Carl Gustav Jung si è dedicato profondamente allo studio e alla sperimentazione dei cosiddetti “fenomeni occulti” e quindi anche al valore premonitorio dei sogni e di tec­niche oracolari (come ad esempio l’I Ging di cui scrisse la prefazione per la versione occidentale nel 1923, ma anche i tarocchi, l’astrologia e altre tecniche manti­che). Come funzionano ‘realmente’ queste forme o attitudini di superare le categorie di spazio e di tempo, e quindi di conoscere il passato e il futuro?

Jung – sin dalla sua tesi di laurea (pubblicata in Psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti, 1902) e poi attraverso un’imponente serie di scritti  (fino all’ultima sua opera divulgativa  L’uomo e i suoi simboli, 1961) – investiga il rapporto liminale che sussiste tra materia e spirito, in quanto è su tale limine che si colloca la psiche. Ciò comporta che uno studio della psiche non può avvalersi soltanto di una concezione scientifica positivista, basata su dati e metodologie empiriche, quindi sperimentalmente dimostrabili e quantificabili, in quanto la psiche è per sua natura trascendente, cioè è una realtà che transfonde e connnette, nell’umana esperienza, i mondi della materiale e dello spirito.

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Jung arriva ad ipotizzare l’esistenza di una realtà transpsichica (inconscio collettivo che sovradetermina l’inconscio individuale) in cui la legge di causalità perde la sua validità generale. Ciò che la coscienza vive come pas­sato, presente e futuro nell’inconscio si relativizza per diventare aspaziale e atemporale; in tal senso il sogno e la visione possono nel loro linguaggio simbolico avere una capacità premonitrice. Per dimostrare una simile ca­pacità della psiche umana è necessario teorizzare l’esi­stenza di coincidenze di eventi che accadono sincronicamente in modo acausale, cioè senza una logica spaziotempo­rale di causa-effetto. Ciò va contro il principio  generale di causalilità che da Cartesio in poi informa tutto il pen­siero scientifico.

Dice Jung:

“Io impiego […] il concetto generale di sincronicità nell’accezione speciale di coincidenza temporale di due o più eventi non legati da un rapporto causale, che hanno uno stesso o un analogo contenuto significativo”
(Jung, C. G., 1976, p. 471)

Si sta dunque parlando di due ‘fatti’ che hanno una particolare valenza di significato che accadono insieme, ma per sincronicità e quindi non per caso. Può trattarsi però anche di forme di ‘telepatia’, per cui due persone distanti si pensano nello stesso momento, o anche si incontrano in seguito ad una serie di coincidenze. Però può anche capitare che nella mente si formino visioni o idee coincidenti con fatti avvenuti nel passato, dei quali si coscientemente ignari, o che accadranno nel futuro – forme di preveggenza. La sincronicità dunque può essere intesa anche come due eventi fisici e /o mentali che si connettono anche se non appartengono alla medesima dimensione spazio-temporale.

Tutte queste possibilità in genere sono considerate di ordine esoterico e non possono essere sperimentate dalla nostra scienza, la quale per dimostrare ‘la verità’ ha bisogno di verificare in laboratorio, secondo parametri e condizioni riproponibili, gli effetti della combinazione di diverse variabili. Se date le stesse variabili, gli effetti corrispondono, allora si verifica un principio di causa effetto che, con le dovute eventuali eccezioni, è in linea di massima sempre valido. Quindi fenomeni che pure sono tra loro legati significativamente, ma il cui nesso non è dimostrabile in termini di causa-effetto sono considerati casuali, sotto la categoria del fato.

