Magritte, Le relazioni pericolose 1926

Magritte, Le relazioni pericolose 1926

 a cura di Pier Pietro Brunelli (Psicologo/Psicoterapeuta)

Complicazioni erotico-affettive al maschile

Si dice che le donne sono complicate, ma gli uomini di certo non lo sono di meno. In particolare se ci riferiamo al sesso e ai sentimenti. Qui però evitiamo i confronti su chi è peggio e chi è meglio, e semmai usiamo dei paragoni solo per fare una riflessione specifica su alcuni aspetti dell’eros maschile di orientamento eterosessuale. Disturbi dell’erezione, del coito, perversioni, anaffettività, promiscuità, tradimenti compulsivi, porno-adiction, relazioni occulte, attaccamenti disturbati,  svalutazione del femminile, violenza sessuale verso le donne , ecc. da cosa derivano? Come possiamo comprendere e affrontare  il ‘demone maschile’ che fa male e complica la vita alle donne e contemporaneamente anche agli stessi uomini, che lo attuano o lo subiscono, spesso con colpevole incoscienza?

Innanzitutto dobbiamo considerare che quasi sempre, le problematiche erotico-affettive maschili hanno cause profonde da cui si sviluppano ‘difese sbagliate’ dalla  minaccia dell’ansia e della depressione. Come vedremo – nel profondo –  Il desiderio erotico-affettivo verso una donna può costituire fonte di pericolo psichico sotto diversi aspetti. Infatti nella misura in cui questo desiderio può essere negato o frustrato, si innesca una condizione ansiogena, depressogena e nevrotizzante. Naturalmente una tale reazione, può determinare l’adozione di difese che poi diventano disturbi erotico-affettivi. In che modalità e quantità dipende dalla natura di ogni soggetto maschile, diversa per ciascuno, ma che presenta pattern comuni, pressoché innati e radicati nel contesto psicoculturale maschile. Diciamo allora in generale che quando qualcuno vuole avere il potere e la supremazia su qualcun altro è per timore di essere a propria volta dominata o offeso, e quindi certe disfunzionalità e contraddizioni maschili, sottendono un’impotenza di base, derivata dalla paura di subire il potere delle donne – in particolare quelle ritenute desiderabili o attraenti, le quali  avrebbero maggior arbitrio di appagare il desiderio erotico-affettivo così come  di negarlo e umiliarlo. Cio’ non vuol dire che sono temute inconsciamente solo le donne più belle, ma il femminile in generale quale oggetto del desiderio che può rivelarsi o una trappola che crea dipendenza negativa, o una punizione rifiutante che nega sesso e sentimento, o potrebbe separarli (per problematiche che poi hanno la loro radice nello stesso uomo che si lascia incastrare in tali meccanismi, e quindi da donne problematiche, opportuniste o evitanti…).

La pratica clinica della psicoterapia, e quindi i colloqui intimi con gli uomini, conferma una volta di più le paure esistenziali ed ataviche che gli uomini hanno verso il femminile. Da ciò deriverebbero non solo modelli misogini, ma anche complessità, sintomi e distorsioni della sfera erotico-affettiva maschile. Ciò viene poi ulteriormente complicato dalla cultura narcisistico-sessuomane dominante con i suoi retaggi maschilisti e misogini. Ma gli uomini, tra mille equivoci e punti di domanda, temono anche i giudizi e i pensieri delle  donne sul maschile, per quanto reagiscano con apparente indifferenza,  con accondiscenza o con tracotanza. In effetti per certi aspetti la cultura femminista viene percepita non solo come antimaschilista, ma come antimaschile, cioè misandrica. Ma a prescindere da questioni socioculturali, gli uomini per maturare devono fare i conti con dinamiche inconsce contraddittorie e complessuali che vedono nelle donne un oggetto del desiderio ambiguo e inaffidabile, e quindi strutturano reazioni sessuali e affettive che possono diventare problematiche e disturbanti.  Parimenti anche le donne covano una loro reattività contraddittoria e ambivalente nell’inconscio tra amore e odio verso il maschile, ma attraverso dinamiche e complessualità specifiche e diverse da quelle maschili.  Qui come abbiamo detto ci occupiamo del mondo interiore dei maschi, abitato da fantasie e fantasmi che generano varie forme di sofferenza nella relazione sessuale e amorosa.   Alcuni uomini si percepiscono ingiustamente colpevolizzati e discriminati in quanto uomini, altri credono di doversene infischiare e che in fondo le donne vedano nella prepotenza maschile  un tratto di attraente virilità e quindi tendono ad accentuarla. Tutto ciò  innesca una battaglia di pregiudizi e accuse reciproche, che finisce come minimo con il provocare equivoci, incomprensioni, esagerazioni fuorvianti che deturpano le relazioni e le pulsioni eterosessuali.

