Essere indignati o essere depressi  

FAME ARTICOLOL’essere indignati in modo solidale, per le inaccettabili disuguaglianze ed ingiustizie del nostro tempo e della nostra specie, ha un suo valore terapeutico per se stessi e per gli altri.  Ciò  mi è stato ancora più chiaro grazie al ‘grandissimo libretto’  Indignez-vous  (Indignatevi, 2010) scritto da Stéphane Hessel,  un ‘grande vecchio’che ha saputo parlare ai giovani, un partigiano francese,  pensatore e divulgatore di valori umani di libertà e di giustizia – il quale, nel 2013 ha lasciato questo mondo con il corpo, ma  non con lo spirito e con l’anima.

Come psicoterapeuta mi sono reso conto che esprimere in qualche modo l’indignazione e la concreta solidarietà, fa bene, non solo ad altri, ma anche a se stessi, perché l’essere umano,  per preservare l’equilibrio interiore,  ha bisogno di esperire un senso d’amore collettivo e universale…  A volte ci si sente frustrati perché pur volendo non si sa cosa fare per esprimere la propria solidarietà e la propria indignazione. Si teme di restare inutilmente a parlare e a pensare laddodove  occorrerebbero ‘facta no verbam’. Allora si rinuncia anche a parlare e a riflettere, pensando che non ci si possa fare nulla.  Eppure non è così, informarsi,  approfondire, comunicare  è sempre più importante  per ‘prendere coscienza’ e contribuire affinché la coscienza individuale e sociale non venga egemonizzata da modelli dominanti uniformanti, unilaterali, normatizzanti e all’insegna di un unico “pensiero unico”.  I ‘social media’ hanno una loro importanza per ‘prendere coscienza’ e comunicare sulle questioni del mondo e della società –  e quindi non sono solo un passatempo o una opportunità di scambio culturale, non sono solo  ‘media intimi’, che riguardano la salute individuale, o la propria anima che però resta indifferente all’Anima mundi.

E’ fondamentale – anche per il proprio equilibrio interiore –  comprendere che molti mali del mondo non sono l’effetto della cattiveria umana in generale, ma del fatto che sono deliberatamente provocati affinché i grandi poteri economici finanziari e produttivi del mondo ne traggano vantaggi. E’ importante capire che ciò non genera solo orrori nei paesi più poveri, ma anche nelle nostre società opulente dove sempre più vasti strati della popolazione scivolano verso la povertà, e comunque perdono il loro diritto al lavoro, alla casa e a poter vivere dignitosamente.

Molti casi di depressione e di suicidio a causa della ‘crisi’ – che poi è occasione di guadagno e di potere per determinati ceti dominanti –  dipendono dalla desolazione psicologica di chi vede intorno a sé la tendenza a vivere nell’indifferenza e nell’ignavia. Tuttavia l’abbattimento diventa tanto più depressivo e patologico quanto più una persona non si indigna e quindi non lotta per i suoi diritti, e non soltanto per i suoi propri diritti, ma in uno spirito di solidarietà con altri che parimenti subiscono ingiustizie e soprusi.

Il fatto che i mass media parlino a tambur battente della crisi e della disperazione nel mondo sembra quasi voler svolgere una funzione depressogena, per abbattere le coscienze, e non per sollecitare una partecipazione affinché vengano individuate le possibili soluzioni. Queste soluzioni per quanto complesse ci sono, ma metterebbero in difficoltà i trafficanti di armi, molti speculatori finanziari, e un sistema produttivo che si fonda sullo sfruttamento di mano d’opera e delle risorse energetiche  a basso costo, e che in questa logica intende la globalizzazione (a costo di guerre mascherate dai soliti pretesti di pace, di difesa  e di democrazia, e persino di alleanze con dittature che finanziano il terrorismo internazionale).  Ecco che se ci si permette di fare questi ragionamenti si rischia di essere accusati di ‘complottismo’. Bisognerebbe allora addomesticarsi ad accettare l’informazione superficiale, manipolatoria e di parte di coloro che in effetti ‘complottano’ affinché non vi sia una presa di coscienza collettiva.