Eppure nel fato potrebbero esserci motivazioni più profonde del ‘caso’, specialmente quando esso è con tutta evidenza portatore di uno psichismo fortemente significativo o, comunque, di eventi che condizionano in modo importante la nostra vita. Ad esempio cosa c’è dietro al caso che ci fa incontrare la persona della quale ci innamoriamo? oppure quali sono le ragioni per cui sogniamo o pensiamo qualcosa che poi accade? O, ancora, i motivi per i quali presentiamo qualcosa, senza che riusciamo ad individuare un perché evidente? Si tratta di intuizioni cioè di connessioni significative dovute a qualcosa che non possiamo spiegarci nei termini del principio di causa ed effetto e dobbiamo quindi fidarci di un’idea di ‘fortuna’ o di ‘sfortuna’, di una qualche misteriosa capacità di ‘indovinare’. Certo non possiamo credere in modo primitivo ad una sorta di ‘magia’, ma al fine abdichiamo ad una spiegazione non scientifica che, come volevano i greci, riguarda il fato, il cui ‘perché’ non era individuabile neppure dagli Dei.

Jung arriva ad ipotizzare un ‘perché’ di certi fenomeni non causali, ma significativamente coincidenti e sincronici, in quanto considera che la psiche individuale è immersa in una psiche che è ’collettiva’, cioè che connette tutti gli esseri umani, al di là dello spazio e del tempo, in un campo energetico sovrapersonale e transpersonale. D’altra parte questo concetto è insito anche nell’istinto in quanto attitudine a comportarsi insita in modi alquanto simili in tutti gli animali, e perciò anche negli esseri umani. Tuttavia l’istinto predispone a variabili piuttosto meccaniche, quali il sesso, la fame, la ricerca di sicurezza, mentre gli umani hanno predisposizioni più complesse che secondo Jung sono di ordine archetipico. Gli archetipi sono le disposizioni iniziali che danno luogo alle forme della mente umana che sono con tutta evidenza assai più significative ed elaborate rispetto a quelle puramente istintuali e animali. E’ archetipica, ad esempio la disposizione a ricercare una relazione con forze spirituali e quindi ad avere una visione e un’esperienza del mondo non solo materiale. A prescindere dal senso meramente religioso, l’essere umano, anche se ateo, vive di relazioni, sentimenti, principi che hanno una carattere valoriale non strettamente istintuale. Le disposizioni archetipiche possono spingere al bene e al male gli umani,  in un modo che il solo istinto  animale non potrebbe fare. Anche il modo di osservare e di impiegare la natura, e quindi di sviluppare progresso tecnologico si basa su capacità specie-specifiche insite nell’esperienza umana ed , in tal senso, archetipiche. Inoltre i legami relazionali e affettivi nella specie umana hanno un valore universale, ma anche una dimensione trascendente rispetto a quanto deriverebbe da una motivazione inerente  i soli bisogni fisici. I rapporti d’amore, di parentela, di ruolo sociale, i valori identitari,  pur essendo ‘relativamente’ diversi nelle diverse culture e nelle persone hanno una comune radice. Questa comune radice è archetipica, cioè dispone l’inconscio collettivo a certi comportamenti che , per quanto variabili, accomunano tutti i soggetti in un medesimo campo energetico che è appunto l’inconscio collettivo.  L’essere umano per natura, sarebbe intriso si una disposizione alla cultura, e quindi della capacità di elaborare e trasmettere significati. La via di trasmissione di tali significati è però ‘simbolica’, cioè non è attinente ad una realtà puramente materiale, soggetta alle leggi fisiche, del tempo e dello spazio e del principio di causa-effetto, ma ad una realtà psichica, immateriale e quindi anche spirituale o metafisica, ma pur sempre reale come fenomeno psichico esistente nella mente umana e che ha anche un suo correlato fisiologico nel sistema nervoso.

In ogni essere umano sono perciò attivi gli archetipi, i quali, seppure in modo soggettivo configurano le possibilità individuali di essere, di pensare e di fare, di provare emozioni e sentimenti, di esercitare congetture e di proporre idee, così come anche di avere visioni e percezioni di carattere ‘extrasensoriale’ (non afferibili a spiegazioni di tipo deterministico, ma che, cionondimeno sono determinanti nel destino della vita umana). Date queste riflessioni, appena accennate, possiamo meglio comprendere l’ipotesi di fondo sulla quale posa il concetto di sincronicità, col coincidere in vari modi  di eventi e fenomeni indipendentemente dal tempo e dallo spazio e da un principo di causalità.