Jean-Paul Letellier Gorgone

Jean-Paul Letellier Gorgone

Ricordiamo che la psicologia analitica di Jung considera che nell’inconscio vi sono fattori compensatori e opposti a quelli che sono nella coscienza. Perciò nell’uomo si può osservare un’ anima femminile e nella donna un animus maschile. Entrambi  si proiettano reciprocamente le loro immagini femminili (che sono negli uomini) e quelle maschili (che sono nelle donne). Ecco allora che un uomo vede nel femminile qualcosa che inconsciamente è dentro di lui, nel bene e nel male. L’immagine femminile che ciascun uomo ha dentro di sé deriva dalla cultura dominante e dalla madre (e dalla sua relazione con il padre o con eventuali altri amanti), così come da tutte le figure femminili importanti della sua vita, incontrate da bambino e nel corso del tempo.

Può capitare che la madre venga percepita come fortemente sessuata o come fortemente asessuata. Nel primo caso il figlio maschio tende a considerarsi incapace di soddisfarla in quanto non può competere con il padre. Talvolta il fantasma paterno si confonde con quello di un’amante della madre di cui il figlio può essere a conoscenza. Anche in questo si sviluppa una fantasia di rivalità con un altro maschio che  risulta ancora più insostenibile, in quanto questi avrebbe addirittura vinto sulla potenza del padre. Più avanti vedremo come queste fantasie di rivalità con il maschile siano afferenti al Complesso di Edipo (l’attaccamento inconscio alla madre e l’ostilità e la paura verso il padre vissuto come rivale)  e quali disfunzioni comportino nella sfera erotico-affettiva maschile. Per ora  diciamo solo che il maschio con una madre percepita come fortemente sessuata tenderà a considerare le donne alquanto instabili e inaffidabili sul piano affettivo e quindi a credere di poterle giustamente manipolare affettivamente, al fine di sedurle e di ottenere prestazioni sessuali (giacché sarebbe questo ciò che esse in fondo vogliono). Ci troviamo nell’area del dongiovannismo e dei seduttori seriali.

Può però anche accadere che qualora il maschio abbia avuto una relazione affettiva frustrante con la madre diventi facilmente preda di una donna che lo seduce sessualmente, ma che non lo ama, e che impiega il sesso a fini manipolatori, narcisistici e opportunistici.  Qualora la madre venga invece percepita come asessuata il maschio tenderà a costituire dinamiche affettive stabili ma scarsamente sessualizzate e ad orientare i suoi appetiti sessuali in una dimensione di infedeltà (come promesso tali questioni saranno sviluppate di seguito). Poiché la madre è la prima figura femminile dispensatrice di nutrimento, cure, empatia,  affetto, l’uomo conserva nel suo inconscio le difficoltà e le problematiche, così come le virtù, che ha ereditato con l’esperienza del materno. Questa immagine interna e originaria del femminile dipende come abbiamo detto anche dalla cultura e quindi dall’educazione, dal contesto sociale, economico e religioso, ma dipende anche da come è stata trasmessa dal padre e da altre figure maschili (adottati come modelli negativi o positivi di come si ‘deve’ essere con le donne).

