Dalì-Il grandemasturbatore1929

Dalì-Il grandemasturbatore1929

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fantasie masturbatorie maschili

Per quanto il maschio attraverso il machismo patriarcale voglia affermare una tronfia immagine eroica e di potere, la sua vita sessuale e sentimentale è cosparsa di trappole e di sabotatori interni che è tanto più incapace di riconoscere quanto più si crede di essere potente e superiore. Ma anche quando l’uomo assume atteggiamenti eccessivamente profemminili e autocolpevolizzanti in fondo tende a coprire dubbi su se stesso e la sua virilità. Talvolta sente nel suo intimo di non  essere capace a competere con uomini ritenuti più virili, che riscuotono maggior successo con il femminile per quanto si possano considerare come delle caricature di machi palestrati, Don Giovanni e sciupafemmine che pure sembrano far girar la testa a molte donne. Ecco allora che il maschio con difficoltà dell’identità indulge verso il political correct e la femminilizzazione, riscuotendo certo approvazione, ma spesso negando a se stesso e agli altri che adotta un qualche schema difensivo nei confronti di ciò che viene percepita come un’ aggressività femminile che non riesce ad affrontare. Molti uomini estremamente galanti e femministi dichiarati covano fantasie masturbatorie di rivendicazione sadica e dominante.

Il dio Pan

Il dio Pan

In genere le fantasie sadiche maschili, per quanto non arrivino alla messa in atto dello stupro, ma solo alla fantasia (dell’atto concreto qui non parliamo in quanto lo consideriamo una devianza psicopatico-criminale e non una parafilia) sono dovute al bisogno di costringere la donna a diventare oggetto sessuale, quale punizione per il suo negarsi. Secondo una certa visione psicoanalitica le fantasie di stupro, piuttosto comuni nell’uomo come nelle donne, richiamano un istinto panico e animale che attraverso l’eccitazione trova una reazione antipanica e antidepressiva, come nell‘attrazione selvatica tra Pan e le Ninfe. Si tratta di una fantasia estrema volta a superare con la forza animale le paure della sessualità istintuale (vedi J.Hillman, Saggio su Pan), ma che in assenza di tratti psicopatici non ha alcune intenzionalità , neppure potenziale, di essere messa in atto.

La prima grande paura del maschio è la castrazione dovuta ad una imago femminile che ad un tempo provoca l’eccitazione e la nega, per poi concedersi ad altri maschi. E qui si individua una radice edipica, laddove il bambino percepiva una madre seduttiva che però poi lo umiliava dimostrando maggior empatia ed affettività per il padre che non per lui. L’immagine del femminile, ancor di più da quando accentua la sua seduttività con la moda, i media dello spettacolo e della pubblicità, è vissuta come una provocazione della libido che poi viene negata e quindi come una castrazione, in complicità con altri maschi più potenti. Le fantasie sadiche maschili sono quindi compensatorie di un’ansia di castrazione inconscia, e quindi consentono di liberare l’eccitazione a livello masturbatorio o durante l’amplesso erotico. Tali fantasie perverse possono essere vissute occultamente durante il coito o anche condivise con una compagna consenziente, e che le gradisce o le tollera.

William-Adolphe_BouguereauTheRemorse_of_Orestes_1862.

William-Adolphe_BouguereauTheRemorse_of_Orestes_1862.

A questo punto va considerata una linea di confine tra ‘perversione’ e ‘perversità’; la prima è considerabile come una fissazione senza la quale le pulsioni erotiche non si attivano, la seconda invece è considerabile come una trasgressione che creativizza l’erotismo in un clima di complicità giocosa e consapevole. Ovviamente questa linea di confine è permeabile e mutevole. Va detto che la parola per/versione indica che l’eccitazione libidica passa in un ‘verso’ differente da quello genitale. Cosicché Freud considerava perversioni anche i preliminari che eccitano zone erogene non genitali, come addirittura anche il bacio, il quale però è stato poeticamente legittimato dalla cultura romantica. E’ ben noto che anche gli usi e costumi sessuale, a seconda delle culture e delle epoche, indicano cosa possa considerarsi perverso e cosa no. Qui potremmo considerare perversione ciò che seppure eccita il piacere, in qualche modo fa star male,  mentre la perversità invece può intendersi come un intimo rituale liberatorio per accendere e fluidificare l’eccitazione tra due amanti.

Ma in che senso la perversione fa star male? In senso psicoaffettivo, in quanto può derivare da complessi inconsci e da disturbi relazionali che finisce con l’esasperare, con conseguenze ulteriormente disturbanti. In tal senso le parafilie o devianze sessuali finiscono con il limitare la creatività e la fantasia erotica costringendola entro schemi fissi e ripetitivi, talvolta compulsivamente e talvolta con un trasporto ego sintonico consapevole. Invece la perversità risulta liberatoria, come  gioco erotico ma a patto che entrambi i partner abbiano una qualche consapevolezza del suo significato inconscio (che qui stiamo rapidamente esplorando) e che tra loro vi sia una qualche dinamica affettiva e relazionale.