Ma la depressione, l’ansia, le disfunzioni narcisistiche e borderline, traggono origine non solo dall’infanzia, dalla famiglia, dagli amori delusi, ma anche dalle malattie e dai mali della società e del mondo. Se  non ci si cura del mondo, non ci si cura neppure di aspetti profondi di se stessi e si diventa più esposti al malessere interiore, per quanto lo si possa verniciare di narcisistica indifferenza, e quindi di ‘non essere’.

Mali del mondo e mali personali

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Dagli scritti dello psicoanalista James Hillman – fondatore della ‘psicologia archetipica’ in continuità con il pensiero di Carl Gustav Jung – i nostri problemi psicologici, le nostre malattie mentali, non sono solo una questione individuale e non è quindi sufficiente una terapia che non tenga conto del contesto psicoculturale in cui viviamo. Il nostro malessere psicologico è dovuto anche alle idee malate che circolano intorno e dentro di noi, soprattutto qualora non ce ne rendiamo conto, e ne siamo allora tanto più condizionati. Viviamo in un mondo psicopatologico, governato da ‘idee malate’ che si impossessano di gruppi di persone che impongono queste malattie al mondo. E’ così che si instaurano forme di governo  prepotenti maligne e vampirizzanti, cioè tirannie che possono agire nell’ombra, attraverso la manipolazione, attraverso la diffusione di idee malate che si impossessano anche dei loro sudditi, i quali in tal modo vengono controllati e schiavizzati a partire dal loro inconscio, dai loro stessi pensieri che in realtà non sono i ‘loro’, ma sono indotti come un’infezione, come un’epidemia silente.

Nell’antica medicina cinese, ma anche in quella ippocratica , gli organi del corpo che sono considerati in modo psicosomatico, cioè in modo olistico rispetto alla mente e all’anima, hanno una precisa analogia con le forme di governo della società, e quindi le malattie e le disfunzioni sociali hanno un loro correlato leggibile nelle malattie dei corpi e delle menti. Le arti della politica, come cura della ‘salute pubblica’, e della terapia come cura della ‘salute privata’ sono per diversi aspetti, non soltanto due metafore parallele, ma due piani che si intersecano interagenti.

Quanto più non siamo in grado di vedere con empatia, ragionevolezza e compassione  le malattie sociali e del pianeta, tanto più la nostra psiche patisce e si ammala per mancanza di spirito, l’energia vitale si vizia e si indebolisce, ed anche la nostra salute psicosomatica diventa più fragile. Ciò che non turba la coscienza, magari assuefatta ad accettare un mondo malatissimo, rimuovendolo dalle proprie preoccupazioni, girandosi dall’altra parte come qualcosa che tanto non si può affrontare se non ricavandone qualcosa per se stessi, tanto più l’inconscio viene turbato, in quanto in esso vi è una carica archetipica ed istintiva che ha bisogno di uscire dall’egoismo e di tutelare non solo la propria individualità, ma la specie animale e la natura alla quale appartiene. Se la specie è malata, la natura è malata, anche l’individuo nel suo inconscio si ammala, e queste malattie si manifestano nella forma di disturbi e disfunzioni individuali – ansie, depressioni, bipolarismi, ossessioni e manie – che per essere curate necessitano di una consapevolezza che non riguarda solo la vita personale, ma anche quella della società e del mondo in cui viviamo. Si tratta di una consapevolezza del proprio ‘essere nel mondo’ , del proprio Sé, che non è solo il proprio Io, ma è una funzione che rende la soggettività come partecipe dell’Universo, e la rende quindi ‘spirituale’ oltre che ‘ragionevole’. L’anima per essere curata, per nutrirsi ha bisogno di ‘spirito e ragione’, e quindi di una visione di se stessi che non viene marginalizzata e deformata all’’ombra delle maggioranze silenziose’ che spingono a rifugiarsi nella soluzione dei propri problemi, o in un ‘conosci te stesso’, pseudo ascetico, che rinuncia a capire il mondo in cui si vive e ‘lo spirito del mondo’ in nome di una consapevolezza interiore depurata dalla ‘mondanità’. In realtà il mondo esteriore è anche dentro al mondo interiore e le condiziona nascondere la sua virulenza rispetto ad un’analisi, una diagnosi ed una terapia che dovrebbero invece impegnarsi ad una ‘cura di sé’, contestualmente ad una ‘cura della collettività’, e quindi della società e della cultura.

