In psicopatologia e in psichiatria l’uso dei termini può avere un significato di ordine generale, oppure assi specialistico, con differenze notevoli a seconda del sistema di riferimento. In genere la schematica suddivisione tra NEVROSI, BORDERLINE e PSICOSI indica tre grandi classi di stati mentali in sofferenza, con molteplici sintomatologie e variazioni, che vanno dal disturbo lieve a quello grave, acuto, transitorio o cronico.  Si tratta di ujna riduzione a quadri psichici che non deve mai essere scambiata con l’autenticità di un vissuto di disagio e di sofferenza interiore, che ha la sua complessità e le sue manifestazioni nell’esperienza unica e specifica di ogni individuo. Detto ciò proviamo quindi ad esporre con una ‘supersintesi’ alcuni fattori di queste tre classi, dicendo subito che, per quanto siano macroaree ben separate, possono sconfinare l’una nell’altra e sovrapporsi.  Ovviamente, stati psichici alterati e disfunzionali di varia natura possono emergere  per motivi di stress dovuti ad una situazione ambientale avversa o a un evento doloroso, ma il manifestarsi di sintomi – nevrotici, borderline e psicotici – va osservato con specifico riferimento a una condizione interna, relativamente indipendente dal mondo esterno.  Perciò le tre macroaree  di alterazione psichica che qui andiamo a sintetizzare sono essenzialmente considerate come  problematicità interne, sebbene possano emergere e acuirsi in relazione a problemi esterni. Quindi, vediamo alcune specificità di queste tre macroaree in brevis. 

NEVROSI

La nevrosi si caratterizza per uno o più conflitti interni, tra spinte, pulsioni, desideri, inibizioni, che hanno qualcosa di oppositivo. Ad esempio ‘faccio o non faccio questa cosa?’, ‘è giusto o è sbagliato’, ‘è colpa mia per quello che è accaduto, o forse no’, ‘ perché ogni dubbio mi inchioda tanto a lungo?’… e  così via. In genere la nevrosi si associa a senso di colpa per l’incapacità di assumersi la responsabilità di scelte o per un ‘inconcludente modo di mettersi o non mettersi  in discussione. Il senso di colpa può riguardare fattori psicoaffettivi famigliari e di coppia, e quindi l’incapacità di gestione dei conflitti. La lotta tra gli opposti in questi casi riguarda l’attribuzione della colpa a se stesso o all’altro, ma al fine, tra difesa e attacco si resta nel guado del conflitto interno irrisolto, insoddisfatti, insicuri, incerti. La nevrosi investe anche la sfera sessuale, tra inibizione e controllo delle spinte pulsionali/sessuali. Reprimere il desiderio erotico, non poterlo esprimere se non forse attraverso vie ‘immorali’ o ‘perverse’ genera conflitti di colpa e anche ‘conflitti di vergogna’, quindi insicurezze e inquietudini che possono diventare alquanto debilitanti. In riferimento a Freud possiamo dire che: se sul versante della nevrosi ossessiva l’impulso erotico e il desiderio in generale vengono castrati, sul versante della nevrosi isterica vengono enfatizzati e agiti in modo caotico, con bramosie e drammatizzazioni esagerate.  In forme miste – in genere più diffuse – nevrosi ossessive e isteriche generano tensioni e conflitti tra il lasciarsi andare al desiderio in modo sconsiderato oppure a congelarlo e inibirlo. In termini freudiani le nevrosi sono considerabili come modalità difensive contro minacce psichiche inconsce che non si riesce a riconoscere e ad elaborare. (vedi in Alberdoimagination il mio articolo “Difese psichiche sane e malsane secondo Freud” ).  In termini psicomitici (secondo la concezione  archetipica d ella psiche di Jung e poi di Hillman) potremmo considerare il conflitto tra ipercontrollo e decontrollo  come una lotta tra le componenti archetipiche apollinee e dionisiache nell’anima-psiche. In tal senso ogni nevrosi può essere considerata come una sfida da affrontare e da esprimere in una dimensione terapeutica e creativa per liberare potenziali inespressi e incompresi della personalità (Si veda il mio articolo in Albedoimagination “sul rospo che diventa principe con la psicoterapia junghiana…“). 

