IL SIMBOLO NELLA PSICOTERAPIA JUNGHIANA

Secondo Jung le sofferenze e le patologie psichiche sono connesse ad un decadimento della vita simbolica e spirituale. Ma cos’è il simbolico? Che relazione sussiste tra il simbolico e lo sptituale? 

Simbolo etimologicamente vuol ‘mettere insieme’ due parti ottenute spezzando una medaglia o una tavoletta riportante un segno. I possessori di ciascuna delle due metà avevano in tal modo una parte del ’segno’ della loro amicizia o di un patto, in particolare un patto di reciproca ospitalità. Questo ‘segno spezzato’ poteva essere trasmesso anche ad altre persone amiche o ai discendenti, in modo da poter mostrare una sorta di prova di solidarietà, accordo, amicizia, nei confronti di chi possedeva il ‘mezzo segno’ corrispondente’. Dunque un simbolo oltre ad essere costituito da una rappresentazione, una figura, aveva anche la funzione di determinare un senso e un sentimento di unità, di non divisione e in definitiva di risoluzione di conflitti o di incompatibilità. Per traslazione il simbolo esprime una funzione unificatrice, o comunque di compatibilità tra materia e spirito, tra bene e male, tra finito e infinito, e quindi di ‘accordo’ tra ogni possibile polarità e opposizione. Una opposizione fondamentale nella possibilità di sapere è tra il conoscibile e il non conoscibile, oppure in termini più semplicistici tra razionale e irrazionale. Dalla religione alla metafisica, dalla politica alle arti, c’è bisogno di simboli per esprimere e sancire ciò che appare inspiegabile in termini strettamente logici. D’altra parte la razionale natura umana, fervida di emozioni e sentimenti contrastanti e diversificati, necessita costantemente di un “modo simbolico” per interpretare il mondo ed esprimersi nelle relazioni interpersonali. L’amore nella coppia e nella famiglia non è qualcosa che si possa pesare e valutare da un punto di vista logico-razionale, se non attraverso drastiche riduzioni speculative, perciò vive di simboli o di rotture di questi simboli, trasformandosi quindi in conflitti e odio, i quali hanno poi bisogno di altri simboli.

Dice Jung:

[…] ogni prodotto psichico può essere concepito come simbolo, sempre che esso sia la migliore espressione possibile in quel determinato momento per un dato di fatto sino ad allora sconosciuto o conosciuto solo in parte… ogni fenomeno psicologico è un simbolo, se si suppone che esso affermi o significhi anche qualcosa di più e di diverso che si sottrae alla nostra conoscenza. Questa supposizione è senz’altro possibile ovunque vi sia una coscienza orientata verso ulteriori possibili significati delle cose ” Carl Gustav Jung “Definizioni” 19 in Opere di Carl Gustav Jung Vol. edizione Boringhieri, Torino, 1921.

La differenza tra segno e simbolo – secondo C.G. Jung,  – comporta distinzioni di cruciale importanza per l’analisi dello psichismo individuale e collettivo. Se i segni rinviano a significazioni codificate e relativamente definibili secondo una certa ratio, i simboli invece connotano aree di significatività inconoscibili e non esperibili se non assumendo come possibile una dimensione di carattere arazionale e altresì spirituale. Se il segno rinvia a ciò che è noto, il simbolo evoca il non noto e ciò che si contradice pur svelando un senso ultimo e anche originario. Il simbolo come ‘segno del mistero’ dice quello che non si può dire e che si può pensare o immaginare solo qualora, intenzionalmente e non, si sia pervasi da un trasporto mistco, o da idealità e ‘funzioni trascendenti’. Questa differenziazione che fa Jung tra i termini segno e simbolo è riconosciuta da Eco – come la più utile e disambinguante al fine di distinguere il campo semiotico da quello simbolico, per quanto il secondo non possa eludere il primo (vedi voce “Simbolo” in Semiotica e filosofia del linguaggio, 1984).

