Psicologia  e simbologia dei colori nelle quattro fasi  principali del processo alchemico –  Una sintesi a cura di Maria Grazia Monaco e Pier Pietro Brunelli

Jung alchimiaL’alchimia venne studiata da Jung per comprendere la profondità delle simbologie, delle dinamiche e delle trasformazioni dell’inconscio. Da essa possono dunque derivarsi preziosissime ispirazioni e metafore per la ricerca e la pratica della psicoterapia. Sogni, stati d’animo, emozioni, e le stesse psicopatologie e i processi di guarigione possono avere un’interpretazione in termini di psicologia alchemica. Ciò presuppone competenze ed esperienze molto approfondite. In questo articolo vogliamo offrire un quadro estremamente sintetico per riflettere sulle principali fasi dell’alchimia. Segue un testo tratto da James Hillman del titolo Blu alchemico e unio mentalis.

Le 4 fasi dell’alchimia presero il nome dai quattro colori fondamentali della pittura greca : nero, bianco, giallo e rosso. Esse furono inoltre poste in parallelo ai 4 elementi, alle 4 stagioni, e alle 4 fasi del giorno. Se consideriamo l’alchimia una metafora della crescita psicologica, 4 sono le operazioni particolarmente significative: la combustione (calcinatio), la dissoluzione (solutio), il disseccamento (coagulatio) e l’evaporazione (sublimatio). Ogni stadio conduce la materia prima dalla sua condizione iniziale, attraverso un’operazione governata dai quattro elementi: fuoco, acqua, terra, e aria. Ciascuna operazione alchemica simboleggia una tappa della trasformazione psicologica. Jung, riteneva infatti che questi procedimenti fossero proiezioni psicologiche del processo di crescita interiore che egli chiamò individuazione. Quindi l’opera alchemica può essere letta come una metafora del cammino della psiche verso la totalità. Ad ogni operazione è associato un colore.

Galliani

Galliani

NIGREDO/nero (Depressione, angoscia, ansia, sofferenza, paura, caos, difficoltà, malattia, preoccupazione, solitudine, trauma, stato di alterazione, senso di perdita, rassegnazione, impossibilità di trovare un rapporto sufficientemente positivo con gli altri e la realtà ).

La nigredo Essenziale al conseguimento dell’obiettivo, lo “opus”, è la morte iniziale e la successiva “putrefactio” espressa simbolicamente dalla semina e dal seme che nella terra marcisce. Questa fase corrispondente alla “nigredo” e all’inverno. Perché il seme fruttifichi deve essere infatti sepolto nella terra. Questo è il “regime di Saturno”, la fase “al nero” che copre da sola la metà del ciclo, così come la notte copre la metà del ciclo solare giornaliero. Metaforicamente l’operazione alchemica che avviene è la combustione. Questa tappa è caratterizzata dall’archetipo dell’Ombra, ossia tutti quegli aspetti che l’individuo non conosce di se stesso. L’Ombra rappresenta tutto ciò che è stato rimosso per l’educazione e le influenze dell’ambiente sottoposte all’individuo. Questi elementi sono rappresentati nei sogni e nei simboli generalmente con figure demoniache, discariche, viaggi nell’oscurità, mostri e inseguimenti.

nigredoNella tradizione simbolica l’idea delle tenebre non ha ancora significato negativo, perché corrisponde al caos primigenio dal quale può nascere ogni cosa, esso è infatti associato all’invisibile e all’inconoscibile, quindi anche alla divinità creatrice originale, o la scintilla inziale da cui tutto si è palesato, alla faccia nera della LUNA  o alla luna nera. I nostri antenati  impersonificavano le forze oscure dalle quali si sentivano minacciati proiettando terrificanti e maligne creature delle tenebre, e ad oggi non molto è cambiato, poiché ancora l’uomo si comporta come un fanciullo spaventato di fronte a ciò che non conosce o comprende, la Dea Ecate per esempio, era una di queste, percorreva la terra nelle notti senza luna assalendo gli atterriti viandanti alla biforcazione delle strade. Con la creazione di divinità terrificanti, i nostri progenitori cercavano di dominare la paura del buio proiettandola su un immagine che circondavano di attributi, credenze e riti, anche nella cultura popolare europea le fiabe e i racconti presentano la figura dell’uomo nero o di orchi e streghe vestiti di nero. Quella dell’uomo nero,  nasce alla fine del diciottesimo secolo in Inghilterra, dove era inizialmente legata ai minatori delle miniere di carbone e agli spazzini. Il nero era il colore di SATURNO dio dell’implacabile scorrere del tempo onorato a Roma nei Saturnali la festa di fine anno che coincideva con la morte e la rinascita del SOLE, il cui rito esprimeva l’imperativo naturale per il quale il vecchio ordine deve morire per dare origine al nuovo creando un ciclo infinito di morte e rinascita, anche se a livello più profondo la festa dei saturnali ci fa associare il colore nero alla comprensione che morte e rinascita sono fasi transitorie di una più ampia continuità.

