“Psiche scopre Amore” Jacopo Zucchi
(Firenze 1542 circa – Roma 1596)

Questo articolo invita a riflettere sulla PSICOLOGIA DELL’EROS attraverso la favola di AMORE e PSICHE di Apuleio, la quale ha stimolato molti studiosi di psicologia, soprattutto gli junghiani (vedi gli studi di Neumann, della Marie Von Franz e di Hillman – in seguito ad alcune osservazioni psicologiche di base viene qui proposto un riassunto critico tratto da un testo di Maria Grazia Bernardini).

Ricordiamo che Eros è un ‘puttino’ con arco e freccia, e che simboleggia una condizione psichica regressiva dell’amore, e cioè che quando siamo in una relazione amorosa le nostre parti bambine si attivano nel bene e nel male. AFRODITE, madre di Eros è la parte più matura dell’amore, che sa distinguere, ad es., tra attrazione ed amore, tra passione e affetto, e sa quindi viversi la relazione amorosa in modo più adulto, armonioso, privilegiando un piacere che non si contamina di quelle ferite che sempre vengono inflitte dalle frecce di Eros alla Psiche.  Afrodite, che vuol dire, ‘colei che nasce dalle spume del mare’, è secondo la leggenda principale (le Teogonie di Esiodo)  la più antica di tutte le dee, infatti nasce dagli dei più primari: Urano (Cielo) e Gea (Terra). Questi erano abbracciati per un tempo eterno in una copula continua, fino a quando Saturno loro figlio – il dio del tempo – non li separò tagliando con un falcetto il fallo al padre Urano. Così cessò l’eternità – senza tempo – ed inizio il tempo. Il fallo di Urano cadde nelle acque del mare, e dalle spume che si sollevarono nacque AFRODITE la dea dell’ Amore, la più elevata energia di legame che crea la vita negli dei e negli umani, così Afrodite rappresenta‘quel che resta dell’eternità’, cioè l’Amore che ci fa sentire eterni nell’anima… e che riecheggia nei ‘per sempre e nei mai e nel senso di infinito’ degli innamorati…

“Cupido rianima Psiche svenuta” Bertel Thorvaldsen
(Copenhagen 1770 – 1844)

Il sesso – inteso come esperienza dell’Eros – nell’essere umano non è soltanto funzionale alla procreazione, in quanto nella psiche e nella società  ha anche altre funzioni, così come spiega molto chiaramente il seguente passo dello psicologo americano Erich Berne:

[…] il sesso è la matrice funzionale di tutte le più vitali transazioni: amplessi e liti, seduzioni e ritirate, dolori e soddisfazioni. Inoltre è un incentivo alla felicità  e al lavoro, un sostituto di tutti i tipi di droga e un rimedio per molte malattie. Serve per il divertimento, il piacere, l’estasi. Unisce la gente con vincoli di poesia, gratitudine e d’amore. E produce bambini. Ecco il significato e lo scopo del sesso nella vita dell’uomo (1970:48).

“Psiche trasportata dagli Zefiri” John Gibson
(Conway 1790 – Roma 1866)

Eros (L’AMORE SESSUALE) ha come principale funzione nell’essere umano il FARE ANIMA , lo ‘psichicizzare’ la vita… nel piacere,  nel dolore, nella gioa e nelle pene d’amore, nell’incontro, nella fusione, nella pedita, nell’abbandono, nella vendetta, nel perdono, nella rabbia, nella passione, nel dubbio, nel legame, nel rancore, nell’affetto… Eros, l’amore più passionale e primario, insieme ad Afrodite, l’amore più adulto, e consapevole (spirituale e sessuale), sono le forze psicomitiche che si esprimono nella genesi dell’anima umana, nelle sue patologie e nelle su evoluzioni; esse elevano il corpo verso lo spirito, e fanno discendere lo spirito nel corpo. L’anima è il veicolo tra terra e cielo, che ci congiunge la tensione tra gli opposti dell’essere umano: la parte animale e la parte divina, e in ciò si manifesta l’energia dell’amore/sesso e psiche. In effetti il sesso umano è un aspetto dell’anima e quindi della componente spirituale, perciò tutte le religioni in origine hanno forti simbologie e rituali erotico-sessuali.

Come si evince dalla favola di Eros e Psiche di Apuleio (vedi l’analisi di Neumann, 1971 e della von Franz, 1980), il sesso nell’essere umano, a prescindere dalla sua funzione riproduttiva, serve, anche grazie alla severa sapienza di Afrodite,  a  “fare anima” (per dirla con Hillman). Le gioie e le pene dell’amore sessuale psichicizzano l’essere umano, lo dotano di anima, e quindi lo rendono umano (perciò la sessualità umana ha un senso ed un valore che trascende, va oltre la funzione riproduttiva ed i fenomeni psicobiologici ad essa strettamente correlati – la sessualità umana ha quindi una componente spirituale che ‘fa anima’, ci rende ‘esseri psichici’).