Perversione e perversità sono comunque risposte a blocchi e inibizioni dovute ad un ‘complesso infantile inconscio’, che per primo Freud aveva individuato nell’evoluzione psicosessuale e relazionale avente inizio sin dalla vita neonatale, e aveva quindi parlato del bambino come ‘perverso polimorfo’, il quale scopre il piacere sessuale e quindi le zone erogene per altri versi (perversi) rispetto ai genitali. Nel maschio adulto la possibilità di sperimentare la perversità nella relazione erotica ha in fondo  la funzione di fortificare il legame con una compagna.

 Daniela Desana e Silvia Guandalini - Performance, 2007

Daniela Desana e Silvia Guandalini – Performance, 2007

Detto in parole povere un uomo è portato a credere che quante più ‘porcate’ la sua compagna gli concede di sperimentare  tanto più vuol dire che lo ama, e quindi tende ad ‘alzare la posta’ in un gioco che vuole portare all’estremo la complicità erotica. Invece possiamo considerare che la perversione, differentemente dalla perversità, non è un mezzo per fortificare la relazione con il partner, ma di usarlo come mezzo o oggetto finalizzato alla perversione stessa. In ogni caso è importante avere una qualche coscienza del ‘complesso inconscio’ che spinge alla perversità, altrimenti questa può trasformarsi più facilmente in una fissazione perversa o diventare causa o effetto di crisi ed equivoci affettivi e relazionali.

Abbiamo detto che le fantasie erotiche dominanti del maschile sul femminile in qualche modo derivano da una paura di castrazione e di perdere il bene, in termini di piacere e di amore che il femminile può concedere come non concedere. Talvolta la fantasia di dominio non si attua su un versante esplicitamente sadico-punitivo, ma su un  negare la relazione affettiva, riducendo la donna a mero oggetto sessuale . La prostituta si presta per denaro a concedere sesso, senza che vi sia un impegno affettivo. In tal modo l’uomo che ha bisogno di ridurre la sua ansia da prestazione affettiva,  inconsciamente  si sente più sicuro, in quanto non teme di poter essere negato o abbandonato affettivamente, e quindi si eccita più facilmente. Si tratta di un’eccitazione che, per quanto possa essere intensa, è ad un livello molto superficiale e pur sempre gravido di una tensione depressiva all’insegna della solitudine e del disamore. Il grande psicoanalista della sessualità W. Reich considerava ben distinto l’orgasmo, dove si esperisce una fusionalità completa con l’amante, dal ‘riflesso orgasmico’ dove si ha uno sfogo della pulsione con un mero ‘venire’ – in tal senso la maggior parte degli orgasmi maschili non sono tali, in quanto sono meccaniche ‘eiaculazioni’. Se dopo l’orgasmo, l’uomo come la donna prova un senso di appagamento sereno e di gratitudine affettuosa, dopo l’eiaculazione c’è un senso di insoddisfazione e irrequietezza, che spesso i maschi nascondono girandosi dall’altra parte in quanto sarebbero troppo stanchi o anche preoccupati, ecc.

Vittorio Matteo Corcos    lettura sul mare, 1910,

Vittorio Matteo Corcos lettura sul mare, 1910,

L’oggettualizzazione della donna ovviamente non viene solo in modo reciprocamente consapevole come la prostituta, ma può avvenire con qualsiasi donna, qualora l’uomo mentre fa sesso orienta la sua mente a fantasie che lo allontanano da lei, la quale viene quindi vissuta come un oggetto masturbatorio puramente fisico. Tuttavia bisogna considerare che in un clima di complicità sessuale ed affettiva gli amanti possono coltivare fantasie non solo per trarne piacere per sé, ma anche per meglio trasmetterlo al partner. Per cui se un uomo si lascia trasportare, in certi momenti,  da fantasie eccitanti anche con lo scopo di mantenere l’erezione e meglio soddisfare la propria donna non ci troviamo in una dimensione puramente utilitaristica del corpo femminile. La perversità per il piacere personale, insieme e in senso altruistico va quindi compresa e coltivata reciprocamente, senza per questo doversi confessare l’uno all’altra come in un confessionale da cui avere l’assoluzione, ma con empatia e viene invece implicitamente contenuto in un contesto di buona intesa sessuale. Abbiamo infatti detto che l’uomo ha quasi sempre dentro di sé alcuni tratti di anima irrisolti che lo spingono a doversi difendere reattivamente da ciò che viene percepita come ambivalenza e negatività potenziale del femminile. 

