Immaturità, infelicità e problemi

Da cosa dipendono certe oscillazioni umorali negative, oppure certi modi di essere e di fare che risultano incoerenti con i propri desideri e le proprie potenzialità? Da cosa potrebbero dipendere stati di crisi dell’identità, insicurezze affettive ed esistenziali, sensazione di non riuscire a intraprendere il proprio percorso vitale? Si tratta di condizioni generiche, è vero, ma che in modo sintetico raggruppano una condizione di malessere o di non benessere psicologico, che può avere le sue acuzie e le sue cronicità. Frustrazioni, fallimenti, rimozioni e procrastinazioni, disturbi nella sfera affettiva e relazionale, o anche nell’adattamento sociale (lavoro, studio, socializzazione), possono essere oggetto di diagnosi specifiche, di etichette psicopatologiche minuziose, o di inquadramenti generici che poi rimandano ad omnicomprensive sindromi ansioso-depressive. Volendo però usare un aggettivo alquanto generale, e tuttavia non privo di una certa saggezza e cognizione di causa sensata, possiamo dire che all’origine di molti e diversi problemi vi è una dimensione di ‘immaturità’, senza voler intendere che una certa persona sia del tutto immatura, ma per dire che è condizionata da un nucleo di immaturità che non riesce ad elaborare e a riconoscere. Quindi quando ci domandiamo da cosa potrebbe dipendere qualcosa che non va, a prescindere da etichette diagnostiche o da analisi finemente elaborate, circa se stessi e altri, possiamo considerare un presupposto di ordine generale, e cioè che qualcosa del ‘bambino’ che resta sempre in sé stessi, non si è ben sviluppato nella vita adulta. Ciò può comportare anche un certo caratteraccio, così come atteggiamenti e convinzioni non ben ponderate, fino al punto di cadere in relazioni problematiche e distruttive, che sono poi anche relative ad un difficile rapporto con se stessi, oltre che con gli altri. Allora proviamo a considerare come una certa immaturità di fondo possa essere esaminata dal punto di vista della Psicologia analitica junghiana e della Psicologia archetipica hillmaniana. Il riferimento va subito all’archetipo del Puer, il quale si connette primariamente a quello della Grande Madre. Innanzitutto diciamo che come ogni archetipo, quale costituente e organo della psiche, quello del Puer o quello della Grande Madre, non sono né negativi, né positivi. Diaciamo che quando certi archetipi si mettono di traverso nella psiche, allora finiscono con il condizionare la psiche in modo disfunzionale. L’archetipo del Puer quando sta bene è portatore di creatività, entusiasmo e voglia di vita, ma quando è messo storto diventa uggioso, malmostoso, irritabile… insomma come una parte bambina che impedisce o ostacola di vivere con maggior serenità e creatività.

Puer, Grande Madre e Senex

L’archetipo del Puer oltre ad essere legato a quallo della Grande Madre è connesso anche all’archetipo del Senex. Quello della Grande Madre è considerabile come una potenza universale, naturale e spirituale, che è ad un tempo generatrice e distruttiva, in quanto dà la vita, ma anche la morte. L’’archetipo del Senex invece è la parte della psiche che quando è ‘in forma’ esprime nella pèsiche una componente di saggezza e di lungimiranza che permette di vivere con maggior serenità e soddisfazione. Come abbiamo riportato in altri scritti, sulla scorta di Hillman, è però importante fortificare l’asse Senex-Puer, cioè quella giusta compensazioni tra le componenti ‘bambine’ della psiche, e quelle adulte del ‘vecchio saggio’ che è in noi (altrimenti il vecchio è il bambino disgiunto tendono alla depressione, alla rassegnazione, al senso di disfacimento, così che nulla appare giusto, bello e sensato per cui valga la pena di vivere).

Ma il legame primario archetipico che qui più ci interessa è  tra Grande Madre e Puer. Diciamo che la Grande Madre come archetipo è incarnata nel vissuto dalla propria madre, ma in verità essa è da considerarsi come una mediatrice verso l’archetipo. La madre con il suo carattere, le sue problematiche condiziona l’archetipo della Grande Madre nella psiche individuale, ma non per questo è da considerarsi come l’unica responsabile del suo modo di manifestarsi nei figli. Del resto la triangolazione genitoriale implica che la madre sia a sua volta condizionata anche dalla storia e dal modo di essere del padre. Lo psicologo-mitologo J.Campbell enfatizza il mito del congiungimento generativo tra Iside e Osiride, ponendolo come immagine archetipica di massimo rilievo per la rappresentazione dell’unione tra gli opposti – ciò che Jung definisce come “Sigizia”. Questa contrapposizione compensatoria è anche tra Puer e Grande Madre:  una opposizione che viene raffigurata come puer/eroe e Grande Madre/drago.

