Picasso il ratto, 1906

L’amore erotico è una forma di follia? Seppure per ragioni differenti Freud e Jung hanno considerato l’innamoramento come una forma di psicosi.  La ‘psicologia popolare’ dice che quando ci si innamora non si capisce più niente, si perde la testa. Poi osserviamo quanto siano persistenti quelle forme di innamoramento non corrisposto, o di persone problematiche ‘da far impazzire’, con la conseguenza di lancinanti sofferenze psicologiche… ma non se ne esce, nonostante ogni sforza di volontà e a volte neppure annullandosi con psicofarmaci, alchol, droghe. Una follia così grave che a volte porta persino alla fantasia di annientare se stessi pur di allontanarsi da pene d’amore diventate tormentose, ma impregnanti la psiche in un modo che sembra indelebile. Canti e poesie esprimono lo starzio dell’anima incatenata nella follia dell’amore. Oppure l’idilliaca emozione degli innamorati che dopo aver portato sulle vette paradisiache dell’eterna felicità, un po’ alla volta discende verso le più quiete valli della quotidianità… così che se tutto va bene ci si ama e ci si sopporta, accettando pure qualche momento di follia, ma non è più la follia maniacale dell’innamoramento idilliaco. Dunque il ‘morir d’amore’ è una follia che si capovolge dal bene al male, che si insinua nell’anima con le forze del destino e che se ne va a prescindere da ogni volontà, e a volte si trasforma in odio. Insomma quando psiche è presa da Eros, non si trova in una condizione ‘normale’, tanto che le metafore, le leggende e pure le scienze, considerano l’innamoramento una forma di follia, la quale dovrebbe essere frequentata solo attraverso importanti istruzioni per l’uso. Ma come si fa ad innamorarsi saggiamente? Non è in fondo proprio il sentirsi preda dell’amore, piuttosto che della ragione, che conduce a quella trascendente emozione di essere fuori di sé, tutt’unjo con l’amato7a?  Allora se l’amore erotico è una forma di follia  così come diagnosticarla e come curarla? Oppure che tra tutte le forme di follia è incurabile dato che tutti ne vogliono cadere malati, e se sono già caduti non si vogliono curare. Scrive Umberto Eco in Il nome della rosa:

 Mi commossi così sulle pagine di Ibn Hazm, che definisce l’amore come una malattia ribelle, che ha la sua cura in se stessa, in cui chi è malato non vuole guarirne e chi né è infermo non desidera riaversi (e Dio sa se non fosse vero!). – Adso da Melk in Il nome della rosa di Umberto Eco.

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L’amante che soffre per amorenon vuole guarire, ha persino paura di guarire, invece spera che l’amato si possa curare, e che quella cura corrisponda alla possibilità di continuare ad amarlo e di essere ricambiati in una relazione di reciproca felicità. Ma se di questa follia si ha bisogno, tanto che la si cerca e non la si vuole abbandonare dobbiamo chiederci se possa in qualche modo giovare alla psiche. Va poi osservato che ci sono persone che, dopo essere uscite da forme di follia amorosa veramente dolorose, ritengono di averne avuto già abbastanza e che non ne vogliono più. La follia che hanno vissuto ha in qualche modo indurito la loro possibilità di cercare Eros o di esserne cercati. Le frecce di eros si spezzano su una specie di corazza psichica, per cui non possono nè entrare, né uscire. Quindi si tratta di una forma di immunità rispetto a uno stato dell’anima e dei sentimenti indotto da Eros che è considerato così folle da tenere lontano, o da rinchiudere in una specia di ospedale psichiatrico immaginale, affinché non possa fare altri danni.