 

Rotkho

Rotkho

ALBEDO/bianco (Cura, trasformazione e rinascita, elaborazione dei problemi, primo superamento delle difficoltà, nuova visione delle cose, nuove energie, speranza, progetto, espansione di coscienza, immaginazione creativa, iniziazione)

Albedo è l’opera al bianco è la fase fondamentale della resurrezione accomunata alla primavera. “Horus è bianco, Osiride è nero” dice Plutarco; ma Horus è appunto Osiride rinato mentre il “nero” si riferisce ad Osiride smembrato. Alchimia è la fase della dissoluzione. Questa tappa è caratterizzata dall’incontro con l’archetipo dell’Anima per il maschio e l’Animus per la donna. L’Anima rappresenta tutti quegli aspetti prettamente psichici e mentali, ossia il primo contatto iniziatico dell’individuo con la propria psicologia. Viene rappresentata come una donna, una figura femminile. Questo archetipo è quello più comunicativo di tutti gli altri perché sommerge l’individuo di immagini provenienti dall’inconscio, crea illusioni e complicazioni, nonché anche crisi. L’Animus rappresenta tutti quegli aspetti prettamente maschili, pratici e concreti, razionali, e reali, ossia il contatto con la sfera del diretto e del tangibile, il “ora e qui”. Questo archetipo è il più battagliero e pragmatico ed è pericoloso per le sue capacità strumentali e armamentarie di sommergere l’individuo. Viene rappresentato nei sogni con la guerra, il fabbro e simboli simili. La non comprensione di tale archetipi può costare un blocco, una stasi, una nevrosi. Entrambi hanno potenzialità di creatività e distruzione. l’Io sopravissuto alla notte oscura e alla tempesta di emozioni si affaccia a un modo nuovo, sconosciuto e mai provato in precedenza di essere nel mondo.

AlbedoIl colore bianco evoca la purezza, la verginità e la spiritualità, la luce lunare, il latte e le perle che sono bianche come la cenere e le ossa, ma la simbologia primaria è quella della luce, elemento fondamentale dei miti della creazione.In tutte le religioni il bianco è il simbolo della divinità, anche il cristianesimo  associa la luce alla realtà spirituale, dice Gesù:”Io sono la luce del mondo, chi mi segue non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Nelle fiabe il bianco indica la luce del giorno, la salvezza dell’eroe o l’intervento di una forza benefica, nella mitologia è il colore di creature speciali soprattutto quelle che attraversano il confine tra il reale e l’immaginario: unicorni, pegaso, uccelli bianchi, cigni, conigli bianchi come quello di pasqua), eccetera. Il bianco da una connotazione positiva anche a esseri notoriamente malefici, basti pensare ad esempio, ne “la storia infinita” di Michael Ende al drago della fortuna che è bianco mentre il cane, che normalmente è un animale dalla simbologia positiva, è nero, al contrario in molti cartoni animati il cane bianco rappresenta salvezza dal pericolo, l’ideale della ragazza pura ed eburnea è presente anche nella fiaba di Biancaneve, la madre desiderava una bambina bianca come la neve, rossa come il sangue, nera come l’ebano.