Tuttavia la Grande Madre può essere percepita anche in altre persone ed entità, che non sono per nulla la madre. Quindi un partner, un gruppo di amici, un partito politico, un movimento artistico o una chiesa, una qualche religione, una corrente spirituale o persino un’azienda, sono tutte possibili incarnazioni della Grande Madre. L’analisi junghiana dunque, rileva come gli archetipi siano soggiace ti ai vissuti personali, e in primis quelli della triangolazione genitoriale, ma in modo ancora più primario e originario quello della relazione Puer-Grande Madre (qualcosa di piuttosto diverso dalla geometricità del complesso edipico ‘freudiano’). 

Miti di congiunzione del Padre e della Madre sono riscontrabili in ogni cultura, basti pensare alle loro rappresentazioni nelle diverse religioni. Si tratta di figure assai diverse a seconda della cultura e della religione, ma in tutte possiamo ritrovare configurazioni che nella lora radice rinviano alla Madre, al Padre e al Figlio, ed è in tal senso allora che possiamo parlare di archetipi, quali impronte iniziali, matrici originarie, che prendono forme diverse a seconda della società e del tempo storico, e così pure a seconda di ogni persona, ma che hanno pur sempre un carattere psichico universale, comune a tutti gli individui, di ogni luogo e di ogni tempo.

Gli archetipi della Grande Madre e del Puer, sono primari (precedono il Senex)- in tal senso, quando non sono ben compensati, vanno a costituire un qualche originario nucleo di immaturità nella persona. Da questo occulto nucleo immaturo dipendono – ad un livello molto profondo –  una sequela di disfunzionalità che possono consolidarsi e cronicizzarsi come ‘problema caratteriale e identitario’, per cui diverse cose vanno storto, ma senza che si riesca a comprendere quel ‘perché’ più profondo dovuta ad una certa ‘immaturità archetipica’.

Ogni considerazione circa gli archetipi ha un senso relativo alla psiche individuale di ogni persona, che può essere tratto attraverso un’analisi personale, tuttavia riguarda fenomeni soggiacenti che sono anche sovrapersonali, universali, collettivi. Ciò vuol dire che per fare un’analisi sul ‘complesso archetipico’ di ciascuna persona occorre avere nozioni sulla natura ancestrale degli archetipi, quali predisposizioni a pensare e ad agire insite nella psiche di tutti gli individui, ma che ciascun individuo poi interpreta a modo suo attraverso il suo vissuto complessuale. Il ‘complesso’ personale è dato dalla configurazione degli archetipi a livello individuale – si dice quindi che gli archetipi si costellano in un complesso; il nucleo immaturo determina la debolezza o la problematicità originaria del complesso, condizionato dal conflitto Grande Madre – Puer).

Perciò  ritornando alla domanda di partenze circa certi generici stati disfunzionali e di malessere derivabili da un qualche nucleo ‘immaturo’, è interessante avere qualche visione e conoscenza del ‘complesso personale’ rispetto al legame archetipico tra Puer e Grande Madre, secondo alcune narrazioni mitiche indagate dalla psicologia junghiana e hillmaniana.

Aspetti della Grande Madre nel mito

Lo psicologo junghiano E, Neumann è colui che più di tutti ha dedicato le sue ricerche all’Archetipo della Grande Madre, perciò se cercate un libro che contiene analisi e anche molte immagini su questo archetipo è fondamentale La Grande Madre. Fenomenologia delle configurazioni femminili dell’inconscio, 1956. Detto ciò qui riporterò invece alcune considerazioni sulla connessione, ma anche sul conflitto archetipico tra Grande Madre e Puer, secondo alcune immagini e narrazioni, mitiche, artistiche e religiose.

In un certo qual modo il Puer Aeternus (così detto perché resta troppo dipendente dalla Grande Madre) è un San Giorgio che non vuole confrontarsi con il Drago, la Grande Madre, e che quindi resta nevroticamente ad essa attaccato, seppure in un costante ed estenuante conflitto irrisolto.