“Cammeo con Eros che tormenta Psiche”
metà del I sec. a.C. (o terzo venticinquennio del XVI sec?)

Adriana Mazzarella con la sua analisi ‘psichica’ della Divina Commedia fa notare di come la figura di Beatrice  rappresenti per Dante la “funzione trascendente”  che attraversoeros e psiche’ coniuga l’amore terrestre, con l’amore celeste. Mazzarella, Adriana 1991 Alla ricerca di Beatrice. Il viaggio di Dante e l’uomo moderno , Milano, Vivarium 2006 3° ed.

AMORE, SESSO E PSICHE coniugano negli umani i poli dell’energia vitale, tra materia e spirito, tra corpo e anima.

Viaggio intorno alla favola di Amore e Psiche  di Maria Grazia Bernardini  (Tratto dal catalogo della mostra Amore e Psiche presso Castel Sant’Angelo a Roma – 2012).

Apuleio e la storia di Psiche

La storia di Cupido e Psiche è, come dice Voltaire[1], la favola più bella che gli Antichi ci abbiano lasciato,  è una storia complessa e ricca di significati allegorici, tratta argomenti che toccano la coscienza, i sentimenti e l’inconscio dell’essere umano e alterna il magico all’epico, il tragico al comico. E’ la storia di  Anima (Psiche) e Amore (Cupido), che è anche Dio, e quindi  è la storia del sentimento più forte e  potente che muove il mondo e della sua aspirazione a congiungersi con il divino; a questa si intrecciano altre storie, temi e  simboli in un gioco fittissimo di rimandi, in una sorta di gioco di scatole cinesi, dove una vicenda racchiude un significato e  apre ad altri percorsi e ad altre letture ed esegesi.

“Amore e Psiche” Antonio Canova
(Possagno 1757 – Venezia 1822)

Per questo la favola di Apuleio, risalente al II sec. d.C., ha goduto incessantemente di una fortuna incredibile in tutte le forme artistiche, letterarie, musicali nel corso dei secoli, ha suscitato costantemente un fascino irresistibile, ha offerto possibilità sempre diverse di letture e di interpretazioni, tanto da ispirare alcuni tra i massimi capolavori dell’arte.

La vicenda dei due giovani amanti  è inserita da Apuleio all’interno del suo romanzo, Le Metamorfosi o L’asino d’oro, che narra la storia di un giovane, Lucio, appassionato di magia, che viene trasformato in asino pur conservando coscienza e intelligenza umana e solo dopo mille peripezie riesce a ritrovare la propria forma umana grazie all’intervento di Iside.

“Amore e Psiche, il gruppo del bacio”
seconda metà del II sec. d.C.

La vicenda di Psiche, che occupa ben tre libri sugli undici dell’intera opera, è anch’essa una storia di metamorfosi, di trasfigurazione, perché è la trasformazione di una giovane donna mortale in essere immortale, ascesa al livello della divinità. Lucio/asino, nel corso delle sue disavventure, ha l’occasione di ascoltare una vecchia che racconta la bellissima storia di Psiche alla giovane Carite, rapita dai briganti nel giorno delle sue nozze, per consolarla della sua triste circostanza.

La trama

In un regno lontano, vivevano un re e una regina che avevano tre figlie, l’ultima delle quali, Psiche, era di una bellezza straordinaria, talmente bella che veniva venerata come nuova Venere. “Nessuno andava più a Pafo, nessuno a Cnido e neppure a Citera ad adorare la dea Venere; i sacrifici venivano rinviati, i templi erano in abbandono, i sacri letti calpestati, le sacre cerimonie trascurate; le statue erano lasciate senza corone di fiori, nessuno si accostava più agli altari, imbrattati di cenere spenta” (Apuleio, L’Asino d’oro, libro IV, XXIX). Venere, presa da una fortissima gelosia, invidia  e rabbia  contro chi osava attentare al suo potere di dea dell’Amore e della Bellezza, ordinò al figlio Cupido di scoccare una delle sue terribili frecce in modo che Psiche si innamorasse di un uomo brutto e sciagurato.

“Eros e Psiche abbracciati”
inizi del I sec. a.C.