Francis Bacon - Ritratto di Henrietta Moraes

Francis Bacon – Ritratto di Henrietta Moraes

Un padre maschilista fallocrate influenza il vissuto del figlio maschio comportando o una emulazione o anche una ribellione antiautoritaria in modo reattivo e disfunzionale. D’altra parte un padre debole, remissivo o assente, impedisce al figlio maschio di identificarsi con esso e fa percepire nella donna una certa fallicità alla quale ci si dovrebbe sottomettere. Si tratta di tendenze che in una riflessione psicoanalitico vengono espresse come quadri generici, ma che si declinano in forme e modalità estremamente soggettive.La questione maschile oggi si declina tra autocritica del maschilismo e scoperta del mascolinismo, (vedi in Wikipedia) cioè di una dimensione rivalutativa del maschile, non androcratica e neppure succube di concezioni misandriche e antimaschili.

Machismo, misoginia e atavica paura delle donne

In ogni caso nell’inconscio maschile è atavicamente impressa un’idea di mantenimento della superiorità rispetto al ‘sesso debole’, giacché sono  i ‘padri-padroni-eroi’, così come che sono le figure divine maschili, soprattutto nel monoteismo, che detengono il potere. Da ciò deriva poi l’idea che l’uomo per ottenere amore e apprezzamento da una donna deve avere qualità che lo fanno apparire in qualche modo superiore, non solo rispetto alle donne, ma anche rispetto agli altri uomini. Ciò vuol dire che l’uomo vive in una condizione di potenziale ansia da prestazione (sessuale e/o affettiva), nel senso che non può soddisfare il suo desiderio erotico in quanto tende a credere che per appagare sua volta il desiderio femminile deve sviluppare particolari superpoteri da capo, eroe e padrone. In effetti il  ‘capobranco’ è quello che può meglio che si può meglio guadagnare l’amore delle donne, ma questo non solo per ragioni di fascino, ma anche per una mera imposizione di potere; si pensi alla medievale jus primae noctis, per cui il potente avrebbe avuto il diritto di consumare un rapporto sessuale nella prima notte di matrimonio di una ‘serva della gleba’. L’accaparrarsi le donne con il sopruso, il ratto, la guerra, comprandole con il denaro, non è solo da intendersi come una supremazia sulle donne, ma anche sugli altri uomini. Quindi l’uomo vive i suoi desideri erotico-affettivo con la paura che vengano negati dalle donne, ed anche impedita da altri uomini. Giuditta e Oloferne - Galleria degli Uffizi - FirenzeLa storia umana è stata spesso violentata dal bisogno di potere e di successo competitivo, prevalentemente economico tra i maschi, attraverso guerre e ingiustizie imposte politicamente e religiosamente legittimate. Tuttavia di ciò non va data la colpa solo ai maschi, ma anche a quelle donne che hanno contribuito per loro interesse a fomentare negli uomini la voglia di dominio e di possesso a discapito di altri uomini e di altre donne. Se non dicessimo ciò apparirebbe che la donna sia solo una creatura pia e angelicata a fronte di un maschio potenzialmente ignobile e cattivo. Non stiamo parlando di giudicare il maschio o la femmina come buoni o cattivi, ma di come in un uomo si possano formare per motivi psicoculturali, individuali ed anche ancestrali  ‘complessi erotico-affettivi’, che poi generano condizionamenti nella sua vita amorosa e sessuale, e parallelamente anche nel sociale.