Secondo la psicoanalisi, da Freud in poi, la sfera psicoaffettiva e sessuale, data la sua complessità, i suoi tabù, e la sua interdipendenza con gli altri (a loro volta con i loro complessi e le loro frustrazioni)  è sempre connessa a disfunzioni psichiche più o meno importanti e manifeste. Le relazioni amorose distruttive possono derivare da conflitti nevrotici di uno o entrambi i partner, oppure possono esacerbare tali conflitti, cioè ingenerare nevrosi in entrambi o in uno dei due. Lo stesso tipo di ‘contagio nevrotico’ può verificarsi in una famiglia, in un  gruppo di amici, in un ambito lavorativo. Perciò una nevrosi reattiva può emergere anche in conseguenza di relazioni psicoaffettive o di coinvolgimento amicale, o lavorativo, con persone aventi problematiche di tipo borderline e/o psicotico. In ogni caso una nevrosi non può mai considerarsi solo reattiva, in quanto ogni avversità o relazione negativa  le può suscitare solo in quanto fa leva su un proprio interno complesso nevrotico, più o meno inconscio. Si pensi alle nevrosi FOBICHE per le quali si spsata su un oggetto esterno (come certi insetti, animali o certe situazioni o ambienti chiusi) un complesso interno che non si riesce a riconoscere. Le patofobie ( simili alle ipocondrie) o le dismorfobie sopostano l’ angoscia di un complesso inconscio sul proprio corpo, in quanto viene considerato  più suscettibile alle malattie o afflitto da inestetismi (per quanto lievissimi) . Nello stesso modo le nevrosi da TRANSFERT spostano il complesso interno ( che può riguardare la madre, il padre, una vergogna o paura concepita come complesso di inferiorità)  sul partner, i famigliari, le amicizie o lo psicoterapeuta, vissuti come ostili. In pratica si sfruttano inconsciamente equivoci o piccoli dissensi per proiettare sull’altro rabbie e pregiudizi nevrotici legati a propri complessi personali.

Jung per primo aveva usato la parola “Complesso”  e più precisamente Complessi autonomi a tonalità affettiva per indicare un ‘combinato energetico’ nella psiche che condiziona ad essere e a reagire secondo modalità che possono risultare disfunzionali. Tuttavia questi stessi ‘complessi’, nonostante la loro componente nevrotizzante negativa, sono anche fondamenti della propria personalità che, se elaborati e compresi, possono dare anche una spinta evolutiva, di conoscenza di se stessi e avvicinamento alla propria autenticità (“Processo di inviduazione” secondo Jung). Le nevrosi quindi non solo ci feriscono, ma anche ci insegnano se le consideriamo come espressive di importanti informazioni su noi stessi (vedi in Albedoimagination il mio articolo “Psicologia analitica junghiana in miniatura“). 

Quanto più si diventa consci di tale complesso, tanto più la nevrosi si depotenzia. Possiamo dire che i quadri borderline e psicotici, essendo più invalidanti della relazione con gli altri e del principio di realtà rispetto ai quadri nevrotici, possono diventare più destabilizzanti per la coppia, la famiglia, la sfera amicale e lavorativa. In termini junghiani diventare consci del proprio complesso non significa solo ricostruire come si è formato in relazione alla propria famiglia e alla propria condizione coscienziale, ma comprendere gli archetipi soggiacenti che lo sorreggono, cioè quegli influssi che sono presenti nella vita di tutti (inconscio collettivo) e che vengono agiti e interpretati da ciascun individuo in un suo modo specifico, modo che può risultare più o meno disfunzionale e disarmonico.