 

Klimt

Klimt

CITRINITAS/Giallo (Guarigione, consolidamento, consapevolezza, rasserenamento, equilibrio, impegno, stabilità, concentrazione, determinazione, coerenza, disciplina, lavoro, ponderazione, produttività, ricerca e creatività, responsabilità, fecondità)

La Citrinas è la combustione è il passo successivo nel processo alchemico. Richiede di bruciare il materiale ad alte temperature per renderlo incandescente.  Prima di diventare rosso incandescente la materia prima  assume toni sul giallo. La presenza di questo colore può indicare che è in atto una trasformazione psichica attraverso una cottura psicologica che vuol dire rimanere nell’emozione, stare dentro Questa tappa è caratterizzata dall’incontro con il Vecchio Saggio. Tale archetipo è da intendere come il corrispondente speculare della figura maschile, ossia paterna, della Grande Madre. È quell’archetipo in cui sono rinchiuse tutte le potenzialità dell’individuo, ossia la sua previsione, la sua capacità di ragionamento e la sua esperienza. La Grande Madre rappresenta la meta finale della psicologia femminile. Il Vecchio Saggio rappresenta tutto ciò che l’individuo sta per diventare dopo aver attraversato le fasi precedenti, un uomo, un saggio che sa, che ha conosciuto il passato, il presente e il futuro. Il Vecchio Saggio è capace di districarsi dalla tela appiccicosa dell’Anima e dalle battaglie furenti dell’Animus e come tale viene rappresentato come un consigliere, un filosofo, un esperto in materia. La sua non comprensione può tenere saldo l’individuo nella sua situazione bloccandone l’evoluzione che rappresenta. Per ottenere una nuova sostanza, da questa dissoluzione gli alchimisti usavano il processo chiamato disseccamento. A volte veniva usato lo zolfo. Lo zolfo è giallo e infiammabile, qualità che condivide con il sole che rappresenta nella simbologia psicologica la coscienza. Il  colore giallo, può indicare che il dinamismo della coscienza, la volontà sono  in movimento. Ciò che era vago e confuso può diventare chiaro, acquistare significato e forza.

Il giallo è il colore del SOLE, del calore e della luce, il potere germinativo del giallo si ritrova in tutte le civiltà, nella mitologia i caldi raggi solari sono considerati generatori di vita come nel mito greco di Danae. L’immagine della luce come fonte di vita compare nel Cristianesimo in alcune versioni dell’annunciazione e nell’iconografia cristiana si è trasformato nel giallo dorato delle aureole: i primi cristiani associavano Gesù al colore giallo e le allusioni bibliche al Cristo come “luce del mondo” fanno pensare a una penetrazione nella religione cristiana di antichi culti solari. Questo colore indica anche lo sposalizio e per questo si offrono fiori agli sposi, inoltre bisogna non dimenticare che la natura è ricca di gialli dalle corolle dei fiori alle sfumature del grano, ai frutti che maturano sugli alberi, ai vari cereali come il mais e al polline, tutte cose che tra l’altro sono poste sotto gli auspici del Sole in magia e perciò usati come offerte alle divinità che rappresentano le sue energie.Il giallo figura ampiamente nei racconti mitologici e ci ricorda ad esempio il vello d’oro e i pomi delle Esperidi che vivevano in un giardino ai confini occidentali del mondo conosciuto e curavano gli alberi dai pomi d’oro custoditi dal serpente Ladone (cosa che ricorda molto il mito dell’Eden dove vi era un serpente che convinse Eva a mangiare il frutto proibito): impossessarsi dei pomi d’oro delle Esperidi fu una delle dodici fatiche di Ercole (o Eracle in greco). Il giallo indica il principio attivo e creativo associato al maschile e  spesso al simbolo del padre, in entrambe i casi indica uno sviluppo dell’autonomia e della personalità e una visione serena, positiva ed equilibrata della vita.

Kandinsky

Kandinsky

RUBEDO/Rosso  (Compimento, armonizzazione, gioia, raccolto, individuazione del Sé, pienezza, apertura alla vita, spiritualità, armonia, tolleranza, rispetto, alleanza, pace interiore, amore universale, amore per se stessi, accettazione, vitalità, profondità)

