogano il “vapore” del furore. Con il progredire dell’azione terapeutica sia sul piano analitico che su quello fisico, il paziente potrà entrare in contatto con le ragioni della sua collera, i colpi saranno più efficaci e l’azione diventerà egosintonica.
  • Il furore è un sentimento estremo di rabbia, una rabbia di intensità superiore. Si esprime come una tromba d’aria che distrugge tutto ciò che incontra sulla sua strada. La paura del proprio furore potenziale congela una persona.
    Questo sentimento estremo può bloccare il corpo in uno stato catatonico, congelato, come difesa estrema contro la messa in atto dell’impulso omicida del furore.

Questa caratteristica del congelamento è l’aspetto fisico dell’odio. Odiamo solo quando abbiamo amato profondamente qualcuno che ci ha tradito. L’odio può essere anche proiettato su altri con i quali non si ha nessun rapporto intimo o di altro tipo, per effetto di una difesa dell’Io conosciuta come proiezione: proiettiamo su altri ciò che odiamo di noi stessi e/o di persone significative che vogliamo proteggere e che abbiamo introiettato. Lo stato di congelamento può essere modificato solo con il calore, specificamente il calore della rabbia. Ma questa reazione naturale viene soppressa dalla maggior parte dei bambini, molti genitori insegnano presto a frenare la rabbia, rappresentandola come un’emozione inaccettabile.

“Sono fermamente convinto che se ai bambini venisse consentito di esprimere la collera verso i genitori tutte le volte che sentono di avere un risentimento legittimo, vedremmo molto meno personalità narcisistiche”
(Alexander Lowen, Edizioni Feltrinelli, Il narcisismo p. 143).

Il bambino che ha paura di esprimere rabbia nei confronti dei genitori diventa un adulto paralizzato. La rabbia repressa non scompare, può “deviare”verso soggetti deboli, oppure incistarsi nel corpo creando contrazioni muscolari croniche che inibiscono l’azione e creano sofferenza muscolare e articolare. La rabbia è una forza vitale positiva che possiede grandi proprietà curative. Una persona a me cara, in età matura, riuscì ad esprimere una rabbia sepolta da decenni nei confronti di propria madre. Scomparve una forma di lombalgia che le produceva sofferenza fisica da tempo immemorabile. La terapia tende a ristabilire la capacità della persona di sentire ed esprimere rabbia come risposta naturale a situazioni che colpiscono o minacciano l’integrità o la libertà. Molte persone hanno validi motivi di sentirsi arrabbiate per quanto hanno subito da bambini. Anche quando questo fatto emerge nel corso della terapia e diventa consapevole, la rabbia non fluisce liberamente perché non è stata sufficientemente sciolta la tensione muscolare che la reprime. I movimenti si presentano meccanici e scoordinati. Un’emozione è sperimentata solo quando tutto il corpo è impegnato nell’azione. Ad esempio, nell’esercizio citato di percuotere un cubo o un cilindro, l’allungamento delle braccia sopra la testa deve essere estremo, in modo da iper-estendere gli arti superiori al punto di giunzione con le spalle. Alexander Lowen lo descrive come “afferrare il fulmine”. Il movimento dovrà essere radicato, partire dal suolo, con il corpo incurvato come un arco, ancorato in basso dai piedi e in alto nei pugni o nella presa, se l’esercizio è eseguito con un bastone. Solo in questo modo l’atto di colpire è un movimento che fluisce liberamente, la forza muscolare è direttamente proporzionale al grado di allungamento dei muscoli coinvolti. L’escursione articolare si realizza spontaneamente quando le tensioni muscolari che la limitavano sono sciolte. Si tratta di un lavoro bioenergetico che richiede il tempo necessario.

La capacità di contenere la rabbia è il corrispettivo della capacità di esprimerla. Il controllo cosciente necessario al contenimento è direttamente proporzionale alla coordinazione e alla fluidità dell’azione che esprime la rabbia. Una persona non può sviluppare la capacità di controllo a meno che non sviluppi anche la capacità di espressione. I bambini sani sono pronti a sentire rabbia e a esprimerla immediatamente quando provano dolore o sono frustrati. Crescendo si può contenere la rabbia quando sia opportuno, e non scaricarla immediatamente (acting out), oppure può essere espressa attraverso uno sguardo o con le parole. Contenimento e controllo si sviluppano quando si impara a sopportare una forte carica prima di scaricarla, una capacità tipicamente adulta. I bambini non hanno la forza dell’Io e lo sviluppo muscolare necessari a sostenere una forte eccitazione, la loro rabbia esplode immediatamente. Gli adulti, al contrario, devono avere la capacità di trattenere la rabbia fino a quando siano disponibili un tempo e un luogo appropriati per la sua espressione. Ad esempio, due genitori possono scegliere di trattenersi davanti ai bambini e scaricare la reciproca rabbia quando sono soli e in un luogo appropriato. Gli esercizi bioenergetici hanno anche l’obiettivo di favorire questa capacità adulta. L’individuo nel corso dell’esistenza può trovarsi contemporaneamente genitore e figlio, con ruoli distinti e con compiti di sviluppo sia come figlio che come genitore. I compiti di sviluppo richiedono consapevolezza di sé, delle proprie vulnerabilità, delle proprie risorse. Spesso l’amore che le persone ritengono di provare per i genitori non deriva dalla gioia e dal piacere, ma è frutto di sensi di colpa. Quando i genitori offrono libertà ai loro figli, riceveranno da loro un amore autentico; solo i genitori che provano gioia nella relazione con i figli possono dare l’amore che favorisce la crescita del bambino verso la sua autentica realizzazione. Non si può provare gioia in una relazione nella quale non è consentito essere se stessi. In psicoterapia si consiglia sempre ai pazienti di non agire i sentimenti negativi che provano nei confronti dei loro genitori. L’acting out non è né appropriato né utile. I traumi subiti da bambini appartengono al passato e non possono essere riparati da azioni compiute nel presente. Il passato non può essere cambiato, ma la terapia può liberare la persona dalle restrizioni e dalle limitazioni del suo essere, che sono la conseguenza dei traumi passati. Nel setting terapeutico le limitazioni possono essere ridotte liberando ed esprimendo gli impulsi che sono imprigionati. Un individuo che sia fisicamente e psicologicamente menomato dalla repressione indotta dai suoi impulsi naturali, diventa libero e gioioso quando il suo corpo riacquista libertà e armonia. Tale persona può amare veramente e può sentire realmente un certo amore per i genitori che lo hanno maltrattato, ma che gli hanno anche dato la vita. (Alexander Lowen, Astrolabio Editore, Arrendersi al Corpo,  pag. 114). Quello che i genitori non ci hanno dato a suo tempo non lo possedevano. Non si può chiedere a qualcuno quello che non ha. I sentimenti teneri e amorevoli gli sono stati a loro volta scippati dalla vita.

 

 

Dott. Cosimo Aruta
Psicologo, Psicoterapeuta, Mediatore Familiare
Iscritto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia con il n° 12147

Il Dr. Pier Pietro Brunelli e il Dr. Cosimo Aruta collaborano nella pratica clinica. Sulla specifica problematica della rabbia hanno messo a punto seminari e consulenze, formative e terapeutiche, individuali e di gruppo, con modalità analitiche e tecniche  di convergenza tra psicoterapia junghiana e bioenergetica.