L’ansia e la depressione, a vario livello di intensità, di durata, e in relazione a specifiche interpretazioni della realtà sono i sintomi tipici del conflitto nevrotico. La nevrosi non pregiudica il rapporto con la realtà, se non per il fatto che la si interpreta in modo negativo, anche quando la si potrebbe interpretare e affrontare in modo più funzionale ed armonioso. Sebbene il quadro nevrotico sia meno grave rispetto a quello borderline e poi a quello psicotico, può recare gravi sofferenze soprattutto a se stessi, inducendo comportamenti autolesivi a base di alcool e droghe, promiscuità, aggressività, atti pericolosi, scelte di vita imponderate. Inoltre le ricadute sul piano psicosomatico , laddove certe nevrosi si cronicizzino, sono spesso rilevabili dalla medicina psicosomatica (si pensi ad esempio solo alle gastriti o alle coliti, a problemi cardiaci, epatici, così come anche a tutte quelle condizioni tensive dell’organismo che determinano squilibri, persino sul piano osteo-articolare).

Le nevrosi possono essere di basso livello, quando restano più gravemente ancorate all’inconscio (quindi alla condizione borderline)   e di alto livello quando hanno una natura più coscienziale, con maggiori capacità di adattarsi alla realtà e quindi di condurre un buon ‘esame di realtà’. In generale possiamo dire che tutti siamo più o meno normonevrotici e che nel corso della vita o persino di una giornata possiamo andare incontro ad attacchi nevrotici, laddove ansie, rabbie, frustrazioni, dubbi, malinconie  diventino relativamente sproporzionate e disfunzionali rispetto ad un modo di essere e di pensare più conveniente, armonioso e realistico per se stessi e gli altri.

BORDERLINE

Nel quadro borderline il conflitto non riguarda soltanto questioni dubbie e opposizioni tra scelte e modi di agire. Qui si mette in dubbio la relazione tra le persone ed entrano in gioco sentimenti aggressivi e difensivi che possono essere assai scissi. Amo o o odio quella persona? Ora la amo e ora la odio? Domande di questo tipo a se stessi possono anche manifestarsi nell’ambito di relazioni di coppia e famigliari che per una ragione o un altra vanno in crisi, e quindi determinare stati nevrotici più o meno conclamati, Ma nel quadro borderline – che sta un po’  in mezzo o ‘ al limite’ tra nevrosi e psicosi – questo stato di malessere e scissione affettiva può essere molto più profondo, netto e duraturo. Il timore di essere abbandonati dalla persona amata esiste anche in una dimensione nevrotica, ma in quella borderline accanto a tale timore si paventa la contraddittoria tentazione o decisione di voler abbandonare l’altro. Si vuole il legame ad ogni costo, ma da un momento all’altro lo si vuole recidere, e ci si angoscia tra queste opposte tensioni affettive. Nel quadro borderline il ‘pasticcio sentimentale’ invece di amalgamarsi in una qualche ambivalenza accettabile e digeribile, si frantuma in blocchi rigidi e inconciliabili tra di loro. L’attaccamento a una persona per quanto considerato di vitale importanza viene percepito come mortale, asfissiante, negativo per il proprio sviluppo. Le ‘bordate’  di amore-odio della persona che vive un quadro transitorio o anche più o meno cronicizzato di tipo borderline recano notevoli ansie e stress in chi le subisce. Ma chi vive questo disordine sentimentale di tipo borderline soffre moltissimo, giacché non trova pace in se stesso e teme di non poter mai trovare la dolcezza e il piacere dell’amore. In genere lo stato borderline, così come quello nevrotico, rende EGODISTONICI, cioè in disaccordo con se stessi: non si vorrebbe essere così, ma non si sa come fare. Lo stato borderline induce a diventare prepotenti, arroganti, a deformare la realtà, fino a inventarsi qualunque cosa per giustificare le proprie mancanze, i propri sistemi per tenere gli altri legati per poi ferirli e cacciarli. Non chiedono mai scusa, hanno paura e vergogna ad ammettere il loro tumultuoso stato interno. Solo quando entrano in una dimensione di forte ansia depressiva chiedono aiuto, ma appena superano la crisi diventano nuovamente espulsivi e distruttivi , giungendo a svalutare e perfino a disprezzare chi li ha aiutati. Provare gratitudine li farebbe sentire troppo legati, quindi devono trovare qualche pretesto per litigare e destrutturare ogni relazione che potrebbe essere buona  per paura di non essere indipendenti, di essere quindi in una condizione di debolezza. Confondono il potere con il legame sentimentale e affettivo, perciò sentono che per avere più potere devono dominare gli altri, poi però si sentono isolati e mettono in atto ricatti affettivi, si mostrano distrutti, adottano condotte autolesive e ipervittimistiche per attirare nuovamente l’attenzione su di loro. Le richieste e le pretese, le imposizioni, le smanie di potere debilitano chiunque li ami e non abbia capacità di riconoscere onestamente la loro problematica interna.   Quando dallo stato egodistonico si passa a quello EGOSINTONICO, il tratto borderline diventa NARCISISTICO, cioè capace di mostrare un ‘apparente benessere non solo agli altri, ma anche a se stessi. In tal senso il narcisismo patologico è considerabile come un particolare tipo di borderline, più subdolo in quanto meno riconoscibile, più calcolatore e premeditato.