Antonio MacedoLe donne spesso possono avere fantasie contraddittorie sul maschio e sul fallo, come organo desiderabile, ma che nello stesso tempo può risultare pericoloso, ripugnante, invasivo. Soprattutto la penetrazione può figurare fantasmi di sopraffazione, anche perché è collegata alla possibilità di una gravidanza, e poi perché può indurre paure di violazione e di violenza, sul corpo e la personalità. Sono una minoranza le donne che si sentono in sintonia con il proprio desiderio del fallo, cioè che sono fallofile e che riescono ad esprimere questa loro naturale attrazione verso i genitali maschili in modo rassicurante e gratificante per il maschio. Talvolta il maschio considera che la donna acconsente con sacrificio ad accogliere il pene e quindi a stimolarlo. Il maschio sente di essere percepito come in preda ad un suo divorante istinto sessuale che lo rende animalesco e quindi fuori controllo. In tal modo non vi è solo l’ansia di prestazione (sessuale e/o affettiva), ma l’ansia di essere colpevolizzato in quanto maschio, con conseguenti dinamiche reattive difensive, aggressive e manipolatorie.  Quindi affinché l’’istinto fallico’ si possa liberare  deve fare i conti, in forma corretta o scorretta, con vari blocchi e inibizioni pulsionali, per cui la sessualità maschile risulta alquanto complessa e pregna di fragilità. Ricordiamo che Freud nei suoi primi studi adoperava la parola ‘istinto’, ma poi la sostituì con la parola ‘pulsione’, in quanto gli esseri umani vivono gli istinti in modo psichicizzato e culturalizzato, cioè non come animali – e ciò sia nel bene e sia nel male rispetto agli animali. Il sesso non è solo veicolo di riproduzione per gli esseri umani, ma anche di amore e di creatività, tuttavia può diventare come abbiamo visto un tramite di frustrazione, violenza e sopraffazione. Per cui la pulsione sessuale maschile contiene dentro di sé i semi difensivi-aggressivi della scissione del femminile, con conseguenze disturbanti sul piano della personalità, della relazione e della società. Perciò un uomo deve conoscere se stesso anche attraverso un’educazione psicosessuale che gli consenta di avere maggior libertà dalle paure ataviche e dal complesso materno che lo condizionano con il femminile nella vita adulta. Ciò però deve avere il suo contraltare in un’educazione psicosessuale femminile che consente di sdrammatizzare le fantasie e le problematiche maschili spostandole dal piano della perversione a quello della perversità complice e trasgressiva. Quindi una buona relazione erotica è in grado di integrare e tollerare le fantasie maschili come quelle femminili in un’intesa reciproca, per quanto essa, come abbiamo detto non debba essere sempre esplicitata o messa sotto processo all’insegna di gelosie e insicurezze immature che invece di invadere la coppia dovrebbero essere affrontate attraverso un’analisi di se stessi.

MenageATrois-BlogParafilie e trasgressioni erotiche al maschile

Le fantasie di dominio del maschile sul femminile stanno alla base anche di altre parafilie che si ricercano a livello masturbatorio, immaginativo e nel vissuto erotico. Ad esempio la fantasia di penetrare la donna con oggetti è comunque un modo per dominarla, ma con ciò in qualche modo si esercita anche una fantasia di controllo del ‘fantasma erotico paterno’. Il padre che un tempo, ormai rimosso nell’ inconscio (ma non per questo superato),  era vissuto dal bambino come l’amante della madre, dalla quale poteva essere castrato adesso è ridotto a ‘vibratore’, e viene quindi fantasticamente evirato. L’ansia di perdere affetto e sensualità materne (che Freud ha spiegato in quanto sessualità primaria dell’infante) a causa del grosso fallo paterno, viene ridotta dalla possibilità di controllare simbolicamente quel fallo e di usarlo per far godere la propria donna. Dal confronto inconscio con il fallo del padre derivano poi le varie declinazioni fantastiche del ‘superdotato’ e quindi di un femminile che sarebbe tanto più soddisfacibile, e quindi ma anche manipolabile e controllabile quanto più grosso è il pene. 

Le fantasie di triangolazione e scambismo, le uscite al privé, l’immaginare la propria donna con un altro uomo o sottomessa d una gang bang, sono in parte considerabili come retaggi di immagini orgiastiche arcaiche – infatti è assai probabile che nei primordi dell’umanità il sesso non fosse vissuto in coppie stabili e fosse invece promiscuo e gruppale – ma in parte si tratta sempre di modalità di confrontazione con il fantasma paterno castratore. In questi casi il timore è quello di non poter soddisfare pienamente la propria donna e che quindi il compromesso migliore da fare sia quello di farsi ‘aiutare’ da altri uomini, magari vissuti anch’essi in funzione antipaterna. Questa fantasia può poi virare su un versante masochistico che volge ad erotizzare la sofferenza e l’umiliazione; in tal modo viene ritualizzato un atto di completa sottomissione al potere femminile e inconsciamente alla madre purché scelga chiunque tranne il padre e in cambio dia la totale garanzia di non abbandono.