La acausalità avrebbe una sua fonda­tezza concettuale, anche nel parallelo con le scoperte della fisica atomica mo­derna che relativizza la causalità del continuum spazio-temporale; come Jung fa notare grazie alla collaborazione con  Wolfgang Pauli, fisico austriaco premio Nobel nel 1945 – il quale  fu anche suo paziente. (Su questi aspetti si veda ad esempio F. Capra Il tao della fisica, 1975).

Nel 1952 Jung e Pauli pubblicarono due saggi in un medesimo volume. Pauli applicava il concetto di archetipo nel campo delle scoperte scientifiche di Keplero, e Jung intitolava il proprio “Sincronicità come Principio di nessi acausali”.

In questo libro Jung scrive:

Per citare un esempio fra molti, ho annotato il caso seguente in data 1^ aprile 1949.

Oggi è venerdì, Abbiamo pesce a pranzo. Tutti ricordano en passant l’uso del ‘pesce d’aprile’. Nel corso della mattina avevo notato una iscrizione; ‘Est homo totus medius piscis ab imo’. Al pomeriggio una ex paziente che non vedevo da mesi mi mostra alcuni quadri singolarmente suggestivi di pesci, che ha dipinto nel frattempo. Alla sera mi mostrano un ricamo che rappresenta mostri marini in forma di pesce. Il 2 aprile, al mattino presto, una ex paziente che non vedevo da parecchi anni mi racconta un sogno nel quale, trovandosi sulla sponda di un lago, scorge un grosso pesce che nuota decisamente alla sua volta e ‘approda’, per così dire ai suoi piedi. In questo periodo sono occupato da una ricerca che ha per tema il simbolo storico del pesce. Solo una delle persone sopra citate lo sa.

E’ ovvio il sospetto che in questo caso possa trattarsi di una coincidenza significa­tiva, di un rapporto acausale. Devo ammettere che questa concentrazione mi ha impressionato. Essa aveva per me un certo carattere numinoso. In casi del genere si dice notoriamente: ‘non può essere un puro caso!’ e non si sa cosa si dice parlando così […] Per completare quanto ho detto vorrei ricordare che scrivevo queste righe stando in riva al lago di Zurigo. Quando ebbi terminato la frase, feci qualche passo sul muro che co­steggia il lago: sul muro c’era un pesce, morto e apparentemente intatto, lungo circa 30 cm. La sera prima non c’era nessun pesce in quello stesso punto (è probabile che fosse stato tirato fuori dall’acqua da un uccello rapace o da un gatto). Quel pesce era il settimo della serie“.

Evidentemente, Jung essendo un grande studioso del mondo interiore era particolarmente attento ad osservare tutto ciò che aveva su di esso un effetto particolare, che fosse capace di stimolarlo. In tal senso tutti possiamo osservare che le coincidenze significative, a volte sono così suggestive e straordinarie che evocano un senso magico della realtà, come un appuntamento spazio-temporale tra sfere di materia e di spirito che avviene per motivi a-razionali, ma comunque per dei motivi suoi propri, in base a leggi trascendenti.

Nella letteratura junghiana vi è dunque molto materiale per chi volesse approfondire le ragioni scientifiche di ciò che generalmente viene considerato come una pura coincidenza. Jung osservò con teorie, dati empirici e sperimentali che quanto più una coincidenza è sorprendente ed eccezionale, essa non consiste in un evento semplicemente casuale, in essa vi è un fenomeno di sincronicità  spazio-temporale tra energie fisiche – della materia – e psichiche – dello spirto. Si tratta di una concezione necessariamente pseudoscientifica, in quanto si colloca al limite tra le scienze esatte e quelle umane, e investe una dimensione di trascendenza tra materia e spirito, Jung ha investigato molti fenomeni ‘paranormali’ ed ha osservato la struttura della psiche e i suoi aspetti psicopatologici. Queste concezioni  hanno come presupposto teoretico ed empirico la  scoperta dell’’inconscio collettivo’ e quindi degli archetipi che lo compongono intesi come pattern attivi in base ai quali pensieri e comportamenti degli individui hanno una radice archetipa ascrivibile a ‘flussi energetici’ di carattere sovrapersonale.