Dice Hillman: “Il concetto di Puer aeternus si riferisce a quella dominante archetipica che personifica le potenze spirituali trascendenti dell’inconscio collettivo o è con esse in relazione speciale” (idem :67). Così Hillman sviluppa il seguente ‘concetto archetipico’: “… il rapporto diretto con lo spirito può essere sviato dalla Grande Madre. Le figure puer hanno spesso un rapporto particolare con la Grande Madre, la quale è innamorata di loro in quanto portatori dello spirito; l’incesto con queste figure ispira lei – e loro – a eccessi estatici e alla distruzione […] l’impulso puer è rinforzato da questo invischiamento con l’archetipo della Grande Madre, che conduce a quelle esagerazioni spirituali che chiamiamo nevrotiche, tra le quali vi è innanzitutto l’umore variabile e la dipendenza dello spirito dall’umore”. (idem : 99-100). In tal senso il “puer negativo’, ovvero non equilibrato e ostinatamente immaturo è incapace di una relazione genuina con l’anima (intesa come campo della psiche, costituente la ‘terra di mezzo’ tra l’Io e lo spirito). Le conseguenze di tale incapacità si manifestano in comportamenti coattivi, in svariate forme di dipendenze e fantasie e atteggiamenti di carattere ipomaniacale e maniacale, ai quali possono susseguirsi tipiche forme ciclotimiche (disturbi dell’umore). In genere la persona sente di non poter mai realizzare i suoi progetti. Nella vita amorosa colleziona coazioni a ripetere relazioni infelici. Anche il lavoro è problematico, in quanto non riesce a collocarsi in una dimensione sufficientemente valida. Si sopravvaluta o si svaluta, considera che il problema sia solo il mondo esterno, oppure di quello interno, in quanto vittima di una condizionamento interiore immodificabile.  Le cose non cambiano fino a quando  non riesce proprio comprendere che in gran parte dipendono da una suo nucleo immaturo occulto, che le porta ad un continuo sabotaggio della vita adulta, come se fosse un bambino che non vuole crescere e che al contempo soffre per non essere cresciuto. In senso archetipico possiamo dire che il Puer è rimasto invischiato con la Grande Madre in modo regresssivo, per cui non riesce a trovare se stesso, e quindi ad essere generativo, cosa che peraltro pure desidera, senza però comprendere nel profondo l’ostacolo interiore che non gli permette di realizzarsi. Ciò comporta un campo assai differenziato di difficoltà e di cattive abitudini, apparentemente senza soluzione, nella vita sociale, lavorativa, affettiva e sessuale.

La faticosa e vana lotta del Puer Aternus (eternamente immaturo) 

Jung per esprimere un’immagine del confronto-scontro tra la Grande Madre e l’Eroe/puer fa riferimento ad  una festa dell’antico Egitto dedicata ad Iside e a suo figlio Ares/Marte. Questa  festa presenta analogie con diverse forme di celebrazione carnevalesca che inscenano assalti e battaglie – come si deriva dal seguente passo di Erodoto citato da Jung. Scrive Erodoto:

“Si percuotono dopo il sacrificio tutti e tutte, molte decine di migliaia di persone. In onore di chi si percuotono non mi è lecito dirlo […] la maggior parte dei presenti con clave di legno stanno ritti all’ingresso del tempio; altri poi che pregano, in numero di più di mille uomini, tenendo ciascuno un bastone stanno anch’essi ritti tutti insieme dall’altra parte. La statua, che è in un piccolo tempio di legno dorato, la portano il giorno precedente in un altro edificio sacro. I pochi rimasti intorno alla statua tirano un carro a quattro ruote che porta il tempietto e la statua che sta nel tempietto, mentre gli altri, ritti all’ingresso non permettono di entrare, e quelli che pregano, venendo in soccorso del dio, li percuotono sebbene essi si difendano. Allora s’accende una violenta battaglia a colpi di bastone, si fracassano le teste e, quanto io credo, molti muoiono anche in seguito alle ferite; gli Egiziani affermano però che nessuno muore. Questa festa gli abitanti del luogo dicono d’averla introdotta in uso per il seguente motivo: abitava in quel santuario la madre di Ares, ed Ares , essendo stato allevato lontano, divenuto adulto giunse, volendo intrattenersi con la madre; ma i servi della madre, non avendolo mai visto prima, non gli permettevano di accostarsi, anzi lo respingevano; egli allora, conducendo da un’altra città uomini, trattò duramente i servi ed entrò presso la madre. A seguito a ciò dicono di aver introdotto questa festa in onore di Ares”  (Erodoto Libro II, 61 e sgg, citato da  Jung 1912:263).