pittori-incisori giapponesi del '7-800

pittori-incisori giapponesi del ‘7-800

In questa sottomissione masochistica e di concessione della propria compagna ad altri uomini, il maschio si libera patologicamente dalla paura dell’abbandono, e a tal fine immagina o anche contribuisce affinché la donna si conceda il più possibile ad altri uomini ai limiti di un abbandono che però non dovrebbe mai avvenire. Nel masochismo maschile come femminile, si fantastica di trasformare le umiliazione e gli abusi dell’infanzia in una possibilità di relazione erotica, piuttosto che nella sua totale negazione.  Nel masochismo maschile c’è il tentativo di trasformare l’ansia di castrazione paterna in una dimensione di sottomissione che consente all’aggressività del partner di integrarsi con le pulsioni erotiche e quindi di instaurare una relazione. D’altra parte tale sottomissione al partner preserva comunque forme di controllo e di dominio in quanto gli si concede di esprimere le sue fantasie sadiche, almeno nella misura in cui possono poi essere negate e rifiutate. La dinamica erotica servo-padrone/a diventa inconsciamente reversibile e questo quindi preserva un forte vincolo di reciprocità e di legame tra i partner. Il maschio masochista con la sua compagna in qualche modo trasforma l’immagine punitiva della madre e ne asseconda l’aggressività pur di stabilire con essa un legame forte e indissolubile. Tuttavia , un conto e avere una qualche coscienze sulle dinamiche inconsce delle proprie fantasie sessuali e un conto esserne totalmente ignari. In questo secondo caso la perversità, o il gioco erotico decade più facilmente nella perversione, quindi nelle costrizione alla fissazione meccanica, considerata come unica possibilità di eccitazione, e quindi nel malessere interiore e relazionale.

Fung Chin Pang, due prostitute

Fung Chin Pang, due prostitute

Come si intuisce il gioco tra perversione e perversità induce a favore della prima e quindi allo star male, poiché molto spesso finisce con il provocare proprio quell’abbandono che si voleva evitare in modo patologico, ovvero portandolo al limite tra finzione scenica e realtà. In questi casi vi è anche un represso desiderio omosessuale maschile che spesso emerge, quasi che la propria compagna possa diventare il tramite per ritrovare eroticamente un mancata o problematica affettività paterna. Ciò non vuol dire che vi sia un genuino orientamento omosessuale inespresso, ma che la fantasia omosessuale vissuta con la complicità della compagna possa simboleggiare un recupero dell’affettività paterna. Ciò si evince anche nelle pratiche del cosiddetto  strapon (nel linguaggio porno) ovvero farsi sodomizzare con oggetti o cinture falliche dalla propria partner. Va però considerata pregiudizievole l’idea che la stimolazione delle zone erogene anali maschili da parte di una donna sia solo compensatoria di un desiderio omosessuale represso o inappagato. In effetti l’area anale e perianale è fortemente erogena anche per il maschio e la sua stimolazione può invece essere riferita al soddisfacimento dei sentimenti passivi del maschio. Ciò vuol dire che il maschio attraverso l’erogeneità anale si libera dal dover intraprendere un ruolo fallico attivo, e rievoca incosciamente il piacere erotico di abbandonarsi alle antiche cure della madre risalenti al periodo del ‘pannolino’. Come si può percepire, nonostante la vulgata di  Freud e della moderna sessuologia, propinata spesso anche nei programmi televisivi più in voga, riflettere sul sesso e le sue ‘strane’ congetture con l’inconscio, un po’ fa sorridere, un po’ disgusta, un po’ incuriosisce e un po’ può anche eccitare… tutti questi ‘un po’’ ci rendono in fondo tanto umani, ed è con tale umanità che l’approfondimento dei molti perché sul sesso – della serie: ‘tutto ciò che non avete mai osato chiedere’ – dovrebbero trovare risposte generali e poi anche nell’evoluzione intima e personale di ciascuno, entro una dimensione liberatoria, di tolleranza e di piacere del sesso come dono della vita.  I moralismi e i pregiudizi castranti sulla sessualità sono le principali cause di devianza e di sofferenza sessuale ed affettiva. E’ veramente malato e assurdo condannare le persone perché si masturbano e perché si eccitano con fantasie che sono considerate immorali e malate sulla base di idee pregiudizievoli che sono queste sì, assurde e malate.