Roberto Dudine

Roberto Dudine

Ancora oggi un concetto pacifico di civiltà è ben lontano dallo stabilizzarsi e anzi viene usato per manipolare e continuare a uccidere, dominare e sfruttare sotto l’egida di una qualche legalità o in difesa di grandi ideali. E’ anche poi vero che talvolta la violenza, maschile e femminile, ha anche lo scopo di ribellarsi alle ingiustizie e di difendersi dalle aggressioni, ma il più delle volte le controversie potrebbero risolversi negoziando. Il bisogno di potere maschile/falloide è da sempre costato schiavitù e sfruttamento non solo per le donne, ma anche per la maggioranza degli uomini. Una casta di potenti, formata da uomini accompagnati dalle loro donne, da sempre si impone attraverso il ricatto economico e leggi volte a proteggere i loro privilegi. Tuttavia per meglio dominare i maschi sfruttati e schiavizzati, sin d tempi arcaici si è data loro la possibilità di fare i dittatori nelle loro famiglie e di comandare la loro donna e i loro figli. Questo ha reso gli uomini alquanto più inclini ad accettare il loro stato di servitù e di soggezione verso i ceti dominanti. Tali uomini spesso, per quanto sottomessi dai loro padroni, avevano la facoltà di sfogare la loro rabbia frustrata sulle  mogli e i figli e lo facevano in modo ancora più crudele e spietato dei loro padroni, sotto l’egida di una cultura legittimante il sopruso e l’abuso sul femminile.

Ma non andiamo fuori tema… queste riflessioni ci mettono sulla strada per capire che vi è una radice storica e psicoculturale maschile che induce alla supremazia prepotente per il timore  di essere sottomessi da altri maschi e di essere parallelamente respinti dalle donne.   

Female Icons Mitologie della temibile ambivalenza femminile

Le mitologie misogine hanno per certi aspetti costruito e diffuso l’idea del femminile intriso di diabolicità e di pericolo, e quindi da controllare e punire. Eva è la biblica peccatrice originaria che sedotta dal demonio a sua volte sedusse l’uomo e fece cacciare l’umanità dal Paradiso. Prima di lei una diabolica dea lunare di nome Lilith, appartenente al mondo mesopotamico era diventa la madre di tutte le maghe e le streghe più maligne, incluse le sue pronipoti che la chiesa perseguitò nel medioevo. Il fascino sirenide del femminile rischia di fare la fine degli Eroi di Ulisse, attratti dal canto delle Sirene e finiti poi sfracellati sulle rocce. Per ascoltare quel canto bisogna legarsi come Ulisse al palo della ragione, ma questa può diventare anche una forza inibente e fuorviante.  Alcune narrazioni mitiche lasciano intendere che in tempi arcaici e preistorici fosse imperante un mondo magico-sacrale di tipo matriarcale, eppure per quanto la Dea Madre fosse la figura centrale, non vi sono prove per dire che le donne in carne ed ossa e di tutti i ceti avessero un ruolo socialmente prioritario o paritario rispetto al maschile. Vi sono molte più indizi antropologici che fanno propendere verso l’idea di una cultura arcaica simbolicamente e miticamente orientata al matriarcato, ma comunque saldamente dominata da caste di sacerdoti e guerrieri maschi.

Potremmo dire che la forza bruta maschile consentiva maggiormente ad una tribù o ad una comunità di sopravvivere ed espandersi e questo comportava per motivi naturali una cultura orientata al potere maschile e patriarcale. Ma il fatto che gli uomini secondo natura siano fisicamente più forti delle donne, per quale motivo avrebbero una atavica paura delle donne, che d sempre li spinge a dominarle e a combattersi tra di loro? Dobbiamo allora cercare le cause di una tale paura in una condizione psicologica profonda, ed in particolare in una dimensione di carattere sessuale e affettivo, che si radica anche in una concezione spirituale e di difesa verso arcane forze del male in qualche modo viste nel femminile.

Prima di approfondire questioni che riguardano la complessa sfera erotico-affettiva maschile e quindi di evidenziarne alcuni aspetti disturbati e disturbanti di tipo narcisistico e borderline, paranoideo e a volte anche psicopatico, nonché le parafilie sessuali (perversioni) o le disfunzioni sessuali (erettili, del coito precoce o ritardato), dobbiamo ancora fare un passo indietro nel tempo arcaico per esaminare quella che è la paura primordiale e archetipica del maschile verso il femminile.