Lo stato borderline può afferire ai cosiddetti disturbi della personalità, cosi come del resto anche lo stato nevrotico e psicotico, quindi ad un modo di essere caratteriale e costituzionale. Ma non tutti gli studiosi e i clinici sono d’accordo nel considerare il disturbo di personalità come una costante totalizzante e preferiscono parlare di stili e tratti di personalità che possono anche evolvere verso il meglio. Io protendo per questo modo di vedere le cose. In particolare considero la condizione borderline come dovuta ad un nucleo immaturo che con una giusta terapia può maturare fino al depotenziamento o alla remissione dello stile borderline.

Lo stato borderline, così come quello nevrotico e psicotico viene curato con diverse tecniche psicoterapiche, nonché con terapie strategiche basate sull’impiego di psicofarmaci integrato da una costante psicoterapia (così da poter deprescrivere il farmaco nel più breve tempo possibile e in modo controllato). Così come l’elaborazione terapeutica delle nevrosi favorisce la conoscenza di sé e il trasformarsi della personalità verso il suo sé, altrettanto si può dire degli stati borderline finanche di quelli psicotici. Per quanto non sia facile, il terapeuta, deve cercare di fare del suo meglio considerando che dal buio di ogni stato di alterazione e sofferenza psichica si possa far emergere una luce di guarigione.

PSICOSI

Le psicosi sono di molteplici natura e gravità. Possiamo dire che il problema è da riscontrare in una convinzione errata o abnorme circa la realtà e la relazione con gli altri. Le psicosi più gravi possono generare stati allucinatori, visioni e voci interni, aventi carattere demoniaco, oppure anche angelico, fino al punto da confondere realtà e fantasia, oppure facendo prevalere questa seconda. Ma anche senza allucinazioni una psicosi sussiste quando una persona vive in funzione di convinzioni assurde. In caso di ipopsicosi, quindi di stati di alterazione lievi, la psicosi consente di ragionare secondo schemi sufficientemente lineari sul piano logico, tuttavia deformanti della realtà. Dietro la realtà si nascondono complotti, forze negative o positive invisibili eppure efficaci. In un certo senso anche la fede religiosa può compararsi ad una dimensione psicotica, ma si differenzia da questa perché si mantiene consapevolezza che si vuole avere esperienza di una condizione spirituale, pertanto esente dalla logica materiale della realtà. Ma si parla di TEOSI quando l’aspetto Teo/logico, diventa ‘Teo-pato-logico’, per cui per motivi di ‘mania religiosa’ si arriva a compiere atti e scelte di vita aberranti o autolesive. In effetti le Psicosi sono riferite a tutte le diverse forme di manie e conseguenti ‘disturbi bipolari’ (quell’alterarsi ciclotimico dello stato manicale euforico con uno stato di cupa melanconia, senza un particolare motivo inerente il mondo esterno). Ma in generale possiamo dire che il malessere psicotico deriva da un qualche forte sospetto, sfiducia o convinzione errata  rispetto a una  realtà sufficientemente oggettiva, che invece viene interpretata in modo più o meno distorto, e quindi con fantasie e passaggi all’atto che possono essere più o meno disturbanti o distruttive per se stessi e/o per gli altri. Secondo una visione ‘antipsichiatrica’, o comunque volta ad accogliere le altrui visioni della realtà possono in una certa condizione e misura essere accolte come una libertà di essere come si è, per quanto non conformi ad un ‘ufficiale principio di realtà’. Evidentemente una tale considerazione è plausibile laddove una distorsione psicotica della realtà non vada a danneggiare la realtà degli altri, e in qualche modo possa anche recare, se accolta, un contributo creativo e conoscitivo. In tal senso nei tempi antichi e arcaici il folle (psicotico), era anche il veggente o uno sciamano, cioè era in contatto con le forze animiche e invisibili o con gli dei, ricevendone messaggi e ispirazioni utili per la collettività e gli individui.  Tuttavia non si può negare che esistano psicosi effettivamente ‘cattive’ come la ‘psicopatia’.