Talvolta Jung ha cercato di dimostrare sperimentalmente le capacità percettive e sensoriali della psiche secondo modalità non afferibili ai principi di causa effetto, come la capacità di indovinare. Ad esempio chiedendo ad un vasto gruppo di persone di indovinare la carata che veniva girata da un mazzo di carte, si è potuta verificare una capacità di indovinare la carta in modo statisticamente significativo. Jung ha poi individuato statisticamente una significatività statistica tra certe concezioni astrologiche e certe modalità che favoriscono la formazione di relazioni di coppia. Ma è soprattutto attraverso l’osservazione della clinica, cioè di situazioni soggettive uniche e irripetibili del lavoro analitico con i pazienti che Jung ha constatato per esperienza – e non per esperimento – una dimensione di coincidenze significative nelle fantasie, nei pensieri, nei comportamenti, negli eventi e in modo assai specifico nei sogni. Addirittura il metodo junghiano per l’interpretazioni dei sogni è ‘costruttivo’ cioè è rivolto più a svelare il futuro, a fornire un orientamento e un pronostico in divenire, che non ha una riemersione del passato, come voleva Freud che lo fa risalire a desideri e complessi infantili.

Dice Jung: “[…] dobbiamo prendere in considerazione il fatto che in sogno ricorrono spesso elementi non individuali e non ricavabili dall’esperienza personale del sognante. Tali elementi, come ho indicato precedentemente, sono quelli che Freud chiamava “resti arcaici”, cioè forme mentali la cui presenza non può essere spiegata da alcun elemento della vita individuale del paziente e che si rivelano come dati primordiali, innati ed ereditati della mente umana” (Jung, 1928c, p. 51).

E poi ancora Jung:

Per l’atteggiamento dello spirito moderno riesce difficile concepire come un dio esistente al di fuori di noi provochi il sogno, o che il sogno, profetico, predica il futuro. Ora, se noi proviamo a tradurre tutto ciò in linguaggio psicologico, l’antica concezione suona già molto più chiara e cioè: il sogno proviene da una parte dell’anima a noi sconosciuta e si occupa della preparazione dell’indomani e dei suoi avvenimenti. Secondo l’antica credenza , la divinità o il demone parla nel sonno in linguaggio simbolico e l’interprete deve trovare la soluzione dell’enigma. Ciò vuol dire, tradotto in linguaggio moderno che il sogno consiste in una serie di immagini, in apparenza contraddittorie e assurde. Ma contiene un patrimonio di idee che, tradotto, ha un chiaro significato.
( Jung , Opere, vol.V, pag,21)

Lo spirito, detto con il linguaggio psicologico junghiano può riferirsi alla sua presenza negli archetipi, dei quali abbiamo fatto cenno e, quindi alla lora capacità sovraconscia di imprimere alla psiche una certa sensibilità per lo sviluppo di fenomeni di sincronicità e di trascendenza, al limite tra mondo materiale e mondo spirituale, tra Res extensa e Res cogitans.

Per far comprendere come si manifesti la sincronicità nella pratica clinica Jung racconta di una seduta di analisi durante la quale una paziente parlava di un sogno ove si era presentata una ‘cetonia aurata’, un colorato calabrone assai raro dove lui viveva e lavorava in Svizzera. Dopo pochi istanti il calabrone, quello vero, prese a picchiettare sui vetri della finestra dello studio… Assai noti sono  racconti di certe sincronicità durante la sua collaborazione con Freud. Una volta ad esempio si udirono rumori particolari in un determinato momento della conversazione, un’altra volta Freud si sentì male in seguito all’esposizione di un sogno che lo riguardava…. Quando Jung morì, a Küsnacht il 6 giugno del 1961, un fulmine a ciel sereno spaccò in due una grande quercia nel giardino di casa.