Intanto Psiche passava giorni tristi e melanconici in solitudine, era troppo ammirata e venerata perché qualcuno osasse avvicinarsi a lei e chiederla in sposa, mentre  le sue due sorelle celebravano nozze felici con principi. Di fronte alla infinita tristezza di Psiche, il padre si rivolse all’Oracolo del dio Milesio affinché la figlia trovasse un marito. L’Oracolo rispose con parole oscure che furono facilmente male interpretate: “… non aspettarti un genero di umana stirpe nato, ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l’aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme…”. Tutta la città si rattristò per il destino crudele di Psiche. La bellissima fanciulla non poteva sfuggire alla volontà divina e  si preparò per le funebri nozze facendosi lasciare su una rupe in attesa del suo sposo promesso.

“Psiche alata” II sec. d.C.

Cupido nel frattempo si preparava a dar seguito alle volontà della madre, ma alla vista di Psiche se ne innamorò e chiese a  Zefiro di prenderla e di portarla, con il suo soffio delicato, nel suo palazzo.      Quando Psiche si risvegliò si ritrovò in un giardino incantato, pieno di alberi, fiori, sorgenti d’acqua, e accanto un palazzo splendido. Attratta dalla bellezza del luogo, Psiche si avvicinò, si aggirò per le stanze, prese un bagno, si sedé al banchetto. Dopo quel pranzo squisito la fanciulla fu deliziata da musiche celestiali. Alla fine, presa dal sonno, si avviò verso la camera da letto, dove la raggiunse  il suo sposo, invisibile, che la possedette.

“Psiche scopre Amore” Simon Vouet
(Parigi 1590 – 1649)

Nonostante la piacevolezza del luogo e le tenerezze ricevute dal suo sposo misterioso Psiche soffriva di solitudine e, nonostante gli avvertimenti di Cupido che la sconsigliava di vedere le sorelle,  ottenne che esse la venissero a trovare, grazie all’aiuto di Zefiro che le trasportò nel palazzo di Amore. Psiche mostrò loro le bellezze e le ricchezze del luogo, senza svelare, come d’accordo, la verità sul suo sposo, spiegando il motivo della sua assenza con una partita di caccia a cui lo sposo stava partecipando. Le due sorelle si sorpresero di fronte a tanta bellezza e ricchezza e, rose dall’invidia, tessero un piano diabolico. Lo sposo avvertì Psiche della minaccia che le due sorelle avrebbero potuto rappresentare per lei, ma la giovane  non gli diede retta e volle che le sorelle tornassero da lei. Così ebbero modo di convincere Psiche a raccontare loro della sua vita  e la giovane fanciulla svelò di aspettare un bimbo e  parlò del marito, dimenticandosi cosa avesse detto di lui nella volta precedente, descrivendolo in modo diverso.

“Fregio della sala di Amore e Psiche
in Castel Sant’Angelo”
Perin del Vaga (Firenze 1501 – Roma 1547)

Certe ormai che  lo sposo di Psiche fosse un dio e sempre più rose dall’invidia, le due sorelle inculcarono nella fanciulla il sospetto che lo sposo fosse un essere mostruoso che l’avrebbe uccisa subito dopo aver dato alla luce suo figlio e la convinsero  a uccidere il marito.

“Sarcofago con il mito di Prometeo” amorini tentano di far entrare Psiche nel soma di argilla) 300 d.C.

Durante la notte, mentre Cupido dormiva in un sonno profondo, Psiche prese una lucerna e un coltello, ma non appena rischiarò il talamo, vide un bellissimo giovane; si sorprese, si impaurì, fece cadere il coltello, vide l’arco e le frecce ai piedi del letto e comprese che il suo sposo era il figlio di Venere, Cupido.  Psiche non smetteva di guardare affascinata il dio, toccò la faretra con la quale si punse e cadde così in preda ad una passione travolgente, e senza accorgersene, fece cadere una goccia dalla lampada risvegliano così il giovane dio che, irato, volò via. Psiche cercò di afferralo ad una gamba, ma il dio la lasciò sola. Disperata, la giovane si recò al fiume e cercò di gettarvisi, ma il fiume, devoto a Cupido, la sollevò e la poggiò sulla riva. Lì vicino si trovava Pan, che teneva Eco tra le braccia, che la esortò a non uccidersi ma a rivolgersi a Cupido e a lusingarlo con dolci parole. Psiche si mise in cammino  e nel suo percorso incontrò le due sorelle, a cui riservò una sorte crudele. Fece credere a ognuna che il suo sposo divino le avrebbe sposate, e loro si recarono alla rupe. Certe che Zefiro le avrebbe raccolte, si gettarono in volo ma caddero tragicamente.

       Mentre Psiche cercava disperatamente Cupido, Venere venne a sapere dell’episodio, rimproverò il figlio di essersi innamorato di una mortale, e nello stesso tempo lo accudì cercando di guarirlo dalla ferita. La dea si rivolse a Cerere e Giunone perché l’aiutassero a trovare la giovane, ma le due dee difesero Cupido e Venere, contrariata, voltò loro le spalle e se ne andò. Fece allestire il suo cocchio per recarsi all’Olimpo e si rivolse direttamente a Giove per chiedergli che le fosse messo a disposizione Mercurio. Giove acconsentì alla richiesta di Venere e Mercurio fu incaricato di cercare Psiche e, una volta trovata, di portarla davanti alla dea.