La rubedo è l’evaporazione è l’operazione che trasforma la materia solida in sostanza gassosa. E’ il momento del movimento dinamico degli opposti. Prendendo consapevolezza delle proprie contraddizioni, può cominciare ad assumere forma un senso di centralità. Questa tappa è caratterizzata dall’incontro con l’archetipo del Sé. Tale archetipo è la summa del percorso di individuazione, il fine dell’individuo che si dispiega avanti a lui, come un fiore che sboccia. Viene rappresentato come luce, come mandala, come quaterna, come centro e come Dio. Tale archetipo rappresenta l’individuo stesso, tutto ciò che durante la strada ha visto e ha accumulato. Se l’individuo ha incontrato il Sé significa che l’Io è allineato con esso. Non andarci incontro significa semplicemente che il percorso non è ancora terminato. La struttura del percorso è fondamentalmente la stessa, ma le modalità di percorrenza si svolgono su due piani diversi, tra loro contigui, paralleli fino a un punto delimitato dall’inconscio personale, oltre il quale l’individuo non si spinge se non possiede ciò che un alchimista del XVI secolo definiva “imaginatio” e che Jung ribattezza con il concetto di “funzione trascendente”. Lo scopo della terapia analitica è di fornire al paziente la funzione trascendente (fantasia, immaginazione, ispirazione) che permette all’individuo di sublimare la pulsione in fantasie e di trasferire il conflitto psichico, il disagio emotivo e l’oscillazione umorale, causa frequente delle malattie psicosomatiche, sul piano dell’immaginazione. Arriviamo così al coronamento dell’opera alchemica:  le nozze mistiche degli opposti, la coniuncto. Queste nozze sono possibili solo se, in precedenza, gli opposti sono stati differenziati (spirito/materia, conscio/inconscio, luce/ombra). Gli opposti vengono riuniti  in un’unità in cui, paradossalmente, ognuno continua ad essere ciò che è, ma divenuto parte di una più ampia totalità.

RubedoIl colore associato alle nozze mistiche degli opposti è il rosso.  Quando questo colore compare, state forse raccogliendo il premio di uno stato vicino alla totalità, conquistato duramente attraverso i precedenti stadi di crescita personale. E’ uno stato di grazia. Non dura a lungo, ma possiamo ricordarlo, conservandolo come un seme gettato nella Significato e simbologia colore Nero. Il rosso ha una storia poiché veniva usato nei riti funebri del neolitico come colore cerimoniale, nelle figure rupestri europee è stato usato per disegnare la rappresentazione di uomini e animali ed è ancora il colore principale dell’arte aborigena australiana.Antichi e moderni associano il rosso al sangue e alla vita, poiché senza sangue non si vive, quando si abbandonò l’uso dei sacrifici animali per scopi religiosi, mai abbandonati in tutto il mondo ma in quello civilizzato si, il colore rosso sostituì il sangue vero diventando il colore sacro del sacrificio. Agli albori della cristianità il rosso simboleggiava lo spirito santo, la chiesa primitiva attribuiva l’azzurro al Padre e il giallo al Figlio, mentre oggi i cristiani hanno abbandonato questi colori simbolici del Dio uno e trino e l’uso sopravvive solo nei paramenti sacri di alcuni riti liturgici. Come simbolo di sacrificio dell’iconografia, il cristo  è spesso rappresentato con un manto rosso sopra ad una veste bianca, il simbolismo del rosso che si sostituisce al sangue del sacrificio permane nel rito dell’Eucarestia, rappresentato dal vino rosso. La forza evocativa del rosso deriva dal suo legame con i colore del sangue e del fuoco due elementi importanti per gli uomini antichi e che, anche in noi, evocano per associazione di idee, forti sensazioni, infatti il fuoco è stato usato per scacciare gli spiriti e i demoni delle tenebre. Un altro aspetto di questo colore è la sua associazione con il solstizio d’inverno che cade tra il 22 e il 23 dicembre (dove hanno fatto cadere anche la nascita di Gesù con il Natale) questo è uno dei motivi per cui il colore rosso è associato al Natale. L’astrologia suggerisce un altro modo di interpretare il rosso associandolo al colore di Marte il dio della guerra e governatore dei nati sotto il segno dello Scorpione e dell’Ariete cui infonde passionalità, forza e coraggio. Da questo punto di vista il rosso può essere visto come la manifestazione naturale del temperamento attivo, dell’energia necessaria alla vita, alla salute ed alla crescita verso la conoscenza.