Schizofrenia dei massmedia ed emozioni disturbate

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Fino a che punto i nostri problemi sono proprio i ‘nostri’? E fino a che punto si sono infiltrati in noi da idee, credenze e convinzioni ‘schizoidi’,  che ci sono inoculate dalla cultura, dalla pubblicità, ad esempio, o da una manipolazione disinformativa rispetto al mondo in cui viviamo? Se consideriamo che eminenti studiosi, accettando in modo più o meno complice o collusivo, di dedicarsi a sofisticate teorie e analisi di marketing che oggi le marche – brands – sono considerabili come “persone”, si può meglio comprendere come mai le persone si sentano marche, e come mai il loro problemi di narcisismo patologico o di ferita narcisistica siano leggibili anche come difficoltà a vendersi o a dominare il ‘mercato delle anime’. In ciò viene snaturata anche il potenziale trasformativo, conoscitivo e solidale dei social network che inconsciamente diventano vetrine, più o meno di successo, o più o meno fallimentari, per competere e vendere la propria ‘merce’, cioè se stessi (spesso anche con vere e proprie manovre di falsificazione, edulcorazione e spionaggio industriale che finiscono con il rovinare la privacy e i sentimenti di se stessi e degli altri).

Come può  il nostro sistema emotivo non reagire ‘male’ alla schizofrenia di messaggi di Tv e giornali e altri media che, da una parte inneggiano al godimento di un benessere ideale e materiale, al ‘paradisiaco cabaret dei consumi’, e da un’altra parte ci mostrano delitti, atrocità, ingiustizie, miseria, morte e mortificazioni della vita umana e dell’ambiente? Su una doppia pagina di una rivista o di un giornale, o tra uno spot televisivo e un telegiornale, siamo incalzati da un continuo bipolarismo mediatico che sottopone il nostro sistema psicoemotivo a continui sbalzi umorali disforici ed euforici, come mai poteva avvenire in epoche precedenti. E allora perché non vedere, ad esempio, un’ inquietante ‘convergenza parallela’ tra il dilagare dell’anoressia mentale nelle società ‘opulente’ e la fame e la miseria di massa? Forse che l’inconscio di alcune persone reagisca rifiutando il cibo, e quindi la materia, in quanto ha un bisogno di spirito che viene mortificato e violentato, non solo a causa di una condizione di incomprensione famigliare e relazionale, ma da  ragioni economiche volte ad un’efficienza consumistica e che resta indifferente alla morte per guerra e per fame? Non basta dare la colpa all’Isis, a questa o a quella potenza, bisogna prendere atto che i messaggi dei massmedia sono manipolatori similmente a quelli che si diffondono nelle propagande di guerra. Le tragedie umane sono dovute al mantenimento di prepotenti interessi economico-politici che competono, ma anche se la intendono per spartirsi il mondo a livello globale. Se ciò non viene compreso, e quindi non suscita indignazione e solidarietà, l’inconscio reagisce in modo disfunzionale: o verso l’egoismo narcisistico, che è a sua volta prepotente e mistificatore, o verso sindromi ansioso-depressive, ed anche ‘sindromi marginali’ e ‘disturbi bipolari’ che vanno a compromettere gli istinti, i sentimenti, i pensieri e le relazioni personali e sociali.