Si consideri questa narrazione simile a quella di un sogno o di un incubo. Come interpretarla in senso archetipico? Il dio guerriero/puer si confronta e si scontra con la Grande madre da cui si sente pericolosamente attratto, fino a determinare un caos paralizzante. Vale a dire che l’attrazione verso la confusività  con la Grande Madre è un fenomeno straordinariamente potente, con il quale neppure Ares/Marte può non fare i conti. Questa rappresentazione indica come il Puer lotta per non lasciarsi sedurre dalla regressus ad uterum, cioè dal rifuggiarsi nell’incantazione incatenante di una protezione regressiva e inibente della Grande Madre. Si tratta di un’inconscia fantasia di ritorno nel ventre materno, dove tutto pareva donato e senza problemi, ma al contempo subentra una immagine di morte e di non vita, dato che in quella condizione si rinuncia ad ogni possibilità di essere e di fare. Si resta così sospesi tra sentimenti di rassegnazione autolesiva e da picchi fantasiosi e inconcludenti di entusiastica rinascita, senza poter trovare una relazione liberata e creativa con la propria anima. L’archetipo dell’Anima, resta intrappolato tra la fantasia edenica dell’utero materno e quella di un mondo esterno infernale. In tal modo la persona, pur senza motivi reali importanti, può sentirsi sempre in pena, o con un senso strisciante di ansia e di depressione che pesa sulla sua vita, dovuto ad una archetipico nucleo immaturo irrisolto. Ecco allora che, a seconda del grado di ‘gravità’ di questo nucleo immaturo, e delle circostanze che lo fanno emergere, una persona  non si evolve, non funziona e si lascia andare a vivere tra alti e bassi disturbanti, in un’agitata insoddisfazione di sé e del mondo, tra acuzie terribili e le cronicità lamentose, o anche indolenti (cioè sopportando se stesso fino a quando gli eventi interni ed esterni non lo condurranno ad avere una ‘vera’ cura di sé e del mondo –  acquisendo ‘maturità’).

Per il Puer Aeternus invischiato con la Grande Madre,  andare in terapia-psico è considerato come un aiutino, una pacca sulla spalla, un gioco, tutte cose di cui in fondo si può fare a meno, se non proprio quando se ne ha proprio voglia o la ‘bua’ fatalmente male che poi ci vuole la puntura, così passa. Ovviamente la configurazione Puer può facilmente farsi rientrare in tutti quei disturbi e quelle problematiche della sfera narcisistica, per i quali il difficile rapporto con se stessi viene considerato risolvibile solo attraverso il riconoscimento positivo che si può trarre dagli altri. Solo che capita di volere riconoscimenti senza averli ‘maturati’, oppure di essersi ostinati a ricavarli dissipando energie che potevano essere meglio dedicate a se stessi, a prescindere da una propria vorace necessità di ricarica narcisistica.

L’immaturità come ‘complesso irrisolto’

Il ‘vaso’ simbolo della Grande Madre dovrebbe, secondo l’opus alchemico generare al suo interno una coniuctio: lo Hieros gamos, (nozze sacre) corrispondente simbolicamente ad una copula tra vita e morte. Pertanto la relazione inconscia che la psiche individuale costella con la Grande Madre implica che essa venga a costituire il grande contenitore alchemico di tutti i processi psichici, e quindi degli archetipi che li sottendono.  In pratica in questo ‘vaso’ si integrano e si disintegrano emozioni, proiezioni, credenze, ispirazioni, ansie, paure, ecc. dando luogo a quello che è il ‘complesso’ di ciascuno. Questo ‘complesso’ può restare più o meno silente oppure, a seconda delle situazioni e dei periodi dare luogo a sintoimatologie e disfunzionalità evidenti – ciò avviene, in senso psicomitico, quando il ‘vaso del materno archetipico’, diventa il ‘vaso di Pandora’, dal quale fuoriesce ogni tipo di malanno e sfortuna. 