Opera al nero
Melanosi  o Nigredo

Putrefactio

Terra

Inverno

Notte

Opera al bianco
Leucosi  o Albedo

Acqua

Primavera

Aurora

Opera al giallo
Xantosi  o Citrinitas

Aria

Estate

Giorno pieno

Opera al Rosso
Iosi  o Rubedo

Fuoco

Autunno

Tramonto

 E IL BLU ALCHEMICO?

Yves Klein

Yves Klein

Vi è una ‘sottofase’ assai importante per il processo che va dalla Nigredo alla Albedo , la fase del Blu alchemico, e sulla quale Hillman si sofferma con grande profondità e precisione.  Si tratta di una fase metaforicamente molto significativa in psicoterapia, in quanto è considerabile come ciò che resta di uno stato negativo nonostante la guarigione, e quindi ciò che non può e non deve essere eliminato perché è necessario come esperienza, consapevolezza, accettazione del male. Il ‘livido blu’, più o meno permanente’, è ciò che consente all’Albedo di non diventare ingenuità, candore, verginità senza coscienza del male, della sofferenza e della caoticità della Nigredo. Riportiamo dunque il seguente brano di James Hillman.

da “Blu alchemico e unio mentalis” di James Hillman

Fuochi bluIl passaggio dal nero al bianco si compie talora attraverso una gamma di       altri colori, i blu più scuri in particolare, i blu dei lividi, della       sobrietà e dell’esame di coscienza puritano, i blues dello slow jazz.       Il colore dell’argento non era soltanto il bianco, ma anche il blu: Ruland       elenca 27 tipi di argento dal colore blu e Norton scrive che «l’argento si       può agevolmente trasformare nel colore della lazulite, perché… insita       nell’argento, prodotto dall’aria, è la tendenza ad assomigliarsi al colore       del cielo». È di tale forza l’associazione del blu con l’argento e con l’imbiancamento,       che persino la chimica moderna, nel discutere la testimonianza alchemica (l’originarsi       di un pigmento blu dall’argento trattato con il sale, l’aceto, eccetera),       ritiene che gli alchimisti avessero una qualche giustificazione fisica a       noi ignota, a conferma di quanto asserivano.       Ma tale asserzione non si fonda piuttosto sulla fantasia?