Dudine 2Vi sono poi tutta una serie di pratiche  erotiche, peraltro largamente conosciuti attraverso  i linguaggi scurrili o quelli della pornografia che indicano varie parafilie, vivibili con più o meno perversità o perversione. Il bukkake, l’atto di eiaculare sul viso o sul corpo della compagna da una parte indica una estremizzazione del sesso orale come atto di dominio profanante in quanto implica anche una regressione di tipo sadico-anale (sebbene la meta erotica sia il viso o la bocca). La fase ’sadico-anale’, in termini freudiani indica il tentativo di controllare le possibilità di piacere proprie e dell’altro. Freud spiega che il bambino supera la fase orale ed entra in quella anale quando capisce che è piacevole riuscire a controllare gli sfinteri, prevaricando quelle che sono le incitazioni della mamma a farla o a non farla. Lo sperma eiaculato sul volto femminile viene sentito dal maschio come qualcosa di sporco simile alle urine e alle feci che la mamma è costretta ad accettare a suo arbitrio. Nella donna invece la fantasia di bere lo sperma attraverso la fellatio potrebbe invece essere vissuta come una regressione alla suzione del seno materno, quindi ad una fantasia orale. Queste riflessioni, assai comuni nella letteratura psicoanalitica, ci fanno comprendere come la sessualità umana non sia dipendente solo dall’istinto, ma da pulsioni e come queste a loro volta dipendano da complessi e in modo in fondo normale dalla natura stessa dell’inconscio. Se infatti restiamo nell’ambito della perversità possiamo considerare che le pratiche erotiche trasgressive, parafilia che e finanche di ‘sesso estremo’ sono purificanti di scorie psichiche che altrimenti rimarrebbero inconscie dando origine a nevrosi. Così Freud diceva che l’individuo perverso non è nel contempo nevrotico, e che viceversa la paura verso la perversione e le quindi l’adozione di difese non perverse rende nevrotici. Poi però Freud considerava anche la perversione prima o poi si trasforma in nevrosi, ma l’evoluzione della psicoanalisi ha rivelato che ciò è vero nella misura in cui non vi è un’elaborazione e una simbolizzazione delle proprie fantasie e relazioni erotiche. Quando tra due partner c’è un consapevolezza sufficientemente generativa del vissuto affettivo e quindi c’è la volontà di capirsi, di tollerarsi e di esplorarsi vicendevolmente, allora le perversità possono liberare da blocchi nevrotici e si può osservare che un po’ alla volta esse tendono a moderarsi, a trasformarsi, e comunque a non fissarsi in una dinamica propriamente perversa. Tali perversità sono forme di patologizzazione più che patologie, e in quanto tali consentono di esperire ed elaborare gli aspetti d’Ombra della personalità individuale e della psiche collettiva che sta nel suo fondamento archetipico.

Atteone

Atteone

Ora non intendiamo percorrere tutto il catalogo delle parafilie, ma di riflettere sui loro aspetti simbolici e psichici. In tal senso va anche considerato il carattere simbolico e archetipico delle fantasie perverse, le quali richiamano atti rituali e procedimenti magico-sacrali, talvolta riscontrati in certe pratiche delle società primitive o nei miti. Nel Kamasutra (il manuale sessuale per donare in 64 modi diversi il massimo del piacere erotico) l’energia libidica viene considerata mistica dal momento che la si può liberare da ogni schema moralistico pur di accentuarla. Oppure possiamo considerare il sadomasochismo un atto iniziatico, o lo sperma come nutrimento, così come il mestruo e i liquidi vaginali, l’orgismo come atto confusivo mistico tant’è che la parola Ecclesia (Chiesa) in origine significava ‘orgia’.  Si tratta di immagini archetipiche individuabili anche nelle sexilingerie, travestitismi e dress code, e che sono riscontrabili non solo nell’immaginario più o meno pornograficizzato, ma anche nell’immaginale onirico e fantastico.  Questi abbellimenti erotizzanti  riaffiorano nelle pratiche sessuali trasgressive come copioni mitici dell’umanità, piuttosto che soltanto ai complessi e alle psicopatologie della vita individuale e collettiva. La vita religiosa è caratterizzata da paramenti, vestiario e ornamenti che la rendono particolarmente estasiante, così anche la vita erotica si adorna di una sua estetica che suscita fascino, adorazione, contemplazione. Si pensi quindi al feticismo inteso come adorazione erotica di un feticcio, quindi di una calzatura, come della biancheria intima, quale riflesso che l’adorazione di reliquie e feticci magico-sacrali ha sull’immaginale sessuale. Come molti pensatori e artisti hanno individuato vi è un mistico e inconscio intrecciarsi tra il vissuto erotico e quello religioso, nella storia dell’umanità, come in quella dell’individuo e ciò si può indagare anche nelle pratiche sessuali più o meno perverse e trasgressive. In tal senso certe perversioni maschile, per le loro modalità e per il modo di essere percepite, sono considerabili come pratiche di inconscia adorazione magico-sacrale dell’energia femminile la cui sacralità viene trasferita all’esperienza sessuale.

Il bisogno di garantirsi il piacere libidico ed erotico del femminile per le vie della perversione o della perversità comporta anche la fantasia di soddisfare la donna in modo incomparabile, che non potrà mai temere rivali, nel futuro come nel passato. Anche qui c’è nello sfondo inconscio l’insicurezza di poter soddisfare il femminile per via di un fantasma paterno vissuto come un competitor invincibile. La fantasia dello squirting, cioè provocare nella donna una sorta di eiaculazione, cioè un improbabile  evidente zampillo che scaturirebbe dalla clitoride, indica il bisogno di avere la sicurezza totale di essere riusciti  soddisfare la propria donna, cioè inconsciamente la madre vissuta come insoddisfacibile (se non dal padre). E’ tipica l’ansia di non riuscire a soddisfare la donna in quanto non vi è una erezione e poi una eiaculazione evidente, con la conseguente imbarazzante domanda “Ti è piaciuto?”. Da qui deriva anche la fantasia che individuando le vie perverse celate in una donna si possa riuscire a soddisfare tutti i suoi più reconditi desideri e quindi farla propria, sia nel senso di legarla affettivamente sé, ma anche solo per dominarla ed eliminare  potenziali rivali. I maschi che non elaborano la loro insicurezza a soddisfare la donna possono diventare  facile preda di nefaste gelosie (paranoidee e retroattive) circa eventuali amanti del passato che fossero riusciti a soddisfare segreti desideri della compagna e  che egli non riesce ad individuare e a soddisfare. Può perfino sentirsi sicuro del presente e del futuro, ma può essere patologicamente geloso del passato e non sa come fare in quanto non potrà mai essere sicuro di ciò che è avvenuto e di come poterlo superare. Anche in questo caso il complesso edipico materno si adombra di un fantasma paterno competitivo, il quale non è detto che debba essere stato un padre o un uomo negativo, anzi al contrario una persona ammirevole e quindi anche un amante inarrivabile.