LE ARTI COME TERAPIA DEL SIMBOLISMO PATOLOGICO

In psicoanalisi i simboli sono riferiti all’evocazione di significati rimossi o comunque non evidenti alla coscienza. Nei sogni, nelle fantasie, nella sessualità i simboli evidenziano, per così dire relazioni di amicizia o inimicizia tra conscio e inconscio. Le nevrosi sono difficoltà a trovare una conoscenza simbolica capace di armonizzare spinte emotive e decisionali opposte. Nelle psicosi si possono evincere povertà o eccessi di simbolizzazione, per cui i ‘sintomi negativi’, ovvero il ritìrarsi in se stessi, indicano l’impossibilità di simbolizzare, mentre i ‘sintomi positivi’ indicano lo straripare del simbolico in pensieri e atti più o meno maniacali. Il simbolo, in senso psicologico avrebbe quindi la funzione di rendere compatibile il mondo interno, con quello esterno, ma anche il flusso coscienziale con i percetti che giungono dalla realtà, e con ciò vi sarebbe la possibilità ‘normale’ di aderire al principio di realtà. Per un artista tale principio di realtà può essere rivisitato e alterato attraverso procedimenti creativi che fanno prevalere la funzione estetica ed evocatrice dei simboli. Potremmo dire che le arti offrono la possibilità simbolica ed esperienziale di liberarsi da un ‘principio di realtà’ puramente conservativo e sclerotizzante, evocando possibilità immaginarie per pensare, esperire ed essere.

IL POTERE PSICOTERAPICO DEI SIMBOLI

Umberto Eco considera di come il termine simbolo sia stato abusato dalla filosofia, senza mai riuscire a trovare una definizione sufficiente chiara e condivisa. Pertanto egli preferisce parlare di “modo simbolico” di adoperare i segni e, con la sua sofisticata capacità di analisi semiotica indaga le molteplici possibilità strutturali, funzionali e di impiego del simbolico.

Una cosa che Umberto Eco ci invita ad osservare è la particolare relazione che nel ‘modo simbolico’ si determina tra il significante ed il significato (vedi op.cit.). Mentre nelle funzioni segniche non simboliche il piano dell’espressione può non avere alcuna comunanza con il piano del contenuto espresso, nel modo simbolico avviene che il significante abbia già in se stesso un valore e un senso simbolici. Nei simboli religiosi ciò è abbastanza evidente: un crocefisso in quanto significante è sacro in se stesso, così come è sacro il suo significato. Così come una carezza, un dono d’amore, una parola di solidarietà possono considerarsi atti simbolici, in quanto hanno un valore in se stessi coerentemente al loro significato. Un simbolo può funzionare nello stesso modo anche quando esprime valori negativi, e quindi indurre sentimenti di odio, di paura, di disgusto. Simboliche del male compaiono nei sogni, nelle fantasie popolari, nella propaganda politica, nelle arti. Spesso queste simboliche possono esprimere bruttezza, ma anche seduttività demoniaca oppure essere connessi a narrazione storiche inerenti atti e progetti disumani (come la svastica nazista). Quello che qui si vuole evidenziare è che nel “modo simbolico” il significante ha una sua propria forza evocatrice e che va a generare significazioni che non sono razionalmente misurabili e tendenzialmente soggiacenti a qualcosa che resta inconoscibile, non pienamente traducibile, ma che ciononostante viene avvertito dalla coscienza, attraverso forme di esperienza e di immaginazione.

Si pensi al fenomeno psicoenergetico che recano in certi particolari stati di coscienza i simboli spirituali. A tale riguardo sono stati straordinari per la psicologia moderna,  gli studi Di W. James sul fenomeno della conversione di fede. La coscienza viene per così dire intrisa di significanti simbolici spirituali che la fanno trasmutare in una condizione radicalmente nuova. Ricordiamo che James è stato un grande razionalista e che i fenomeni religiosi sono stati da lui indagati per esaminare gli stati e i cambiamenti di coscienza. Qui possiamo solo dire che tali fenomeni sono indagabili sotto l’ordine del simbolico come relazione sentita ed esperita tra conoscibile e inconoscibile, quindi tra umanità e divinità.