Sull’argento sofico di un’immaginazione imbiancata che sa       che nell’inargentarsi il blu è presente, e quindi lo vede?       La fase blu che separa il bianco dal nero assomiglia alla tristezza che       emerge dalla disperazione nel suo procedere verso la riflessione.       Riflessione che proviene da una distanza blu, o in essa anche ci       introduce, non tanto come un nostro atto di concentrazione, ma come       qualcosa che in noi si insinua quale una fredda, isolante inibizione.       Questo ritrarsi verticale assomiglia anche a uno svuotarsi, al crearsi di       una “capacità” di accoglienza, o di un ascolto profondo – già un presagio       dell’argento.       Sono queste le esperienze che Goethe associa al blu: «Il blu reca ancora       con sé un principio di oscurità… è potente, come colore, ma appartiene       alla serie negativa, e nella sua purezza più elevata è quasi una negazione       stimolante… una sorta di contraddizione tra eccitazione e riposo. Come       ci appaiono blu il cielo in alto e i monti più lontani, così una       superficie blu sembra allontanarsi da noi… ci trascina al suo seguito.       Il blu ci da un’impressione di freddo e quindi, ancora, ci fa memori       dell’ombra. Abbiamo già parlato della sua affinità col nero. Le stanze       dipinte di blu puro sembrano in qualche misura più larghe, ma al tempo       stesso vuote e fredde… gli oggetti visti attraverso un vetro blu (sono)       lugubri e melanconici». Ma la tristezza non è tutta del blu: anche un tumultuoso dissolversi della       nigredo può mostrarsi attraverso “blue movies” (film pornografici), “blue       language” (linguaggio blasfemo), nell’amour bleu, nei barbablù, nelle       “blue murder” (minacce di carneficina), e nel corpo cianotico. Quando       insorgono fantasie Animus-Anima di questo genere, perverso, pornografico,       agghiacciante o vizioso, è all’interno della transizione del blu verso       l’albedo che possiamo situarle; potremo allora cercare tracce d’argento       nella violenza, perché vi sono modi di riconoscersi che prendono forma       nell’orrore e nell’oscenità.       La putrefactio dell’anima genera una nuova coscienza animica, un       radicamento psichico che deve includere esperienze infere proprie di       Anima, le sue affinità con il perverso e la morte.       Il blu scuro del manto della Madonna genera molte ombre, e sono quelle che       le danno profondità di comprensione; proprio come la mente formata sulla       Luna è vissuta con Lilith, cosicché il suo pensiero non può mai essere       ingenuo, non può cessare mai di sprofondare verso le ombre.       Il blu protegge il bianco dall’ingenuità.       Come Jung afferma, la direzione verticale è associata al blu per       tradizione. Le antiche parole greche per il blu servivano anche a       designare il mare; in Tertulliano e in Isidoro di Siviglia il blu si       riferiva sia al mare sia al cielo, analogamente alla parola greca (bathun)       e a quella latina (altus), che implicavano l’alto e il profondo in una       sola parola.       La dimensione verticale come gerarchia persiste nel nostro linguaggio, nel       sangue blu per la nobiltà, nei nastri azzurri delle premiazioni, e in       molte immagini mitologiche di “dèi blu”: Kneph d’Egitto, le vesti blu di       Odino, Giove e Giunone, Krishna e Vishnu, Cristo nel suo ministero terreno,       come il Cristo-Uomo blu visto da Hildegard di Bingen.       Il passaggio dal nero al bianco attraverso il blu implica che il blu porti       sempre il nero con sé. (Fra i popoli africani, per esempio, il nero       include il blu, mentre nella tradizione giudaico-cristiana il blu       appartiene piuttosto al bianco). Il blu porta nell’imbiancamento tracce di       mortifìcatio. Quel che era prima la vischiosità del nero, quale catrame o       pece da cui era impossibile liberarsi, si trasforma ora nelle virtù       tradizionalmente blu della costanza e della fedeltà; gli stessi eventi       foschi appaiono diversi, e gli aspetti tormentati e sintomatici della       mortificazione – lo scorticarsi, la frantumazione di vecchie strutture, la       decapitazione di volontà caparbie, i topi e il marciume della propria       cantina personale – cedono il passo alla depressione.       Come il blu, perfino il più scuro, non è nero, così la depressione, anche       la più profonda, non è la mortifìcatio che significa morte dell’anima. La       mortifìcatio è più spinta: le immagini sono compulsivamente imprigionate       nel comportamento, la visibilità è zero, la psiche è intrappolata       nell’inerzia e nell’estendersi della materia.