Come spiega Jung, la Grande Madre determina una fascinazione verso un’unione amorosa e spirituale rigenerante, che però  implica un desiderio incestuoso, quindi un ritorno alla madre che suscita paura, colpa, vergogna, repulsione. Ecco allora che il ritorno alla Grande Madre  significa desiderio di rinascita, ma anche morte e smembramento. Infatti essa, similmente alla natura, dà la vita, ma anche la morte, così che tutto divora per poi rigenerare. Queste immagini che ritroviamo nei miti, vengono analizzate dalla psicologia junghiana anche nei sogni, nelle fantasie e quindi nell’inconscio dei pazienti. Laddove vi sia un nucleo immaturo (e possiamo dire che da qualche parte c’è sempre) si possono individuare tensioni archetipiche primarie e spesso cronicizzate (puer aeternus) tra la dimensione Puer e quella della Grande Madre. La scoperta e la conoscenza dei fenomeni archetipici nel proprio ‘complesso individuale’ disturbante sono poi essenziali nel processo terapeutico. Nella terapia junghiana si parla ad esempio di valorizzare il tema della orfanitudine, inteso come opportunità per preservare la creatività del puer, nonostante sia separata dall’invischiamento fascinatore del ritorno regressivo alla Grande Madre. Infatti il punto non è quello di rinnegare il puer all’insegna di una maturazione che diventa poi l’anticamera dell’invecchiamento, ma bensì di liberarlo dalle incantazioni che si ostina a preservare verso la Grande Madre. Queste incantazioni le ritroviamo anche in tutte quelle zone di confort’ per cui la persona si lamenta di non stare bene, in quanto sceglie un qualche guscio protettivo che non la fa stare bene. Qualcosa di analogo si può dire rispetto a quelle corazze di immagine e potere narcisistico che impediscono alla persona di liberare le sue energie più autentiche. Oppure si pensi all’uso cronico o comunque smodato di sostanze psicogene, e quindi anche ad ogni tipo di dipendenza da sostanza, da sentimenti e comportamenti che sottende una involuta dipendenza dalla Grande Madre. Ancora più in generale possiamo dire che tutti i quadri nevrotici, borderline e finanche psicotici sono difese disfunzionali dovute ad un nucleo immaturo più o meno grave, che non consente di relazionarsi al vaso alchemico della Grande Madre in modo rigenerativo, così che i processi psichici ed esistenziali si corrompono.

L’Anima immatura

Secondo Hillman, gli aspetti negativi e problematici del Puer si caratterizzano per una sorta di spiritualità primaria esaltata (un’istintualità eroica ascendente) che non è capace di un contatto profondo con l’inconscio – laddove questo ‘profondo’ consiste nella capacità di sviluppare una relazione tra Io e “Anima”.

L’Anima è intesa junghianamente come l’archetipo di connessione con la profondità interiore della psiche (l’archetipo del Sé). Ma per Hillman l’Anima è soprattutto la natura stessa della Psiche, la quale non possiede un centro univoco e ‘monoteistico’ come il Sé, ma un mondo immaginale e ‘politeistico’ popolato da “personizzazioni” che possono essere relativamente leggibili attraverso una visione psicologica dei miti. Quindi le considerazioni di Hillman considerano che ogni cosa dipende dall’archetipo dell’Anima, così anche tutte le ‘apparizioni’ della Grande Madre nella psiche individuale e collettiva. La Grande Madre oltre ad essere archetipo primario della natura è anche il massimo archetipo primordiale dello Spirito, inteso come potenza sovraumana e che quindi non corrisponde all’Anima, la quale resta comunque incarnata nella vita umana. Ma l’Anima può essere così affascinata dalla ‘natura spirituale della Grande Madre, da perdersi in essa. Si tratta di una forza spirituale che divinizza ogni esperienza come qualcosa a cui l’anima si deve sottomettere. Può trattarsi di innamoramenti e idealizzazioni che implicano sofferenze, talvolta indicibili, di passioni ed esaltazioni che, a prescindere dal valore che hanno (che sia la squadra del cuore, una certa moda un’ideale politico, o un invasamento religioso), rendono l’Anima sottomessa alla potenza spirituale e divorante della Grande Madre.