Draper-Herbert-James-Ulysses-and-the-Sirens

Draper-Herbert-James-Ulysses-and-the-Sirens

Soffermiamoci ancora un momento sulle fantasie voyeristiche ed esibizionistiche del lmaschio. Il voyorismo effettuato di nascosto implica di mettersi al riparo dl timore di essere scoperto, rifiutato e respinto dall’oggetto erotico desiderato. L’eccitazione voyeristica può manifestarsi anche nel partecipare nascostamente o anche platealmente alla relazione sessuale di una donna con altri uomini, in tal modo viene superata l’ansia della scena primaria, cioè  l’avere assistito o immaginato modo traumatico e disturbante l’amplesso tra la madre e il padre.

Il mitico voyorista Atteone era un cacciatore che venne sorpreso dalle ninfe che facevano il bagno nude presso una sorgente.  La loro madrina Artemide si arrabbiò e lo punì trasformandolo in un cervo così che i cani da caccia lui lo divorarono. Forse possiamo dire il voyorista viene divorato dal suo stesso desiderio senza poterlo realizzare, toccare, rendere vivo, restandone avvinto e infine distrutto dall’immagine. Vi è poi il voyorismo che invece viene attuato in complicità con il femminile, sia nei locali di streep tease e sia nel gioco erotico con una amante. Evidentemente c’è una notevole differenza relazionale e affettiva, ma in entrambi i casi c’è una sorta di atteggiamento di devota contemplazione del femminile e l’implicita ammissione di essere alla sua mercé. Gli uomini spesso si vergognano di guardare compulsivamente  le donne, e si sentono provocati e spesso derisi quando diventano vittima del loro stesso sguardo desiderante. La possibilità di guardare al riparo della vergogna o anche con l’accondiscendenza del femminile li libera dall’ansia di fare la fine di Atteone. Il punto è che il voyerismo può diventare una fissazione che assorbe ogni sviluppo dello slancio erotico e si riduce ad un gioco fine a se stesso, entro chat, pornografiche e non,  e seduzioni narcisistiche che poi diventano una difesa-aggressiva per impedire una possibilità di relazione e per prevenire le ansie di impotenza e di prestazione in un eventuale passaggio all’atto. Talvolta il dongiovannismo maschile, volto a sedurre le donne illudendole attraverso false infatuazioni e  innamoramenti è una dinamica che si mette in moto senza ina vera e propria coscienza volitiva. Il maschio mette in scena il copione dongiovannesco per poter ‘amare sessualmente’ una donna, ma senza poi riuscire ad instaurare un amore realmente sentimentale. Questo perché la sua inibizione sentimentale  viene agirata attraverso una sorta di priapismo pulsionale, in seguito al quale diventa abbandonico, delusivo  e paradossalmente si sente anche abbandonato e deluso, come se fosse destinato al fallimento affettivo per colpe che ora vengono attribuite alle donne, e ora ad una sua propria indecifrabile ‘impotenza sentimentale’.

Anche l’esibizionismo maschile in fondo cova in sé il complesso materno laddove intende mettere il femminile in una condizione di imbarazzo e di assurdo quanto improbabile desiderio che però viene negato. Uomini particolarmente dotati spesso coltivano o praticano fantasie esibizionistiche quasi a voler dimostrare di averlo più grosso del padre e che quindi la donna (inconsciamente la madre) viene deviata dall’interesse verso il padre, senza peraltro che ciò comporti di volerla soddisfare.