Le psicosi di tipo psicopatico, con le annesse manie di persecuzione (paranoia), può condurre a commettere crimini senza un movente realistico, oppure giustificandoli in nome di un qualche presupposto di potere (ad esempio certi casi di femminicidio). Le manie sessuali (parafilie) possono essere mosse da psicosi, seppure le ritroviamo anche nelle nevrosi e negli stati borderline, ma nell’ambito psicotico diventano totalizzanti e danno luogo a modi di agire francamente aberranti e perpetuati. Le manie di grandezza (megalomanie) possono dare luogo a comportamenti istrionici, di superiorità, fino a sfociare nei casi più gravi nella convinzione di essere personalità di grande fama oppure di avere a che fare con tali personalità vere o immaginarie. Le mitomanie fanno costruire narrazioni sulla propria esistenza iperboliche e fascinose, per poi rappresentarle agli altri come autentiche. L’ETEROMANIA genera la convinzione unilaterale o reciproca di essere legati ad una dimensione amorosa straordinaria, quando in realtà non sussiste, cioè si tratta di fantasia che non trova mai una sua incarnazione (sono forme che imperversano anche grazie ai social media).  Il DELIRIO DI GELOSIA ha un carattere psicotico quando instaura sospettosità e certezza (di tradimento) che non vanno via neppure dinnanzi alle prove più inconfutabili, oppure che riguardano il passato, o anche nell’attribuire al partner la costante intenzionalità di tradire.

Vi sono poi forme psicotiche di negazione della realtà al punto di annullarla, senza quindi neppure deformarla. In tal senso il ritiro in stati autistici, di non contatto con gli altri, può raggiungere persino uno stato catatonico, inerte alle sollecitazioni del mondo e degli altri (si pensi al cosiddetto Hikikomori, termine giapponese che colpisce soprattutto i giovanissimi, e indica lo stare costantemente chiusi in uno stanza davanti al PC). Vanno poi considerati nella loro specificità i vari disturbi dell’alimentazione come le forme gravi di anoressia che sono su base egosintonica.

Vanno poi ricordate le schizofrenie, inerenti molteplici forme di perdita del principio di realtà e di identità, ad es. personalità multiple, stati dissociativi e di depersonalizzazione. Di ciò non si riscontra una base fisiologica, per cui si parla di disturbi sine materia, cosi come del resto per le nevrosi e ai casi al limite, detti appunto borderline. In tal senso la Psicopatologia di impostazione fenomenologica (Jasper) considera gli stati mentali in modo descrittivo e non giudicante, senza inserirli entro quadri diagnostici, pertanto non parla di ‘malattie psichiche’, quanto piuttosto di ‘modi di essere nel mondo’, per quanto possano risultare abnormi (in termini fenomenologici sarebbe perciò assai limitante, se non fuorviante cercare di inserire rigidamente una condizione mentale, che di fatto è sempre soggettiva, in macroetichette  come Nevrosi, Borderline e Psicosi, così come entro etichettature nosografiche finemente elaborate. Ciò che importa non è collocare una personalità in una sorta di ‘formina classificatoria’, bensì di esaminare la sua propria forma nei suoi aspetti unici e irripetibili. Perciò ogni stato nevrotico, borderline o psicotico ha il suo proprium soggettivo che rischia di essere perduto o deformato dal momento che lo vogliamo analizzare con strumenti teorici e ipotesi troppo rigide e generali.