seirenes - Roger Callois

seirenes – Roger Callois

Vi sono buone ragioni per considerare che in origine per via di ragionamenti e simbolismi analogici la natura era considerata come ‘madre natura’ avente il potere di dare la vita, il nutrimento, ma anche quello poi di riprendersi ‘tutto’ attraverso la penuria, la malattia e la morte. Ingraziarsi la forza della natura voleva spesso dire elaborare un culto della Dea Madre, la quale non era solo faconda e creatrice, ma anche temibile distruttrice per la sua vorace distruttive, quindi padrona assoluta della vita e della morte. Questo tema è da sempre presente nell’inconscio collettivo, negli uomini, come nelle donne e basta pensare alla poetica della ‘natura matrigna’ di Leopardi per averne un illustre esempio relativamente ancora attuale. L’ambivalenza costitutiva della vita umana, sospesa tra vita e morte, viene quindi archetipicamente proiettata sulla ‘natura femminile’, e di riflesso sulle donne in generale.

Anwen-Keeling-1976-Sidney-looking-glass

Anwen-Keeling-1976-Sidney-looking-glass

Per quanto ne sappia chi scrive l’antica cultura dei nativi d’America è forse l’unica di cui conosciamo ad aver evitato di mitologizzare l’ambivalenza della natura a discapito del femminile, cosa che invece si è poi universalmente costituita in forme più elementari e poi in quelle più elaborate, dalla misoginia del mondo greco alle religioni monoteiste. Per quanto la cristianità abbia valorizzato e protetto la condizione sociale e spirituale delle donne, lo ha fatto solo e sempre elevandole ai valori della maternità, della castità, della pudicizia e della capacità di sopportare umilmente un ruolo sottomesso al maschile. Sulla donna – nonostante sia anche stata idealizzata e spiritualizzata –  è da sempre  pesata da sempre la convinzione che fosse ambigua e oscura similmente alla  natura, cioè godibile e desiderabile, ma nel contempo seduttiva e ambivalente e quindi abbandonica,  ingannatrice e crudele.

Sarah-Stilwell-Weber-1878-1939-Donna-con-leopardi

Sarah-Stilwell-Weber-1878-1939-Donna-con-leopardi

Mamma, mammina e mammona

Ora allontaniamoci dalle questioni mitologiche e antropologiche radicate nell’immaginario e nell’inconscio collettivo maschile e prendiamo in considerazione le origini individuali di ogni singolo essere umano, quindi la sua esperienza neonatale, infantile e famigliare.  Dobbiamo osservare che la tanto amata mamma, a sua volta poeticamente e religiosamente idealizzata come sommo bene, è anche l’essere più temuto e anche reattivamente odiato. La cosa che ogni neonato sa nel suo istinto innato di sopravvivenza è che la mamma ha potere di vita e di morte su di lui; del resto non conosce l’esistenza di leggi e di un consorzio umano che obbligano la mamma o chi ne fa le veci a prendersi cura di lui o di lei. Il/la neonoto/a percepisce solo che ogni minimo indizio di abbandono materno può pregiudicare la sua vita e vive in una condizione di potenziale terrore che necessita di continue cure e rassicurazioni. In tal senso la figura della mammina si trasforma nel ‘mammone’ che in dialetto napoletano rappresenta un fantasma infantile quale orco o orchessa.  Anche fenomeni che il neonato registra a livello corporeo in senso piacevole e spiacevole sono riferite alla sua fusione con il materno, così tutto il bene o tutto il male dipendono da lei. Un mal di pancia viene percepito come una persecuzione materna, oppure uno stimolo di fame o di sete non subitaneamente soddisfatto sono interpretati come segnali di imminente pericolo abbandonico. In tal senso la Melanie Klein ha parlato di ‘seno buono’ e ‘seno cattivo’ come immagine schizo/paranoide che il neonato deve affrontare e i cui residui sono con molteplici modalità riscontrabili anche nell’inconscio adulto, e, come vedremo in un suo modo specifico nell’inconscio maschile. Anche lo stato d’animo della madre, qualora sia agitato o depresso, viene interpretato con forte disagio, rabbia frustrata e con atteggiamenti difensivi psicocorporei sin dall’età neonatale, la quale secondo la psicoanalisi, condizionerebbe fortemente lo sviluppo caratteriale dell’individuo e quindi le sue problematiche psichiche nella vita adulta (che andrebbero poi elaborate attraverso la psicoterapia o con altri percorsi decondizionanti e maturativi).