A ciascuno di noi capitano significative esperienze di sincronicità. Per chi fa un ‘lavoro’ più denso di psichicità, come lo psicoterapeuta, il medico, l’insegnante, l’attore, il musicista, l’artista, il prete, è in genere più facile imbattersi in fenomeni d sincronicità, nel senso di riconoscerli e soffermarsi su di essi con maggiore attenzione. Ma ciò avviene per chiunque si trovi in uno stato di psichismo più accentuato, come quando si è in una fase di innamoramento, di malattia, di trasformazione nella vita lavorativa,  sociale, nello studio approfondito, durante viaggi aventi un senso profondo, nell’intenso contatto con la natura e, certamente, durante un’esperienza religios o di ricerca spirituale. Recentemente sono rimasto stupito quando nel ritorno dalla Corsica con il traghetto, dopo poco che ero sbarcato a Pisa, mi hanno telefonato due persone di Pisa per chiedermi un colloquio di psicoterapia, le quali non sapevano assolutamente che io fossi lì (una delle due non era mai stata mia paziente). Coincidenze, telepatie e connessioni spiegabili solo in termini di sincronicità capitano molto spesso con i pazienti, e dal momento che si tratta di eventi significativi che segnano la via di trasformazioni psicologiche importanti, relegarle all’ordine del caso mi sembra una spiegazione semplicistica e riduttiva. Intendo dire che nel mio lavoro, ma anche nella vita di tutti, attraverso l’esperienza abbiamo evidenza che certe situazioni per la loro tempistica e significatività, per quanto non siano state programmate e concertate, non accadono per caso…

Jung si rese conto di certi fenomeni significativi di sincronicità, di preveggenza e di accesso ad un ‘altra realtà’, non mondana, ma comunque psichicamente reale, anche quando gli capitò di andare in coma in seguito ad un infarto cardiaco. Fondamentale fu la sua ricerca attraverso il LIBRO ROSSO un’opera verbovisiva pubblicata solo recentemente nella quale poté esperire una sincronicità visionaria tra i simboli, le raffigurazioni e gli scritti da lui prodotti, le sue fantasie personali consce e inconsce, e le configurazioni archetipiche della psiche.

Jung poi esplorò gli archetipi dal punto di vista mitico e antropologico, individuando tratti comuni a tutte le culture d’origine riferibili ad esperienze primordiali costituenti la psiche collettiva, quali la nascita e la morte, il sole, la notte, i fenomeni naturali ecc. Il ripetersi di certi eventi e certe esperienze dalla notte dei tempi avrebbe dato luogo ad una psiche umana che non è soggiacente al solo istinto, ma anche agli archetipi. Sulla base di questi studi Jung individuò alcuni archetipi specifici, evidenziabili nei sogni, così come anche in antiche culture che i sognatori non potevano conoscere. In tal modo si poteva dimostrare che nella psiche vi era una sorta di conoscenza pregressa innata, comune a tutti gli esseri umani, una sorta di ‘matrice iniziale’ (questo è il significato etimologico di ‘archetipo’) che può dare luogo a forme e a immagini assai diverse a seconda delle persone, delle culture e dei tempi storici, ma inerenti alle stesse significazioni simboliche.

Gli archetipi junghiani più comunemente noti sono denominati con figure pseudo-mitologiche al fine di dare una prima indicazione sul loro carattere costitutivo e costituente: Il SE’, l’archetipo della centralità, Il PUER, degli aspetti infantili, creativi e salvifici del mondo interiore, il SENEX (O Vecchio Saggio) che riguarda la capacità di ponderare razionalmente, ma anche di fantasticare, la GRANDE MADRE che  dà il senso della fusionalità universale, l’OMBRA che è il lato oscuro e più ignoto dell’inconscio che contiene però importanti elementi di conoscenza, la PERSONA che è la maschera dell’Io afferente al ruolo e all’identità sociale,  L’ANIMA/ANIMUS che riguarda gli aspetti psichici controsessuali, cioè il femminile nell’uomo e il maschile nella donna. Ciascuno di questi archetipi è presente nella psiche di ogni essere umano, così come analogicamente nel corpo di ogni essere umano ci sono determinati organi. A seconda della condizione degli organi del corpo o della psiche (gli archetipi) si può leggere una determinata costituzione individuale, le sue potenzialità e le sue disfunzionalità.