 Liu Yuanshou, pittore cinese, n. 196


Liu Yuanshou, pittore cinese, n. 196

Vi sono poi fantasie maschili di  tipo pedomorfico, che non vuol dire pedofilo, ma vuol dire orientate a ragazze molto giovani, come teen agers e studentesse. E’ errato credere che si tratti solo di eccessiva attrazione verso le grazie di un corpo femminile più giovane, infatti il maschio cova una fantasia di supremazia psichica e intellettuale sulla donna, e, qualora sia molto giovane e si dimostri disponibile,  tale fantasia appare più realizzabile. In pratica il maschio sentendosi più maturo nei confronti di una donna giovane disponibile. tende a sentirsi più padrone di sé, e relativamente anche della compagna.  Una donna più matura, per quanto sessualmente appetibile, risulterebbe più problematica nel confronto psicologico e intellettuale in quanto richiederebbe una maggiore ed effettiva  maturità e parità relazionale. Invece la donna giovane consente di interpretare un copione relativamente meno impegnativo e meno richiedente sul piano psichico e intellettuale, e nel contempo di apparire un ‘grande uomo’, anche se non lo si è poi così tanto… Questa dinamica si rivela spesso un boomerang poiché l’uomo per quanto maturo può poi giungere ad una debilitante condizione di stress nel tentativo di mostrarsi giovane e potente, e quindi più affascinante agli occhi di una donna giovane.  Ella è spesso insidiata dai suoi coetanei ed è comunque spinta naturalmente verso un suo percorso individuativo  scegliere più aperto, trasformativo  e indipendente. E’ emblematico in tal senso il film L’Angelo Azzurro (1930)  di Josef von Sternberg dove una giovane affascinante Marlene Dietrich nei panni di una ballerina seduce un anziano professore universitario portandolo alla follia. Il tentativo di sentirsi superiori sul piano intellettivo, considerando la donna più stupida e infantile al fine di poterla meglio controllare e sedurre viene quasi sempre ribaltato a sfavore dell’uomo. In effetti molte donne giocano la parte della bambina, o anche dell’oca al fine di far sentire il ‘galletto’ più a suo agio, ma con finalità che spesso sono puramente seduttive e volte poi a dominarlo o, come si suol dire a ‘spennarlo’.

Spesso le donne mature temono le rivali più giovani, ma ciò si esapèera quanto più non sono consce che la loro seduttività dipende in misura assolutamente maggiore dallo psichismo, piuttosto che dall’aspetto fisico. I tratti immaturi di un uomo troppo attratto da ‘ninfette’ possono essere elaborati all’interno di una relazione con una donna più matura che può soddisfarli attraverso una reciprocità di eccitanti giochi erotici. In effetti non a caso il ‘gioco’ è la dimensione di receupero, anche a livello erotico, della ludicità dei tratti infantili nello psichismo maschile e femminile. Non a caso Eros è un puttino, cioè una deità bambina che va accolta nella sua dimensione puer, tenera e insiemne trasgressiva.

Marte e Venere - Pompei

Marte e Venere – Pompei

Proprio a tale fine la mitologia prevede anche che l’elaborazione del piccolo Eros avvenga anche con la partecipazione di sua madre Afrodite, la quale attraverso una sapienza che è appunto afroditica sa trasformare gli impulsi immaturi di Eros in una dimensione relazionale matura di creatività e di gioco erotico. Così dovrebbe accadere nella relazione armonizzata tra Afrodite e Ares (Marte) che rappresenta il maschile liberato dal complesso edipico e dalle puerili ansie di Eros.

Lucas-Cranach-il-vecchio-Diana-e-Otteone-dopo-il-1450.

Lucas-Cranach-il-vecchio-Diana-e-Otteone-dopo-il-1450.

Prime conclusioni: psicosessualità maschile: ‘Istruzioni per l’uso’

Come abbiamo visto nell’Ombra delle fantasie erotiche maschili, a livello di sessualità e di affettività, cova un fantasma complessuale materno che è sia riferito alla propria madre, e sia alla relazione che ella ha  con il proprio padre. Ma in modo più archetipico il ‘complesso materno’ è riferibile a ‘madre natura’ e quindi all’archetipo di un femminile ambivalente, considerato estremamente affascinate quanto tremendum.

Ecco che nell’Ombra dell’Anima maschile si polarizzano due estremi del femminili, a loro volta connotati da specifiche particolarità (si vedano gli studi di E. Neumann sulla psicomitologia archetipa del femminile), ma che comunque possono essere intesi come la santa da una parte e la strega da un’altra parte. La santa rappresenta il materno affidabile, nutritivo, non abbandonico e dall’amore incondizionato, la strega invece è anche la traditrice, la prostituta, ma anche la seduttrice, la vogliosa di sesso trasgressivo. Per quanto la madre sia il sommo bene affettivo essa appare incestuosa in termini sessuali, la sua imago risulta  castrante e rifiutante della carica erotica maschile, la quale invece si lascia attrarre e sedurre dalla strega: prostituta amante traditrice. Ma il dilemma più assurdo sta nel fatto che il tentativo di ricomporre in un’unica figura questa immagine del femminile non risulta essere una soluzione facile né ottimale,   in quanto ciò può generare l’immagine di una potenza femminile sconfinata alla quale non vi è altra possibilità se non quella di rendersi psichicamente dipendente. Il paradosso è che incontrare la propria compagna come espressione di sintesi ideale tra sesso e sentimento vuol dire correre il rischio di soffrire per la possibilità di  perderla, a causa della sua mortalità, ma soprattutto a causa della sua misteriosa natura ambivalente e potenzialmente abbandonica. Può allora accadere che una volta incontrata la compagna ideale, il maschio che non ha ancora maturato certe sue ansie sentimentali e sessuali, metta in atto dinamiche coercitive e manipolatorie al fine di tenerla saldamente legata a sé, ed in tal modo finisce con l’ottenere l’effetto contrario poiché la donna non si sente più libera di amare, ma costretta dentro una gabbia di reciproche dipendenza che risulta castrante e che ai suoi occhi puerilizza e svirilizza il compagno.