 

Fulvio Martini - vedi http://www.artmajeur.com/it/artist/fulvio

Fulvio Martini – vedi http://www.artmajeur.com/it/artist/fulvio

Ora, mentre la bambina intraprende il suo sviluppo identificandosi con il femminile materno, il maschietto acquisisce sempre più consapevolezza  del suo differenziale fallico, e quindi la sua diversità organica che viene poi incrementata psicoculturalmente attraverso ruoli e modelli di genere. Potremmo dire che la bambina per affrontare l’ambivalenza intrinseca nel materno, e della sua essenza archetipica di Grande Madre, deve fare un percorso psichico ed esistenziale di integrazione tra ciò che appare come positivo e negativo, affidabile e inaffidabile,  mentre il maschietto tende ad interiorizzare l’ambivalenza del materno biologico e archetipico dentro di sé e quindi come ‘mistero insolubile’ nella sua anima; quell’anima femminile nel maschile di cui abbiamo parlato all’inizio e che quindi tenderà a proiettare su tutte le donne.

Lo sviluppo psicosessuale maschile consiste in una maturazione della virilità psicoaffettiva, la quale invece tende regressivamente a restare legata ad una virilità fallico-narcisistica, cioè ad identificare la potenza virile con i genitali e con la capacità che si può avere attraverso di essi di soddisfare e conquistare le donne. Il processo di maturazione del maschile deve confrontarsi con diverse fasi ed esperienza iniziatiche, talvolta anche quella del ‘femminile negativo e abbandonico’, che lo costringe ad un’elaborazione nel bene e nel male del suo mondo interiore. Deve quindi comprendere che la relazione con il femminile si armonizza attraverso una elaborazione dell’ anima dentro di sé –  in tal modo la mascolinità si orienta verso il femminile in modo genitale e generativo e non più in modo fallocratico e regressivo (e quindi degenerativo). 

Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Edipo-e-la-Sfinge-part.-1808-25.

Jean-Auguste-Dominique-Ingres-Edipo-e-la-Sfinge-1808-25

Scissioni sessuo-affettive e infedeltà al maschile.

Come molti sanno il maschietto lotta con il padre, vissuto come un pericoloso rivale, per garantirsi il possesso dell’oggetto materno. Il maschietto viene allora pervaso da fantasie di vendette verso il padre e teme le sue reazioni punitive fino a temere di essere da lui evirato (complesso di castrazione). In tal modo elabora anche fantasie di complicità, di seduzione e anche di dominio sulla madre che viene considerata cattiva quanto più risulta in qualche modo preferire il padre. Da qui nasce anche una patologica lotta tra maschi per conquistare il femminile, con forme di gelosia più o meno paranoidee volte ad affermare la propria virilità sottomettendo le donne e anche i maschi con i quali sentono di contenderle. Parallelamente a tale affermazione paranoidea si sviluppano anche complessi di inferiorità e fantasie esibizionistiche e sado-masochistiche volte a recuperare la virilità in modo più o meno allucinatorio e masturbatorio (ne parleremo tra poco).

Ora consideriamo solo che alla base di certi disturbi non organici dell’erezione e del coito, così come anche del desiderio sessuale vi è un’ansia di castrazione edipica e un’idealizzazione incoscia del femminile sottesa da fantasie incestuose e da ulteriori ansie da prestazione. Il coito precoce esprime il bisogno di fare presto ‘prima di essere scoperti e quindi poi puniti dal padre. Ma è anche un modo di punire il femminile negandogli il piacere, in quanto in definitiva sarebbe colluso con l’autorità paterna interiorizzata come minaccia di castrazione.  Il coito ritardato con un’altra ‘sceneggiatura’ implica comunque un desiderio di punire il femminile negando la fusionalità orgasmica, trattenuta al fine di non perdere il controllo difensivo nei confronti di un fantasma paterno castrante che resterebbe sempre in agguato nell’inconscio.