Picasso, periodo blu

Picasso, periodo blu

Una mortifìcatio è un tempo       di sintomi. Queste torture della psiche nella physis, inesplicabili e       totalmente materializzate, vengono mitigate, in accordo con la sequenza       dei colori, da un moto verso la malinconia, che può aver inizio con un       rimpianto dolente perfino del sintomo perduto: «Era meglio quando stavo       male fisicamente – ora posso soltanto piangere». Estrema infelicità (”       blue misery”).       Così con l’apparire del blu il sentimento diventa sovrano e il sentimento       sovrano è il lamento dolente (Rimbaud equipara il blu alla vocale “O”, e       Kandinsky al suono del flauto, del violoncello, del contrabbasso e       dell’organo).       Sono lamenti che portano tracce dell’anima, del suo riflettere e       distanziare attraverso l’espressione immaginativa. Qui è più facile capire       perché la psicologia archetipale abbia eletto la depressione a via regia       del “fare anima”: gli esercizi ascetici che chiamiamo “sintomi” (e il loro       “trattamento”), la disperazione per la colpa e il rimorso, in quanto       decomposizioni della nigredo, trasformano la vecchia personalità dell’Io “riducendola”;       ma questa necessaria riduzione è solo preparatoria al senso d’anima, il       cui primo apparire è appunto nell’immaginazione venata di blu della       depressione.       Possiamo dire che il blu sia il prodotto di una collaborazione fra Saturno       e Venere. Secondo Giacinto Gimma – un gemmologo settecentesco – il blu       rappresenta Venere, mentre il capro, l’emblema saturnino del Capricorno, è       l’animale del blu; e il Capricorno, come ricorderete, si estende       lentamente dalle profondità alle altezze: immensa distanza e immensa       pazienza. Nel recare a Venere una malinconia più profonda e nell’indurre       magnanimità in Saturno (un’altra virtù del blu, secondo Gimma), il blu       rallenta anche il passo del bianco, perché è il colore del riposo (Kandinsky)       e quindi il fattore ritardante nell’imbiancamento.       È l’elemento della depressione che suscita dubbi profondi e principi       elevati, che vuol dare alle cose un ordine di fondo e definirle per       renderle chiare.       Questo effetto del blu sul bianco può manifestarsi in sentimenti di       servizio, in operosità e disciplinata osservanza delle norme, o in certi       simboli civici convenzionali che taluni di questi sentimenti potrebbero       assumere, come la Croce Blu, i “blue collars” e le tute blu. Lo stesso       effetto può anche manifestarsi nei sensi di colpa e negli scrupoli di       coscienza.       Vi è infatti un “aspetto morale nell’imbiancamento” – e penso che proprio       questo sia l’effetto del blu. L’imbiancamento non implica un venir meno       dell’Ombra, né un prenderne coscienza; per me significa invece un più       vasto spazio per sostenere le sue altezze e le sue profondità, la sua       intera dimensione. L’anima si fa più bianca perché l’Ombra è uscita dal       rimosso e si è diffusa nelle diverse ramificazioni della coscienza; come i       blu che infondono la profondità dell’ombra e la precisione del corpo nei       dipinti a olio, come la goccia blu che fa più bianco il bucato.       La peculiarità dell’ombreggiatura dipende dalla proporzione bianco/nero:        «Se il nero supera il bianco di un grado, ne risulta un colore blu-cielo».        Quanto più nero c’è tanto più scuro è il blu; e anche quelle celestiali       aspirazioni, che come lampi azzurri corrono nel lontano blu selvaggio,       portano un po’ di oscurità, una goccia di putrefazione, una grazia       salvatrice di depressione nella loro speranza; e la grazia salvatrice del       celeste (“light blu”) di Maria sta forse proprio in quel suo “grado di       nerezza”.       Secondo me, la definizione junghiana del blu, come “funzione di pensiero”       si connette all’antica associazione del blu con le profondità impersonali       del mare e del cielo, con la sapienza di Sophia, con la filosofia morale e       la verità. Le immagini dipinte di blu, dice lo pseudo- Dionigi «mostrano       la segreta profondità della loro natura»: il blu è «oscurità resa visibile». Questa profondità è una qualità della mente, un potere invisibile che       permea ogni cosa, come l’aria – e il blu è il colore dell’elemento aereo,       come l’Alberti scrive nella sua grande opera Della Pittura. Quando i blu       più scuri si presentano in analisi, io mi preparo, prevedendo che ci       attendano ora le altezze e le profondità di Animus e Anima, o dell’Animus       dell’Anima, come talora lo chiamano gli junghiani. (Sapevate che       “blue-stocking” significava donna colta, che “blueism” significava “il       possesso o l’ostentazione di cultura in una donna”, e che il semplice       termine “blue” significava un tempo “amante della letteratura”?).       Questi blu scuri sono inflazioni dell’impersonale, del nascosto; ma non       sono euforici nella loro inflazione, si presentano invece come ponderosi       pensieri filosofici, giudizi sul bene e sul male, e sul luogo della verità       in analisi. E tuttavia quel che sembra, e in effetti è, così profondo, in       realtà è distaccato e lontano dalle cose immediate.