Clarence F. Underwood

Clarence F. Underwood

Il maschio assurdamente può covare un’ansia inconscia nel momento in cui il suo amore si manifesta pienamente sul piano sessuale così come su quello sentimentale. Infatti tende a restare diffidente nella convinzione difensiva che una donna da egli amata – dopo una prima fase di gratificante reciprocità – possa poi annoiarsi in quanto lo percepirebbe come un bambino dipendente, o come una conquista scontata, e voglia quindi orientarsi, anche solo immaginalmente, verso un altro uomo, la cui virilità si caratterizzerebbe per la sua essenziale indipendenza, autonomia o supremazia. Detto in altri termini la paura atavica del maschile verso la potenza piena del femminile, sessuale ed affettiva, persegue la massima che ‘in amore vince chi fugge’, quindi inconsciamente determina ostacoli, ostinazioni e trappole al fine di non sentirsi mai completamente soddisfatto della sua compagna, giacché la piena soddisfazione si potrebbe trasformare in una debolezza della quale l’ambivalenza femminile finirebbe con l’approfittarsi in modo svalutante e abbandonico.

Questa assurda complessità inconscia del maschile sussiste nella misura in cui il suo femminile interno, la sua anima non è elaborata e riconciliata con la psiche totale, conscia e inconscia –  per cui la compagna, propria in quanto suo completo ideale, di integrazione tra la madre e la prostituta, tra il sentimento e il sesso, può essere vissuta come una sorta di “vagina dentata”, come il ritorno ad un attaccamento originario quale recupero del Paradiso perduto, ma anche come ingresso entro un potenziale inferno, ovvero una dimensione psichica di dipendenza alla cui porta sta scritto ‘lasciate ogni speranza voi che entrate’ (perciò molti maschi preservano una certa ‘matrimoniofobia’).

Luke-Hillestad.

Luke-Hillestad.

Insomma come si vede, l’uomo in fatto di complicazioni e contraddizioni non è alquanto dissimile dalla donna e per quanto egli spesso si senta particolarmente razionale e portatore di idee chiare e lineari,  nel suo intimo è invece assai confuso e pieno di blocchi, inibizioni e trappole che spesso si crea egli stesso, talvolta non solo inconsciamente, ma anche pascendosi coscientemente di una cultura che gli fa sentire di ‘avere le palle’… quando invece è più che altro un pallone gonfiato. Soprattutto il maschio deve mettere seriamente sotto severo controllo le sue pulsioni aggressive e i suoi atteggiamenti denigratori e svalutanti del femminile. Con ciò non si vuol dire che gli uomini debbano recitare in coro il ‘mea culpa’ e che le donne dovrebbero averne comprensione e compassione, si vuole invece dire che se tutti – uomini e donne – fossimo più coscienti e tolleranti dei nostri limiti e delle nostre debolezze psicosessuali l’armonia tra i sessi sarebbe più possibile. Perciò anche le donne devono mettersi in discussione a prescindere da una reattività pregiudizievolmente critica e aggressiva verso il maschile e comprendere come armonizzare il loro animus maschile con l’uomo quale oggetto d’amore che non può essere ad un tempo desiderato e respinto, amato, ma anche tenuto e odiato. Entriamo in un’epoca nella quale entrambi i sessi devono rieducarsi per cooperare e non per farsi accuse reciproche e coltivare lotte e paure. Allora forse sarà davvero possibile come cantava Lucio Dalla che “… si farà l’amore ognuno come gli va…”, e la creatività erotica per quanto trasgressiva, o le relazioni sentimentali per quanto libere e sui generis,   non comportino malesseri, equivoci e conflitti tra uomini e donne, ma più che altro gioia di vivere e di amare. La cura psicosessuale fondamentale per il maschio è da ricercarsi attraverso una riconciliazione corporea e spirituale con ‘madre  natura’(si vedano ad esempio gli scritti di Claudio Risé su Il maschio selvatico), e con un principio paterno autorevole , capace di compensarsi e di allearsi con la Sapientia femminile (vedi gli scritti di Adriana Mazzarella, Alla ricerca di Beatrice).  In ultimo va sfatato il mito del ‘maschio risolto’ e tutto di un pezzo, se non del ‘superuomo’, o del ‘vero uomo’… ciò che conta è che un uomo faccia del proprio meglio per donare se stesso e si impegni nel corso della sua vita a conoscere ciò che dona, cioè se stesso. In tal senso ciascun uomo con i suoi i pregi , i suoi difetti e le sue debolezze può sviluppare una relazione reciprocamente più maturativa e più felice con il femminile.