Roberto-Dudine

Roberto-Dudine

Il calo del desiderio, e quindi la tendenza a strutturare relazioni asessuate con una compagna diventa poi una difesa estrema da ogni ansia da prestazione attraverso la castrazione del desiderio erotico femminile e la sua idealizzazione come madre sottomessa al tabù dell’incesto ed anche alla castità che dovrebbe essere preservata con il fantasma del padre, così come con qualunque uomo. Scindere il femminile tra sesso e sentimento è quindi la strategia patologica di base messa in atto dal maschile per difendersi da ansie complessuali ed ataviche. Talvolta la mancanza di desiderio sessuale è infatti relativa solo alla propria compagna, mentre nei confronti di prostitute o di amanti occasionali la sessualità, scissa dal sentimento, può funzionare. In certi casi il maschio pur lamentandosi e soffrendone, predilige come compagne affettive  donne che hanno inibizioni sessuali, quindi poco eccitabili e poco eccitanti, giacché ciò consenta poi di meglio effettuare la scissione difensiva tra sesso e sentimento. Paradossalmente si preferisce affettivamente la compagna poco sexy o tendenzialmente inibita e inibente in quanto la si considera più capace di legarsi entro una purezza amorosa di tipo materno e quindi giammai travolta da desideri libidici che potrebbero portarla al desiderio di altri uomini; in questi casi il fantasma paterno viene ulteriormente rimosso e si determina una sorta di unione incestuosa assessuata madre-figlio. Questi uomini poi si sentono eccitati da donne amanti o prostitute  con le quali appare impossibile costruire una relazione affettiva stabile o significativa. Tuttavia anche nel caso della donna prostituta è riscontrabile una fantasia materna, così come ha osservato Freud. Infatti così come la madre è posseduta dal padre, la prostituta è posseduta da tutti gli uomini i quali nel loro insieme rappresentano nell’inconscio il potenziale competitivo paterno da ribaltare, Il bambino desidera timorosamente la madre che è la donna di un altro senza poterla avere, allora soddisfa tale desiderio con le donne che più di tutte non si possono avere in quanto prostitute, cioè donne di tutti.

Manet-Olimpia

Manet-Olimpia

Come si vede le fantasie e le problematiche erotico-affettive maschili sono alquanto complesse e non possono ridursi all’immaginario pornografico o a considerazioni moralistiche, semplicistiche quanto fuorvianti. D’altra parte non possono neppure essere squadrate entro pregiudizi e dinamiche psicopatologiche, specialmente se mirano a condannare unilateralmente l’infedeltà maschile considerata solo come vigliacca e distruttiva. In senso archetipico la pulsionalità maschile è protesa ad amare e a fecondare più donne, per quanto la morale sessuale e famigliare non lo consenta. Ma è piuttosto normale che la fantasia erotica maschile sia volta alla promiscuità, alla fantasia dello harem, a liberare la sessualità senza più freni inibitori e senza il vincolo e la responsabilità di una relazione affettiva stabile e duratura. Dunque entro certi margini di tolleranza la sessualità maschile ha bisogno di esprimersi e di maturare senza sviluppare sensi di colpa e ansie di castrazione o abbandoniche rispetto ai fantasmi materni e paterni. Nel contesto di una relazione erotico-affettiva soddisfacente si genera un clima di complicità ove le fantasie di infedeltà maschili, cosi come quelle femminili possono essere elaborate e creativizzate eroticamente, in modo da non risultare demonizzanti e colpevolizzanti. E’ invece da considerarsi regressiva e degenerativa una cronica satiriasi, cioè una sorta di ninfomania maschile espressa con atteggiamenti e pratiche sessuomani, sia a livello masturbatorio e sia di continua ricerca di partner sessuali.