Nel mio libro Se l’amore diventa un inferno (Rizszoli, 1917) ho esaminato gli aspetti psicopatologici e archetipichi dell’esperienza amorosa, considerandola come una sorta di viaggio dell’anima tra inferno, purgatorio e paradiso per la conoscenza di sé e del mondo. Insomma Eros, nella dolcezza e nella crudeltà, è una follia iniziatica, che ci fa sentire l’anima nella carne.
Sulla “follia erotica” sono stati scritti fiumi di inchiostro, e giammai gli esseri umani si sazieranno nel cercare di comprendere il mistero dell’amore. In Platone l’essenza dell’amore può essere letta come quella forma di ‘follia divina’ che più di ogni altra consente di conoscere e di avvicinarsi alla verità. L’innamorato ha una esperienza di se stesso, dell’altro e del mondo che lo trasporta verso il senso ultimo dell’esistenza, che è appunto nell’amore come energia fondamentale per l’evoluzione dell’umanità. Dante diceva “l’amore che move il sole e l’altre stelle” per esprimere una energia dell’anima umana che si rispecchia nel miracolo e nel movimento del cosmo, come legge di coesione e di armonia tra tutte le cose. Per Platone la “follia erotica” ispirata da Eros e da Afrodite è la più importante tra le ‘follie’, poiché essa può toccare ogni animo e crescere senza che chi ne è posseduto debba coltivare particolari pratiche e conoscenze. La potenza di Eros sta nella spontaneità, nel suo manifestarsi senza l’ausilio di artifici e spinte forzose. Per questa ragione non esistono ‘filtri d’amore’, l’amore avviene quando è il momento giusto, e quel momento lo conosce solo Eros. To fall in love, vuol dire proprio ‘cadere in amore’, ma cadendo si vola in un senso della realtà che si rivela in tutta la sua ricchezza simbolica. Questa caduta non è indolore, poiché, come racconta il mito narrato da Apuleio di ‘Eros e Psiche’, l’innamorato è facile preda della sua fragilità, della sua dipendenza dall’oggetto amato. Eppure in questa stessa dipendenza, al di là della sua gioiosità o sofferenza, l’essere umano sente crescere in sé la consapevolezza della sua natura spirituale, dell’esistenza il cui senso ultimo è quello di “fare anima” (come direbbe J.Hillman).

L’interpretazione del mito platonico dell’amore scivola spesso nella dicotomia tra anima e corpo, così che vi sarebbe un ‘amore platonico’ inteso come passione puramente spirituale e un ‘amore erotico’ inteso come attaccamento ai ‘piaceri della carne’. Il grande studioso della filosofia greca E.R. Dodds così chiarisce questa interpretazione piuttosto superficiale dell’Eros secondo Platone:

Eros ha speciale importanza nel pensiero di Platone, perché è l’unico momento in cui si uniscano le due nature dell’uomo: l’io divino e la bestia incantenata. Eros in­fatti è chiaramente radicato nell’impulso fisiologico del sesso, che l’uomo ha in comune con gli animali (circostanza disgraziatamente oscurata dal senso errato che si continua ad attribuire nell’uso moderno dell’espressione ‘amore platonico’), eppure Eros fornisce anche l’impulso dinamico che spinge l’anima alla ricerca di una soddisfazione trascendente le esperienze terrene. Abbraccia così l’intera cerchia della personalità umana, rappresenta l’unico ponte empirico fra l’uomo qual l’uomo è e l’uomo quale potrebbe essere.
(E.R. Dodds, (1951) I greci e l’irrazionale, Firenze, La nuova Italia, 1998, 3^ed. p. 265).

Picasso Dora e il Minotauro, 1936

La ‘follia erotica’ di Platone è dunque una esperienza di anima e di corpo, e il suo telos è sia terreno e sia spirituale. In Platone si evince anche il concetto freudiano di sublimazione, cioè di una carica erotica che non investe solo ‘oggetti sessuali’, ma che si protende nella operosità, nelle arti, nella società, in tutte le azioni che l’essere umano può condurre con piacere e con amore. Quindi, le altre forme di ‘follia divina’ che sono esposte nei capitoli successivi hanno bisogno della ‘follia erotica’.

Rispetto allo specifico della passione sessuale va osservato che essa non deve essere considerata solo come l’aspetto ‘basso-istintuale’ della follia erotica. La sessualità, come ben esprimevano tutte le antiche tradizioni, è l’esperienza di più intensa vitalità per l’essere umano e per l’evoluzione stessa della specie, per questa ragione veniva considerata come una energia sacra, che andava propiziata, e in certi casi ritualizzata.
Nonostante la liberazione da tabù e superstizioni, la cultura del mondo moderno tende a scindere sessualità e amore, come se fossero due esperienze facilmente separabili. Ciò è possibile, ma quasi mai si ha un effetto soddisfacente in termini di felicità e completezza della persona. Si tende poi ad abusare della parola seduzione lasciando intendere che ciò che conta del suo significato sta nel riuscire ad andare a letto con qualcuno. Insomma sesso e sentimento sono separati, così che il romanticismo non va più di moda. Per ora sottolineamo solo che abbiamo chiamato la “follia erotica” ‘mania dell’amore e del sesso’ proprio perché vita affettiva e vita sessuale sono aspetti focali nella ‘psiche del nostro tempo’. In tal senso Eros e Afrodite sono divinità che possono offrire segni immaginativi assai significativi. Ci lasceremo da loro ispirare per ispirare una immaginazione stimolante intorno ai trends del costume e della moda che certamente amano la ‘follia erotica’.