Le pene d’amore per perdere e ritrovare l’anima

Le ‘pene d’amore’ delle donne e degli uomini, sono da sempre state vissute, narrate e rappresentate nei miti, nelle religioni, nella letteratura e nelle arti. Il mito di Amore e Psiche narrato da Apuleio racconta come le pene d’amore non siano soltanto sofferenza, ma anche un’esperienza di trasformazione, crescita e conoscenza dell’anima umana, che spinta dal dolore cerca una connessione con lo spirito. Anche il mito di Narciso, dal quale deriva il termine narcisismo, ci parla di sofferenza e traumaticità amorosa, con il fine di renderci più consapevoli dei sentimenti e delle dinamiche erotico-affettive. Perciò il mal d’amore psichicizza l’essere umano rendendolo più consapevole della sua natura, ad un tempo animale e spirituale[1]. Tuttavia, quando la sofferenza diventa troppo acuta, si possono generare gravi stati di destabilizzazione che vanno terapizzati. Infatti, non è sempre vero che di amore non si muore, purtroppo un ‘Trauma amoroso’ può non solo far desiderare la morte, ma anche accidentalmente o volontariamente, contribuire a provocarla. Ma per quanto si tratti di esiti fatali rari, sono assai diffuse le sindromi ansioso-depressive legate alla sofferenza amorosa, e molti altri disequilibri che rendono la vita difficile e infelice.

Ma quando la sofferenza amorosa viene accompagnata e interpretata con poeticità e saggezza, dal suo veleno, si possono estrarre pregiati balsami, farmaci e unguenti. Si comprenderà che essa provoca un doloroso risveglio, perfino traumatico, ma il cui senso ultimo, è quello di far tornare a sentire l’anima’.

Gli amanti, nella gioia come nel dolore, sentono l’anima. Attraverso l’anima sono affascinati dalle sincronicità, dalle coincidenze, dalle preveggenze, da un mondo di fatalità, miracoli, misteri, forze destinali ed energie sottili che in una visione profonda, risulta onnipresente nella loro storia amorosa, nel bene e nel male. Ma questo stupirsi delle energie immateriali e trascendenti che sottendono il mistero amoroso, è ancora più forte e sensibile quando esso cade nella valle di lacrime delle separazioni, dei tradimenti e degli abbandoni. Allora l’inconoscibile necessario che è nell’Amore, si manifesta come una tragica rivelazione ove tutto pare sia stato mosso da forze occulte e demoniache. Eppure, quelle stesse forze prima parevano alquanto angeliche. E ci si tormenta perché non si è riusciti a preservarle, o perché non si è voluto tenere conto degli infausti presagi che pure c’erano.

Il pathos (in quanto patire dell’anima) è nella natura stessa dell’amore. Ed anche in riferimento alla ‘passione amorosa’ che James Hillman ha insistito molto sul patologizzare. In tal senso la sofferenza psichica non è solo malattia (patologia), in quanto fa parte della vita dell’anima, e talvolta la risveglia, laddove risultava anestetizzata, silenziata, relegata a ruoli secondari e di facciata. Il dolore degli amori infernali, per quanto sia straziante ci riporta all’incommensurabilità dell’anima e al suo ‘mistero’.

In un mondo che per interessi materiali pone l’anima all’ultimo posto, il prepotente dilagare della traumaticità amorosa la riporta al primo posto, o comunque in una visione vitale, carnale e spirituale, della quale non si può fare a meno. E giacché per restare umani abbiamo bisogno di anima, le pesti infernali della relazione amorosa, ci costringono ad evolverci spiritualmente e amorosamente, per non morire dentro. Non si tratta di idealistico misticismo romantico da riportare alla ribalta, ma di comprendere che la patologizzazione amorosa, costituisce non soltanto una sofferenza da curare, ma una sfida interiore talvolta necessaria, affinché la psiche non regredisca in una dimensione narcisistica, soffocata da maschere, stereotipi e meccanismi privi di autenticità.

La società umana è giunta ad un punto critico, per il superamento del quale occorrono necessariamente Amore e Anima, ed ecco che seppure con crudeltà, l’avanzata dei vampiri amorosi, ci costringe a comprenderci nel mondo interiore, e a trasformarci verso uno stato di maggior evoluzione animica ed esistenziale.

Pier Pietro Brunelli

[1] La favola di Eros e Psiche di Apuleio è spesso citata e analizzata in termini psicoarchetipici, in particolare vedi: Neumann, E., Amore e psiche. Un’interpretazione nella psicologia del profondo, 1971, Roma, Astrolabio – Ubaldini, 1989. Si veda anche von Franz, M.-L., L’asino d’oro, 1980, Torino, Boringhieri, 1985.