La dea dell’Amore chiamò immediatamente le sue ancelle, Angoscia e Tristezza, affinché  torturassero la  fanciulla, mentre si domandava quale fosse il destino del nipote, il figlio di Psiche che portava in grembo, nato da mortale e da un dio. Decise allora di  sottoporla a quattro prove difficilissime: nella prima, avrebbe dovuto separare chicchi di frumento, orzo, miglio, papavero, ceci, lenticchie e fave da un grande mucchio. Venne in suo soccorso una miriade di formiche, che lavorò tutta la notte  e riuscì nell’impossibile impresa di separare tutti i chicchi. Nella seconda prova, Psiche avrebbe dovuto raccogliere fili di lana d’oro da pecore bellissime che pascolavano libere, ma ferocissime. Una canna del fiume le suggerì come avrebbe potuto ottenerli: aspettando la sera e scuotendo  le fronde degli alberi a cui rimanevano sempre  attaccati vari fili di lana. Venere non si dette per vinta, e costrinse Psiche a sottoporsi ad una prova ancora più terribile: avrebbe dovuto recarsi allo Stige  e portarle indietro una piccola ampolla con la sua acqua.

“Psiche abbandonata” Giovanni Cappelli
(Modena 1814 – 1885)

Qui intervenne Giove stesso: la sua  regale aquila le venne in soccorso, afferrò l’ampolla, la riempì di acqua dallo Stige e gliela riportò. Non ancora soddisfatta, Venere chiese a Psiche di scendere agli Inferi e di riempire una scatola con una crema di bellezza da Proserpina. Era certamente una prova impossibile ma anche questa volta ottenne un aiuto straordinario: Psiche si recò presso una torre per gettarsi di sotto e finalmente porre fine alle sue disgrazie, ma la torre parlò e le suggerì come muoversi per arrivare agli Inferi e farsi accompagnare dal terribile Caronte.  Psiche seguì attentamente i consigli, arrivò da Proserpina che le donò parte della sua straordinaria crema di bellezza. Ma questa volta, mentre tornava sulla terra, si fece tentare dalla curiosità e aprì la scatoletta per godere anche lei dei  poteri benefici della crema.

 

“Psiche abbandonata da Amore”
Joseph Heinz detto il Vecchio
(Basilea 1564 – Praga 1609)

Purtroppo essa non conteneva la crema ma solo il sonno e Psiche cadde in un profondo letargo. Cupido nel frattempo si era ripreso dalla ferita, e accortosi del pericolo in cui si era imbattuta Psiche, volò da lei per risvegliarla. Decise inoltre di recarsi da Giove per supplicarlo di porre fine alle traversie della sua giovane e adorata moglie. Giove fu clemente con il suo indisciplinato figlio. Così ordinò a Mercurio di convocare gli dei in assemblea e Giove invitò tutti ad accettare Psiche come moglie di Cupido, perché l’avrebbe resa immortale, offrendole  una coppia d’ambrosia.

 

“La vecchia narra la fiaba di Psiche”
Manifattura francese
(Aubusson ?) 1750 circa

Per festeggiare la nozze, fu allestito un banchetto: intorno a Cupido e Psiche e tutti gli dei, le Muse, le Ore diffondevano profumi, fiori, balsami e soavi armonie, e Venere stessa, soddisfatta della conclusione della vicenda, perdonò i due giovani e “si fece innanzi danzando alla soave melodia di un’orchestra ch’ella stessa aveva predisposto”.

[1]Vedi Sozzi 2007, p.14. Interessante anche il giudizio di  Leopardi : “Tuttavia la favola di Psiche, cioè dell’Anima, che era felicissima senza conoscere, e contentandosi di godere, e la cui infelicità provenne dal voler conoscere, mi pare un emblema così conveniente e preciso, e nel tempo stesso così profondo, della natura dell’uomo e delle cose, della nostra destinatione vera su questa terra, del danno del sapere, della felicità che ci conveniva, che unendo questa considerazione, al manifesto significato del nome di Psiche, appena posso discredere che questa favola non sia un parto della più profonda sapienza, e cognizione della natura dell’uomo e di questo mondo” (dallo

Zibaldone, 10 febbraio 1821, pp.637-638).

“Psiche accolta all’Olimpo” Manifattura di Limoges, (attr. Pierre Pénicaud), metà del sec. XVI

Manuale cover definitiva

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