Per quanto concerne i fenomeni di sincronicità e quindi le esperienze di carattere trascendente e transpersonale dobbiamo quindi considerare che gli archetipi che si esprimono nella psiche individuali sono radicati nella psiche collettiva e sono quindi sovrapersonali. In tal senso gli archetipi sono considerabili come un substrato psichico che consente il manifestarsi di fenomeni non legati alle leggi di causa-effetto e al campo delle leggi spazio-temporali che goveranano la materia. Cioè alla sincronicità e a connessioni che riguardano la precognizione, la visione, l’empatie e tutte quelle esperienze che altrimenti troverebbero una loro spiegazione soltatnto in termini puramente metafisici. Diciamo invece che le nozioni di archetipo, inconscio collettivo, trascendenza, transpersonalità, sincronicità conferiscono alla psicologia uno statuto pseudoscientifico in quanto collocano la psiche tra materia e spirito.

Gli archetipi quali formanti dell’inconscio collettivo consentirebbero alla psiche individuale di registrare coincidenze significative acausali, così come di produrle attraverso sogni e comportamenti che sono generati inconsciamente, ma che comunque sono destinati a produrre senso, trasformazione, esperienza.

Questa destinalità insita nell’archetipo, cioè la sua capacità di segnare, o indicare lo scandirsi di un destino, di un fine, di un telos, quasi come fosse scritto a priori, presumono che la psiche abbia per sua natura una componente finalistica, un suo movimento rivolto ad un compimento

Dice Jung:
La causalità è solo un principio, e la psicologia non può venire esaurita soltanto con metodi causali, perché lo spirito
(=la psiche) vive ugualmente di fini
(Jung, C. G., 1976, p. 476).

Se dunque nella psiche vi sono archetipi in quanto matrici iniziali che dispongono in modo innato a pensare e ad agire, vi sarrebbe in essi anche un fine, ed in tal senso essi potrebbero essere chiamati anche TELETIPI (termine che qui conia chi scrive, derivabile da télos = fine e tipo = impronta)  cioè fattori che orientano ad una finalità, ad un ‘senso ultimo’. Il ‘senso ultimo’ della natura umana dovrebbe essere, ed anzi, di fatto è, quello di trasformare la materia in coscienza, quindi in psiche, la quale è però connaturata archetipicamente in una trasformazione trascendente della materia. Gli esseri umani cibandosi, riproducendosi, agendo sulla e nella natura, trasformano evolutivamente se stessi e a ‘tal fine’ devono sviluppare una consapevolezza psichica. Ma si tratta di una consapevolezza che, come abbiamo detto, non può avvenire per una via puramente logico-intellettiva, giacché essa riguarda una congiunzione tra spirito e materia, tra la vita del corpo e quella dell’anima vitale.

Nella mia pratica analitica ho avuto esperienza empirica di quanto sia importante poter condividere con i pazienti una consapevolezza simbolica di coniugazione tra realtà interiore ed esteriore. In particolare l’analisi dei sogni e le pratiche di immaginazione attiva consentono di acquisire coscienze del funzionamento trascendente del mondo psichico. L’artista, il musicista, l’attore sanno come sia importante l’ispirazione e la performatività guidata da un loro particolare demone o angelo che fa da guida sovraconscia, che congiunge la loro espressione personale ad un campo di significazioni e di energie sovrapersonale.