SIMBOLI PSICOENERGETICI NELLA SELVA OSCURA DI UNA ‘SOCIETA NARCISISTIZZANTE’

Ecco allora che il simbolo non è solo un fenomeno di significazione, ma anche un fenomeno psicoenergetico intrapsichico e interpersonale. Questo è ben noto nelle psicoterapie, di ogni tipo, laddove la parola diventa parola simbolica. La freudiana “talkink therapy” dovrebbe essere quindi intesa come una “symbolic therapy”, ma il rischio di una tale denominazione è dato dall’accezione di inconsistenza del simbolico rispetto al reale – per cui il simbolico sarebbe aleatorio, non concreto, effimero e persino superfluo. Invece tutti conosciamo, anche per esperienza diretta, l’insegnamento per cui “non si vive di solo pane”, ma anche del simbolico.

Tuttavia la ‘foresta del simbolico’ nella quale andiamo cercando sentieri di vita, è spesso una ‘selva oscura’. Se da una parte va a ad armonizzare ciò che è incompatibile dalla sola ragione, ma è necessario per vivere, da un’altra parte può generare molta confusione, e persino drammatici equivoci.

Molti conflitti interiori – le malattie mentali – possono leggersi come una difficoltà di armonizzazione del simbolico fino al caos. Il conflitto sul piano del simbolico si registra tra differenti culture, religioni, tra categorie sociali e tra generazioni, infatti il simbolico si organizza anche sul piano ideologico fino ad irrigidirsi nell’intolleranza. Le dittature sono infatti ancorate su un verticismo simbolico del potere, mentre le ‘ false democrazie’ tentano di dissimulare le loro pesanti contraddizioni, attraverso narrazioni simboliche mistificanti o proposte di consumo che diano una qualche facciata di coerenza e di giustizia sociale.

Il consumismo consente a livelli più bassi della scala sociale di consumare all’insegna dello status symbol, anche attraverso saldi e discount di infima qualità. I massmedia tra mainstream e spettacolo obnubilante ci sommergono h24 di simboli spazzatura voilti a determinare un ciclo vizioso di ansie depressive alle quali opporre comportamenti narcisistici e di consumo vizioso e viziato.  Valanghe di imagini narcisistiche, pornografiche, manipolatorie, violente e mistificanti  servono a distrarre dal perpetuarsi di gravi ingiustizie e disuguaglianze  che corrispondono a lucro e vantaggi per lobby e speculatori.  L’alta  finanza ingrassa e intanto produce e diffondono simboli malati e infettano la vita simbolica della psiche e l’ammalano con conseguenze psicosomatiche sulle persone e la collettività. Ogni prodotto, dal cibo al vestiario ai beni durevoli o ai servizi, viene brandizzato e commercializzato per differenti target, con l’obiettivo di fornire valori simbolici aggiunti e artificiali, capaci di attrarre i consumatori in una voragine di desideri narcisistici. Analogamente il marketing politico si industria di attrarre votanti non solo attraverso programmi concreti, ma attraverso immagini e slogan simbolici. Dunque il simbolico compare in ogni aspetto della nostra vita – dal più spirituale a quello materiale e disfunzionale – può essere generativo o distruttivo, illuminante o oscurante. Purtroppo l’ambiente sociale fondato sul profitto spietato e la smania di potere è inquinante non solo sulpiano ecologico, ma anche del simbolico – Occorre una culura e una psicoterapia psicoscologica del simbolico,

In una psicoterapia junghiana il simbolico mira ad evocare fenomeni espressivi armonizzanti, volti a coordinare  il pensiero razionale, le fantasie e i sentimenti. Si tratta di ‘ simblli pontifex’: costruttori di ponti tra il possibile e il desiderabile, il ponderabile e l’imponderabile, il cuore e la mente.   L’analitica terapeutica junghiana fonda le sue tesi in chiave simbolica, andando ad esaminare la natura ana-logica della psiche per la quale gli opposti esprimono una tensione ricongiuntiva (coniunctio oppositorum), la logica del terzo escluso non sussiste in modo rigoroso, oppure un’entità può essere allo stesso tempo A e non A. E’ solo così. aprendosi al non conoscibile e al numinoso, dche il viaggio della vita porta ad una più autentica conoscenza ed esperienza di se stessi, e quindi ad una maggior consapevolezza e forza vitale, quel che Jung ha chiamato “processo di individuazione”: il più importante scopo e senso ultimo di una psicoterapia.