L’Anima diventa incapace per eccesso di Spirito  (invasamento) oppure si sente delusa da esso, non trova alcuna motivazione di valore.  Possiamo considerare tutto ciò come la captazione o la capitolazione del Puer alla Grande Madre. Le energie vitali sono allora in preda ad esaltazioni confusive di unione salvifica ma anche delusivo, rispetto alla Grande Madre, ora miracolosa è ora abbandonica. Dall’immolarsi alla Grande Madre  derivano indubbiamente anche ‘cose buone’, come il dono di sé per una causa, un’arte, una missione, un ruolo famigliare, un amore…  ma questo sacrificio antiegoico, se non viene sostenuta da una lungimiranza Senex entro un principio di realtà – può rivelarsi  divorante e dedicato al Dio sbagliato.

Sacrificare la spiccata egoicità del Puer a favore di un’eroica ed esaltata confusività antiegoica, in nome di una totalità dello spirito e della materia, è la forma sacrificale più significativa per la Grande Madre (ciò è evidente nell’uso di immolare giovani e giovanissimi nei sacrifici umani). Tuttavia spesso il Puer considera che la sua brama sacrificale per il suo Dio, debba comportare di sacrificare anche gli altri, e nella misura in cui ci riesce o non ci riesce, mette va a instaurare dinamiche di infelicità con il prossimo (che siano partener, parenti, amici o intere comunità). Ne deriva poi che si senta incompreso, oppure che appare inutile il proprio sacrificio, rassegnandosi così a fare i propri comodi interessi, dal momento che così si ostinerebbero a fare anche gli altri (in tal senso una vulgata napoletana parla del tipo ‘chiagne e futte’ – tipicamente puer). In altri casi il puer aeternus assume le vesti di una eroica sfacciataggine, si legittima a fare quel che vuole, quando vuole incurante degli effetti nocivi per se stesso e a volte anche per altri. Eccessi nella promiscuità e nelle trasgressioni sessuali, uso smodato di sostanze, gioco d’azzardo, frequentazioni di ambienti per nulla raccomandabili, fantasie e atti illegali, se non delinquenziali, atti violenti o truffaldini  e altre negatività sono considerabili come espressioni di scelleratezza che hanno una loro specifica spinta dal nucleo immaturo della personalità.

La terapia dell’immaturità: asse Senex-Puer

Il Puer qualora sia troppo distante dal Senex finisce con il gravitare eccessivamente e in svariate modalità nell’area della Grande Madre che tende ad assorbirlo, condizionarlo e in definitiva ad annientarlo. Da ciò deriverebbe la difficoltà del Puer a confrontarsi con l’Anima, e quindi una sua tendenza a sviluppare un’esaltazione volatile ‘verso l’alto’ che comporta una mancanza di ‘profondità autentica’ e anche di concretezza positiva nel fare e nel relazionarsi alla vita. Nelle sue esaltazioni il Puer Aeternus  si cimenta spesso nei cosiddetti ‘voli del tacchino’, che non vanno molto in alto, oppure del volo di Icaro dalle tragiche conseguenze. In tal modo il Puer dall’ideale spirituale e ascetico ricade nella ‘pulsionalità istintuale’, nel concretismo, quindi nella coazione e nella dipendenza dal ‘principio del piacere’. Il Puer sviluppa allora una seconda tendenza che consiste nell’iperdifferenziazione, con ciò incanala tutti i suoi sforzi, fino all’esaurimento, per cercare di essere unico e speciale (quindi in senso narcisistico). Da ciò derivano anche le frustrazioni narcisistiche che, in molti casi, ma non in tutti comportano, anche di farle pagare agli altri, in particolare ai partner e a famigliari, che vengono così considerati come serbatoi di rifornimento narcisistico, da sfruttare anche con modalità manipolatorie e abusanti. Diciamo che il narcisista patologico è anche un Puer Aeternus andato a male, la cui perniciosità fa andare a male chi riesce ad essergli affettivamente legato (ciò in funzione del suo Puer Aeternus che lo spinge a immolarsi e a resistere entro relazioni affettive disturbanti imposte da recondite potenze di una Grande Madre inquieta e divorante l’anima). In tal senso le dinamiche amorose disturbate da problemi narcisistici implicano sempre il conflitto tra due nuclei immaturi e quindi tra due Puer Aeternus, laddove uno vampirizza l’altro e l’altro si lascia vampirizzare; ma entrambi, così facendo, cercano inconsciamente una risoluzione del loro conflitto con la Grande Madre, seppure attraverso una via sbagliatissima che li porterà entrambi a cadere nelle sue fauci.