Libro_LaSacraCanoaNella mia esperienza ‘parateatrale’ con Rena Mirecka maestra del Teatr Laboratorium fondato da Jerzy Grotowsi in Polonia – per quasi 20 anni – ho potuto verificare su me stesso e con altri compagni di esperienza, certi fenomeni di sincronicità e di trascendenza attraverso azioni rituali e improvvisazioni spontanee, che venivano però agite sulla base di una sorta di partitura inconscia. Grotowski ha parlato di ‘oggettività del rituale’ per indicare come in determinate condizioni un gruppo di persone può esprimere azioni simbolico-rituali in sincronicità, senza che vi sia stato un precedente accordo attraverso un copione, ma sulla base di una ‘high connection’ cioè ad una verticalità e a un centro psicomateriale intorno al quale si armonizzano le azioni – tra spontaneità e rito.   Grotowski per far capire un po’ meglio fa l’esempio del Jazz dove i musicisti si ‘capiscono’ tra di loro senza spartito, come se avessero un comune spirito guida… Lo stesso fenomeno di ‘oggettività del rituale’ può avvenire in una danza o in un canto dove si percepisce uno spirito guida comune.

Jung distingue la sincronicità dal sincronismo, come quello di due ballerini che sono d’accordo su come danzare a tempo, in quanto la sincronicità è un fenomeno che viene generato spontaneamente dalla psiche attraverso il manifestarsi di una sorta di spirito guida archetipico. Si tratta di uno spirito che indica un inizio ed un fine, due polarità che segnano il cammino delle fondamentali tappe ed esperienze della vita. E’ importante vivere in sintonia con questo inizio e con questo fine che è espresso dalla natura archetipica della psiche collettiva, nella quale è immersa la psiche individuale, sicché ciascuno non è solo, ma è connesso con una dimensione universale… è importante perché quando si perde tale connessione, la propria ‘barca’ perde più facilmente la rotta e può farsi trascinare dalle correnti negative. Personalmente come psicoterapeuta ho compreso che è importante aiutare le persone affinché con i loro propri mezzi e attitudini ritrovino la connessione con il loro spirito guida, ed ho notato che quando avvengono nella loro vita fenomeni di sincronicità, anche non proprio importanti, ma curiosi e particolari, è segno che la psiche si sta armonizzando sincronicamente con lo ‘spirito guida’… Gli archetipi, nella psiche individuale generano una loro configurazione specifica di ogni soggetto, che Jung chiama ‘complesso’ o ‘costellazione’. Secondo Jung lo spirito guida è nell’archetipo del Sé, che si pone in una posizione centrale tra l’Io in quanto EGO e l’universo, la collettività, l’’alterità. E’ il Sé che ci fa sentire di essere parte del tutto, e ciò ci dà più fiducia e sicurezza. Se ci si ferma all’Ego si diventa egoisti e si limita la propria capacità di vivere la vita con una autentica relazione con il mondo, non alienata e non castrata. La conoscenza del Sé è come il viaggio verso l’orizzonte, non ha mai fine, ma è il fine che dà senso alla vita, e quindi dà anche la forza, il coraggio, l’amore…

In tal senso Jung sottolinea l’importanza di sviluppare attraverso l’esperienza una conoscenza simbolica delle vie che portano al Sé (la parte centrale della conoscenza di se stessi) , e quindi di esplorare le arti, le religioni, i miti, i sogni, l’immaginazione con un’attenzione trascendente, aperta all’inconoscibile, che non abbia paura di esso e che quindi non cada nel misoneismo’ – che è appunto la paura degli ignoto con la conseguente sua riduzione a cosa inspiegabile e perciò inesistente, in quanto favola, credenza, superstizione. Eppure se analizziamo le motivazioni psichiche che hanno animato le scelte di vita ragionevolissime di uno scienziato, di un soldato, di un avvocato, o di chiunque che abbia determinato la sua esistenza sulla base di una consapevolezza puramente e pienamente razionale, scopriamo che alla base vi sono fatti psichici intrisi di sincronicità, di coincidenze e di destini, che nel loro inizi e nel loro fine, non possono liquidarsi come solamente casuali e fatalistiche. Se poi chiediamo alla scienza da dove viene la vita, cosa siamo noi, se la realtà che vediamo è così come appare o cosa sia davvero la materia, o l’energia, la scienza stessa onestamente deve fare una pausa di riflessione, non può pronunciarsi, deve rimandare la risposta ad ulteriori studi, oppure come ha spiegato il filosofo della scienza Karl Popper deve rinviare ad un sistema di continua “falsificabilità”, ovvero non deve tentare di dimostrare una verità quanto di annullare la verità precedentemente dimostrata. La scienza è dunque consapevole di non poter individuare una verità data una volta per tutte, assoluta, ma che essa è in continua revisione. In tal senso più la scienza si evolve e più si rende consapevole del mistero, così che esso acquisisce una sua oggettività che richiede altre modalità di comprensione ed esperienza non scientifiche o pseudoscientifiche.