La condizione psicotica, nelle infinite varianti,  può registrarsi anche in forma lieve o sporadica, ad esempio  quando la nevrosi sborda in una cosiddetta bouffet psicotica, una sorta di picco per cui si ‘esce dalla realtà’, si perde il controllo in modo passeggero. Oppure ci può essere una sorta di lieve sottofondo psicotico laddove certi atteggiamenti, convinzioni e comportamenti non siano ben ancorati alla realtà e il soggetto manifesta qualcosa che va oltre le righe, che non è coerente con la sua autenticità e che esagera o sottovaluta situazioni che riguardano la sua propria vita, quella degli altri o dell’umanità intera. Un certo fervore politico, artistico, professionale o come si è detto spirituale può quindi posare su una vena psicotica, così come un certo narcisismo da mania di grandezza, che tende alla psicopatia laddove si fa maligno. Insomma non è detto che le idee psicotiche debbano sempre essere deliranti o surreali, vi sono idee, per così dire psicoticheggianti che si esprimono in pensieri, ragionamenti e modi di essere in persone di grande intelligenza e cultura, che possono apparire persino meno disturbate rispetto a chi soffre per una condizione nevrotica. E’ noto di come personalità con tratti psicotici talvolta esercitino ruoli di comando o diventino celebrità in qualche campo.

La psicosi può essere lucida e egosintonica, così come condurre alla confusione mentale e a stati di angoscia depressiva, inducendo una condizione di grande dolore interiore e di completa paralisi vitale. In un certo senso le psicosi lucide, quanto più sono impregnate da uno sfondo paranoideo e megalomanico, tanto più possono risultare disturbanti, se non pericolose per gli altri. Esistono invece forme di psicosi in persone ‘non cattive’ e non pericolose verso gli altri, che invece subiscono intolleranze, odi e repressioni da parte di persone cosiddette ‘normali’, le quali sono invece ‘normotiche’ e quindi iperadattate fino al punto di rinunciare alla propria autenticità e che diventano  ‘paranoidi’  e ostili verso tutto ciò che considerano ‘diverso’ (incluse le persone) in nome di pregiudizi, ipocrisie e luoghi comuni.

CONCLUSIONI

Le conclusioni in questa sede  non possono essere neppure accennate, perché comporterebbero un’introduzione ad una discussione di immensa portata. Speriamo solo che quanto abbiamo supersintetizzato possa servire ad una maggior comprensione di questi termini ai non addetti ai lavori. Ricordiamo che in diverse modalità si tratta di termini sovrapponibili, cioè clinicamente compresenti e che possono essere più o meno cronici, acuti o transitori. Come raccomandazioni diciamo di non adoperare queste e altre etichette psicopatologiche a vanvera o per offendere persone vicine e lontane (se lo si fa in un momento di rabbia o confusione è auspicabile poi di ravvedersi e di cercare di portare lo sguardo critico su se stessi e non solo sugli altri).

Infine ricordiamoci che ogni stato psichico può  e deve essere curato. A volte la sofferenza psichica è necessaria per lo sviluppo di una personalità più autentica (e nessuno è esente da questo processo). L’importante in ogni psicoterapia (sempre consigliabile, anche in via preventiva),  è che si riesca a creare la giusta fiducia tra terapeuta e paziente e che venga adoperata ogni tecnica terapeutica efficace..,. ma sempre accompagnata con i migliori sentimenti di amore e umanità.