La cura del Puer Aeternus (l’eternamente immaturo)

In un modo o in un altro, il Puer Aeternus, non trova il tempo e la capacità di ‘ascoltare o di vedere’ la sua ‘profondità autentica’, cioè ha difficoltà a connettersi con il mondo immaginale dell’Anima, colonizzato dalla Grande Madre. Ne deriva che il lato Puer dell’Io, sia quando cerca la confusività e sia quando cerca la sua singolarità, rischia di cadere nella frustrazione e quindi nelle molteplici reti complessuali delle nevrosi, nonché delle sue degenerazioni più gravi. Sembra che in un nucleo dell’Io si sia bloccato lo sviluppo, e nulla servono l’intelligenza, i saperi, le abilità o i buoni sentimenti.  Ciò accade tanto più quanto più il Senex (del quale abbiamo accennato all’inizio) è distante dal Puer. Allora il Puer tende a non evolversi è a diventare Aeternus, il ché gli dà un certo ‘perpetuo, ma momentaneo’ attraente splendore, e purtroppo gli dà anche l’angosciante disagio, verso se stesso e verso gli altri, dell’adulto che invecchia e non riesce a maturare.

D’altro canto il Senex, che pure sussiste nell’Io dell’individuo Puer Aeternus si trova a sua volta in una posizione di separazione e di scissione, e quindi entra in conflitto con il Puer suo opposto. Il Senex allora può sviluppare un Io pervaso da una ‘rigida gravità conservativa’, oppure anche un Io straniato da una maniacale visionarietà ‘iperspirituale’. Anch’esso – il Senex – ha difficoltà di confronto con l’Anima, e per recuperare il Puer e con questo l’Anima, deve potersi relazionare in modo equilibrato con la Grande Madre (deve cioè diventare quel ‘vecchio saggio’ che gioca e che pure, ancor pieno di meraviglia, esplora e accetta il mistero). 

Anche la Grande Madre diventa curativa per il Pier, ma solo quando riesce ad essere ‘curandera’,  in termini di una mistica spirituale e carnale che nutre senza indurre invasamento e dipendenza. Mi riferisco ad esperienze di creatività e di spiritualità condotte da figure aventi grande carisma, maestre e maestri, che hanno raggiunto una grande capacità di trasmettere nei loro allievi una forza trasformatrice e maturativa (ma, ripeto, senza che ciò provochi effetti collaterali, vale a dire un attaccamento ideologico o idealizzato ad una Grande Madre fantasticata e poi vissuta misticamente – in tal caso la cura diventerebbe non l’uscita dal problema, ma una collusione estetizzata ed estatica con il problema stessa, per cui si diventa i ‘bambini’ di quel maestro o di quella maestra).

Possiamo dire che in generale, ogni psicoterapia mira a favorire processi maturativi, a prescidere da mistiche religiose e ideologismi. La cura dell’immaturità archetipica, attraverso una  psicoterapia junghiana, considera le componenti spirituali e creative e le valorizza attraverso il raggiungimento di una più profonda consapevolezza di sé e del proprio ‘complesso’ nelle sue configurazioni archetipiche. Questo comporta sempre la ricerca di una fortificazione dell’asse Puer-Senex, per liberare l’Anima/Psiche dalla immatura dipendenza primaria con la Grande Madre, così tremendamente suadente, spirituale e naturale, ad un tempo mortificante e vivificante.

Concludendo, diciamo che il nucleo immaturo che qui abbiamo considerato all’insegna del Puer Aeternus è quella parte dell’anima-psiche involuta, che costringe a restare attaccati ad altre persone immature, ad amori  tossici, comportamenti, valori e attività che in qualche modo appaiono come potenziali contenitori materni, dispensatori di nutrimento e protezione, ma che poi si rivelano come castranti, regressivi e degeneranti, cionostante difficilissimi da abbandonare e trasformare… come un bimbo che non riesce a staccarsi dal seno materno e poi dal ciuccio e che le studia tutte per non mollare, restando sempre nell’incertezza e nell’inconcludenza, oppure si perde nella disperazione che porta ogni tipo di dipendenza disturbante e destabilizzante. L’importante è che quel bimbo resti vivo dentro di noi, nella sua spontanea bellezza e creatività, ma accompagnato da una dimensione archetipica del mondo interiore orientato all’armonia e alla saggezza.