L’assunto per cui “Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità” (Democrito) è stato elaborato  J. Monod, Nobel 1965 per la medicina, nel celebre Il caso e la necessità (1970). Lo studioso evidenzia di come il DNA dei primi organismi viventi sia frutto di una casualità assolutamente improbabile, diciamo simile a quella di poter vincere una decina di volte un miliardo alla lotteria. Si tratterebbe comunque di un caso che ha però in sé il programma della  sua evoluzione che poi dà luogo ad ogni forma vivente. Perciò questo caso ultrastraordinario contiene anche le regole alle quali deve necessariamente attenersi nel corso del tempo.  Se è effettivamente un caso vincolato alla necessità la comparsa biologica della vita, bisogna considerare che l’essere umano non è soltatnto un organismo biologico, esso è un essere senziente dotato di psichismo e quindi di trascendenza. Che sia anche questo fenomeno dell’umano un caso, oppure è il frutto della sincronicità, la quale necessariamente ci dà la possibilità di essere o di non essere, e quindi di liberare la propria autenticità o di rinunciarvi? (di ex-sistere o di in-sistere come diceva Heidegger). Lo psichiatra fenomenologico Louis Binswanger indica quanto sia importante l’orientamento della persona a scegliere la propria autenticità e come le patologie mentali siano riconducibili ad un’esistenza mancato e, possiamo dire, ad un mancato appuntamento con quell’incontro assoluto, unico e irripetibile che per ‘sincronicità’ costituisce la stella di riferimento di ciascuno, aaffinché poss orientarsi ad essere davvero se stesso, autentico (etimologicamente auto + ente, per cui l’ente si auto qualifica ad essere quello che è). E’ forse solo per caso che nasciamo e moriamo e che diventiamo ciò che siamo, o forse vi è una congiunzione non causalistica tra un campo energetico di ordine materiale e un’altro di ordine psicoide/spirituale? Secondo la psicologia archetipica di Hillman la vita di ciascuno dipende da un codice dell’anima, consistente nell’incarnarsi di un’energia psicospirituale, in modo assai simile a quello descritto da Platone nel mito di Er.

Seppure questo spirito che si incarna in noi è venuto per caso, si tratta di un caso unico, irripetibile, assoluto e che in quanto tale appartine all’inconoscibile e al mistero, come l’infinito e l’eternità, al di là del tempo e dello spazio e di una concezione puramente materiale e biologistica dell’eperienza vitale umana.  Non è una questione di misticismo e di credenza superstiziosa quanto di essere realisti rispetto all’evidenza che esiste una realtà psichica che ha sue proprie leggi differenti da quelle della materia, cionondimeno capaci di interagire con essa e con un campo energetico che la specie umana ha da sempre considerato appartenente ad un’esperienza del numinoso e della spiritualità. Perciò è assai attendibile l’idea che ciascuna vita umana sia il frutto di una sincronicità tra spirito e natura e che può essere determinante per vivere con autenticità riconoscerla nell’esperienza stessa del vivere.  Si tratta di un sapere che possiamo assumere con umiltà in quanto non pretende di spiegare tutto razionalmente, ma di comprendere il più possibile, senza relegare alla paura dell’inconoscibile ciò che razionalmente non si spiega.  La vita è un’esperienza soggettiva che oggettivamente è pregna di mistero e di sincronicità, quanto più possiamo aprirci a ciò attraverso una sintonia  ed una consapevolezza simbolica, tanto più avremo possibilità e libertà per  vivere il nostro destino in armonia ed autenticità.

Carl Gustav Jung