Chagall

Chagall

      Ciò di cui stiamo parlando «sembra allontanarsi da noi» e «trascinarci al       suo seguito» (Goethe), con i modi seducenti di Anima.       Ricordare che l’Animus dell’Anima è uno spirito psichico che cerca di       illuminare l’anima, sprofondandola o innalzandola verso le verità       impersonali, mi aiuta a meglio destreggiarmi in queste sedute analitiche;       sono arrivato a capire, grazie a Goethe, che in questi colloqui blu-scuro       di “negazione stimolante” (pensieri negativi dell’Animus, giudizi negativi       dell’Anima), è riposto un tentativo di ricerca dell’anima. È un’opera di       distanziamento e di distacco (Goethe) che si va compiendo, uno sforzo di       riflessione che è tuttora intriso di nigredo, perché scava troppo in       profondità e preme troppo forte, trascurando le superfici immediate da cui       l’argento trae la sua luce; e tuttavia quelle stesse “negatività”, che       ossessionano a tal punto la riflessione con fosche intuizioni e “ruminazioni”       depressive, dilatano lo spazio psichico svuotando la stanza (Goethe) delle       sue precedenti strutture.       Quando l’anima tenta di aprirsi una via di uscita dall’oscurità,       attraverso faticose meditazioni filosofiche, ha luogo allora       l’imbiancamento: l’Animus è al servizio dell’Anima.       Persino la negatività dell’umore e della critica, e il mio stesso ritrarmi,       che avverto durante questi esercizi, appartengono a questo percorso blu       verso il bianco. La nigredo non ha termine in un’esplosione o in un       piagnucolio, ma impercettibilmente passa nel soffio dell’anima (anima) con       un sospiro.       Ci può essere di aiuto ricordare un’immagine di Rabbi ben Jochai riportata       da Scholem: la fiamma ascendente è bianca, ma proprio alla sua base, come       un piedistallo, vi è una luce blu nera la cui natura è distruttiva. La       fiamma blu nera attira le cose e le consuma, mentre il biancore continua a       fiammeggiare al di sopra. Il blu distruttivo e il bianco sono racchiusi       nello stesso fuoco, ed è in virtù della sua stessa inerenza alla nigredo –       commenta Scholem – che la fiamma blu può consumare l’oscurità di cui si       nutre.       Gli aspetti che siamo andati scoprendo in questa amplificazione mettono in       rilievo l’importanza del blu nel processo alchemico. Qualcosa di       essenziale andrebbe perduto se l’apparire del bianco non fosse che il       risultato di una liberazione dall’oscurità; qualcosa deve incorporare       nell’albedo una risonanza, una fedeltà a quel che è accaduto, e       trasmetterne la sofferenza con un’altra sfumatura: non più come dolore       lancinante, come decomposizione o come memoria della depressione, ma come       valore.       Il valore fa parte della fenomenologia dell’argento: il senso del valore       delle realtà psichiche non si genera soltanto dal sollievo alla più nera       disperazione. È proprio il blu che da valore al bianco, nei modi che       abbiamo indicato, e specialmente con l’introdurre preoccupazioni di ordine       morale, intellettuale e religioso; così portando alla mente imbiancata una       capacità di valutare le immagini, di dedicarvisi con devozione, e un senso       della loro verità, invece di riflettere semplicemente lo spettacolo che       offrono considerandolo una fantasia.       È il blu che da profondità all’idea di riflessione, al di là della sola       nozione del rispecchiarsi, inducendola verso nozioni ulteriori, quali il       ponderare, il considerare, il meditare. Si dice che i colori che       annunciano il bianco siano quelli dell’iride e dell’arcobaleno, quelli dei       “multi flores”, e soprattutto quelli che risplendono nella coda del pavone       con i suoi molteplici occhi.       Secondo Paracelso i colori sono il risultato di un prosciugarsi       dell’umidità: lo si creda o no, c’è più colore nel deserto alchemico che       nell’inondazione, più dove l’emozione è minore che dov’è maggiore.       L’inaridirsi libera l’anima dal soggettivismo personale e, man mano che       l’umidità si ritrae, quella vivacità un tempo posseduta dal sentimento può       ora oltrepassarlo, per riversarsi nell’immaginazione – dove il blu è       d’importanza straordinaria, perché è il colore dell’immaginazione tout       court.       Per fondare questa apodissi non mi limito a quel che finora abbiamo       esplorato – l’umor malinconico (“blue mood”) che favorisce il fantasticare,       il cielo azzurro (“bluesky”) che suscita l’immaginazione mitica       chiamandola alle mete più distanti, il celeste di Maria, epitome       occidentale dell’Anima, e la sua funzione di stimolo nel “fare immagine”,       la rosa blu del romanzo, un pothos che si strugge per ciò che è       impossibile, contra naturam (e pothos, il fiore, era una consolida reale       blu, o delphinium, posata sulle tombe).

da “Blu alchemico e unio mentalis” di James Hillman

Hillman